Più informazione e supporto all’accesso ai servizi welfare 

Più informazione e supporto all’accesso ai servizi welfare 

Al 52,7% dei lavoratori italiani è capitato di avere un problema di welfare e di non sapere a chi rivolgersi per risolverlo.  E il 48,5% pensa di chiedere aiuto a soggetti intermediari per orientarsi e ottenere velocemente il servizio o la cura di cui necessita. Lo dice l’ultimo rapporto Censis -Eudaimon.

 

Non basta proporre sempre più servizi, benefit, tutele e prestazioni ai dipendenti e alle loro famiglie per far decollare il welfare aziendale, è necessario anche migliorarne le forme di accesso. Troppo spesso, infatti, le persone sono penalizzate perché non hanno conoscenze e o capacità per individuare e accedere ai servizi di cui hanno bisogno.  Tanto che al 52,7% dei lavoratori italiani è capitato di avere un problema di welfare per se stessi o per un proprio familiare e di non sapere a chi rivolgersi per risolverlo. Esperienza vissuta più dalle donne (55%) e dai residenti al Sud (59%). E il 24,8% ha poi finito per rinunciarvi. A dirlo è la ricerca Equo accesso e buon orientamento ai servizi: sfida inedita per il welfare aziendale condotta dal Censis  in collaborazione con Eudaimon, società di consulenza specializzata in welfare aziendale e presentata lo scorso 20 giugno.

 

Più in difficoltà i giovani dei senior

 

In base allo studio il 48,5% degli intervistati, nel caso in cui avesse necessità di avere prestazioni nel campo della salute, scuola, non autosufficienza, pensa di rivolgersi a soggetti intermediari come possono essere i patronati, organizzazioni di volontariato, società di servizi etc. per poter essere orientati e trovare quello di cui hanno bisogno. E, a sorpresa, ad aver maggior necessità di supporto in questa direzione sono i Millennials ovvero i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni (49,2%), contro il 16,7% degli over 64. «Per uscire da questa “trappola per i giovani” come la chiama il Censis», spiega Alberto Perfumo, AD di Eudaimon «un ruolo importante possono giocarlo le imprese, mettendo a disposizione dei figli dei loro collaboratori strumenti e percorsi dedicati all’orientamento. Per questo motivo, la società di consulenza ha da poco lanciato il nuovo servizio chiamato On The Road – In viaggio verso la scuola e il lavoro, un percorso di orientamento per i figli dei lavoratori, che ha l’obiettivo di rendere la persona “autonoma” nel processo di conoscenza di sé e delle proprie caratteristiche peculiari, sviluppando una maggiore consapevolezza sulle scelte future formative o professionali».

 

Orientamento di accesso ai servizi welfare, emergenza sottovalutata

 

Un quadro poco confortante che evidenzia quanto sia importante per le aziende seguire con attenzione anche l’accesso ai servizi di welfare con servizi specifici di informazione, conoscenza e orientamento o di supporto all’individuazione e selezione dei servizi e dei percorsi di tutela più adatti alle persone coinvolte. Obiettivo: mettere le persone nelle condizioni di accedere ai servizi e alle cure di cui hanno bisogno e/o diritto. «Questi sono ambiti poco analizzati che invece condizionano la vita dei lavoratori e dei loro familiari», si legge nella premessa alla Ricerca firmata da Censis e Eudaimon. «Perciò non è una forzatura dire che sono ambiti in cui si gioca la capacità specifica del welfare aziendale di dare qualcosa in più ai lavoratori, migliorandone concretamente la qualità della vita».
Anche perché un accesso ai servizi welfare agevole e semplice per tutti sta diventando una priorità, specie se si tiene conto dell’invecchiamento della popolazione italiana che fra pochi anni vedrà lievitare la quota di lavoratori con necessità di badare ai propri genitori, per esempio. In base alle ultime stime, infatti, le persone non autosufficienti in Italia passeranno dai 3.378.000 del 2016 a 4.666.000 del 2031. Numeri impressionanti per affrontare i quali, finora, nono sono state pensate soluzioni adeguate. Punto sul quale le aziende più attente dovrebbero riflettere.

 

La digital transformation non basta

 

E’ infatti sbagliato pensare che la digital transformation possa risolvere tutti i problemi di accesso al welfare visto che genera informazione accessibile ovunque, da chiunque, a qualsiasi ora; elimina le code e migliora altri aspetti che rinviano alla gestione umana di procedure burocratico-amministrative.
«Solo un tecnoentusiasmo fuori dalla complessità delle relazioni sociali può pensare che la semplice migrazione, magari in toto e accelerata sul digital possa risolvere gli annosi problemi dell’accesso; il rischio è la moltiplicazione delle disparità», si legge nella ricerca Censis Eudaimon. «perché ci sono i disconnessi e ci sono coloro che diffidano o che semplicemente resistono al ricorso ai servizi digitali; ci sono gli utilizzatori low skilled, che percepiscono come ancora troppo complicati i meccanismi di accesso e gestione dei rapporti con i servizi tramite il digital; ci sono tematiche che richiedono empatia umana, fisicità, rapporto diretto tra operatori/provider da un lato e cittadini dall’altro». Dunque il  digital va bene per gestire, soprattutto gli aspetti di routine burocratico-amministrative che gestiti da remoto consentono un recupero di tempo ed energie. «Ma  occorre dire no a visioni semplificatorie che non colgono la complessità delle relazioni umane quando si parla di welfare e dintorni. Imporre il tutto digital qui e subito non farebbe che sovraccaricare quelle generazioni di mezzo che già si occupano delle pratiche in digitale per se stessi, per i propri familiari inclusi i più anziani, che hanno ridotti tassi di utilizzo del digital», si legge ancora nella ricerca. Ed è per questo che il welfare aziendale dovrebbe pensare anche a mettere a disposizione delle persone servizi di facilitazione al suo accesso.

 

 

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