Inchiesta sul welfare: produrre di più… ma a spese dei lavoratori

Inchiesta sul welfare: produrre di più… ma a spese dei lavoratori

Qual è lo stato dell’arte del welfare aziendale in Italia? Prima puntata con i risultati dell’indagine promossa da Tuttowelfare.info, che ha intervistato circa 100 HR Manager.

 

Nell’ambito del welfare, gli obiettivi aziendali, le modalità di applicazione e i servizi offerti alle persone cambiano da impresa a impresa. Se da un lato le iniziative di welfare si stanno facendo sempre più strada nelle aziende, dall’altro è interessante capire come queste attività si traducano nelle singole organizzazioni, dove le necessità dei dipendenti (e di conseguenza le azioni messe in campo) sono diverse.

 

Il giornale online Tuttowelfare.info – Media Partner dell’evento Wellfeel di Padova del 31 gennaio 2020 – ha voluto approfondire il tema del welfare aziendale attraverso un’apposita inchiesta, nella quale sono stati coinvolti circa 100 Manager della funzione Direzione del Personale del network ESTE, appartenenti soprattutto ai settori Manufacturing e Servizi (il campione non ha valenza statistica). Le aziende rispondenti si trovano principalmente al Nord Italia e contano oltre 1.000 dipendenti, a conferma del trend geografico e dimensionale di diffusione delle tematiche legate al welfare soprattutto nelle grandi aziende del Nord.

 

Vince la conversione del Premio di risultato

 

I risultati dell’inchiesta, sintetizzati nell’infografica, dimostrano che per il 53,8% delle imprese le fonti di finanziamento consistono nella conversione del Premio di risultato (Pdr). Ne consegue che l’obiettivo generale sembra essere quello di stimolare la produttività, piuttosto che di raggiungere un benessere collettivo a lungo termine. Sono infatti più distanziate, rispettivamente al 38,8% e 36,3%, le fonti di finanziamento relative ai fondi dell’azienda (welfare on top) e ai fondi previsti nei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl).

 

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Eppure, quando si chiede quale sia l’obiettivo dell’introduzione di un piano di welfare, la maggior parte dei rispondenti ritiene che lo scopo principale sia quello di migliorare il clima aziendale e di generare engagement tra i dipendenti. In realtà, però, tra le risposte emerge che uno degli obiettivi principali è quello di ridurre gli oneri fiscali: un dato emblematico, che si lega a quello sulla conversione del Pdr come fonte di finanziamento principale.

 

Sembra dunque una diretta conseguenza il minor tasso di risposte riservato a obiettivi come la riduzione dei conflitti interni e delle diseguaglianze o il fatto di attirare e trattenere nuove risorse in azienda (temi che probabilmente non sono considerati direttamente legati al welfare).

 

L’erogazione avviene attraverso provider

 

La cifra messa a disposizione del personale con il piano di welfare va dai 200 ai 500 euro nel 30% dei casi, mentre supera i 2mila euro nel 22,5% delle aziende coinvolte. L’erogazione dei beni e servizi di welfare avviene in larga misura attraverso una piattaforma di un fornitore esterno (provider, 73,8%). Solo per l’8,8% delle imprese, invece, si tratta di piattaforme costruite in azienda.

 

Il tasso di adesione ai piani di welfare supera il 90% nel 35% delle aziende intervistate, che nella maggior parte dei casi (76,3%) hanno una figura interna dedicata alla gestione di tali piani.

 

L’individuazione dei bisogni del personale, per definire i beni e servizi di welfare da mettere a disposizione, presenta diverse modalità: c’è chi privilegia il dialogo con i sindacati (51,3%), ma anche chi si affida alla conoscenza per esperienza (41,3%). Un’altra modalità è l’indagine con questionario (37,5%), ma vengono utilizzate anche analisi socio-demografiche della popolazione aziendale (26,3%) e incontri con appositi focus group (21,3%).

 

 

Si richiede una migliore normativa fiscale

 

Tra i beni e servizi di welfare più apprezzati nelle aziende, ai primi posti ci sono quelli relativi a educazione e istruzione (67,5%) seguiti da quelli in natura (buoni benzina, convenzioni, ecc.). Sul ‘podio’ delle scelte non può mancare il tema delle iniziative legate all’ambito sanitario (52,5%) ma c’è attenzione anche per la conciliazione vita-lavoro e per le attività di ricreazione e tempo libero.

 

In ambito normativo, dopo tre anni di continui aggiornamenti, dal 2019 si è registrato uno ‘stop’ e anche la nuova legge di Stabilità del 2020 non presenta novità.

 

I suggerimenti degli intervistati vanno soprattutto nella direzione di una migliore fiscalità: dall’aumento del limite di 258,23 euro (stabilito dal’articolo 51, comma 3 del Testo Unico sulle Imposte dei Redditi) per l’acquisto di fringe benefit senza che questi concorrano al reddito da lavoro, fino alla semplificazione delle regole nell’ottica di una maggiore chiarezza. Infine, quasi tutti gli intervistati concordano sul fatto che il welfare aziendale non sottragga risorse al Welfare State.

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gabriele.perrone@este.it