La contagiosità del malessere del management

La contagiosità del malessere del management

Il malessere viaggia da un’azienda all’altra e le persone che ricoprono il ruolo di manager, interagendo più di altre figure e spesso fungendo da modelli, sono le più ‘contagiose’

 

Da almeno una trentina d’anni, da quando sono stati scoperti i neuroni specchio, sappiamo che le persone tendono a imitare il comportamento dei loro simili. Calando questo principio sul posto di lavoro, uno dei possibili effetti è che il malessere si diffonda tra le aziende quando chi ci lavora entra in contatto con una persona che ne soffre, specie quando ad esserne affetti sono nuovi assunti e in particolare quando si tratta di qualcuno che occupa la posizione di manager.

 

Ad addentrarsi nel tema è stato, studiando circa 250mila dipendenti in 17mila aziende danesi tra il 1996 e il 2015, il giornale accademico Administrative Science Quarterly legato alla statunitense Cornell University con una ricerca pubblicata a maggio 2021 che si è concentrata in particolare su diagnosi di ansia, depressione o alti livelli di stress. Secondo i dati emersi, l’assunzione di una persona a cui è stato precedentemente diagnosticato almeno uno di questi disturbi aumenta il tasso di incidenza di quegli stessi disturbi nei colleghi del nuovo posto di lavoro di circa il 6,32%.

 

Incrociando i dati sull’occupazione con quelli del sistema sanitario danese, preservando l’anonimato delle persone coinvolte nello studio, il malessere di una persona appena assunta è risultata essere la variabile più significativa nella diffusione di disturbi mentali tra le persone della stessa organizzazione. Chi ricopre il ruolo di manager è risultato più ‘contagioso’ in assoluto; se poi provenivano da aziende con alti livelli di tali disturbi, il tasso di incidenza di questi ultimi nella nuova azienda sale fino all’8,6% circa. La ragione, ha abbozzato il report – gli autori dello studio, però, hanno ammesso di non essersi occupati dei motivi dietro a questo tipo di dinamica –potrebbe risiedere nel fatto che i manager interagiscono con più persone e potrebbero inoltre fungere da modelli.

 

L’antidoto è un ambiente positivo e sereno

 

Questo non significa però che le aziende dovrebbero discriminare in fase di assunzione e a sottolinearlo è la co-autrice della ricerca Carina Lomberg, Professoressa Associata presso Technical University of Denmark. I risultati emersi dovrebbero incoraggiare, al contrario, le aziende a creare un ambiente più positivo e sereno in cui tutte le persone, in particolare quelle appena assunte, siano incoraggiate a chiedere aiuto nel caso ne avessero bisogno. Queste attenzioni, ha fatto notare Lomberg, possono essere particolarmente importanti durante le prime settimane e i primi mesi.

 

Così facendo le aziende avrebbero tra l’altro un importante ruolo nel mostrare ai propri dipendenti che il malessere non è un segno di debolezza da nascondere bensì si tratta di difficoltà diffuse che molte persone, in un momento o in un altro della loro vita, si possono trovare ad affrontare.

 

Fonte: Wall Street Journal

 

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