L’era del welfare sostenibile

L’era del welfare sostenibile

Grande successo per il primo evento di Tuttowelfare.info: da giornale online a testata multicanale che promuove convegni sul territorio. Ecco di che cosa si è parlato a Tuttowelfare – Il welfare dalla A alla W.

 

Dal mondo digitale a quello reale: era un’evoluzione già scritta quella di Tuttowelfare.info, che per oltre un anno ha vissuto confinato nella Rete, con qualche breve apparizione nella vita analogica, per esempio partecipando in partnership a eventi della casa editrice ESTE, socio di maggioranza di Tuttowelfare (è il caso del progetto Wellfeel). Dal 10 ottobre 2019 – data del suo primo evento (Tuttowelfare – Il welfare dalla A alla W) – Tuttowelfare.info ha di certo aggiunto uno step importante alla sua crescita.

 

Andato in scena presso Assolombarda-Confindustria Milano, Monza, Brianza e Lodi, il convegno è stata l’occasione per ragionare sullo stato di salute del welfare in Italia. Ne è emersa una fotografia nella quale non si è ancora compreso appieno il potenziale del welfare. Eppure è dalla legge di Stabilità 2015 che il welfare è balzato agli onori della cronaca, dopo una lunga stagione nella quale ci si prendeva cura delle persone, ma senza una strategia (e senza gli attuali incentivi fiscali): come dimenticare le esperienze delle città di fondazione? Un welfare ante litteram, ma di stampo paternalistico, di cui ancora oggi abbiamo qualche rigurgito.

 

Oggi, invece,  dopo anni di approfondimenti, il welfare fa rima – forse troppo spesso – con i Premi di risultato, ribaltando completamente il tema per come lo si era conosciuto. Secondo le stime del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono in crescita i contratti che prevedono la conversione del welfare (53%). Una cifra che però nasconde un altro numero, ben più preoccupante, relativo al tasso di conversione. Qualcuno sostiene sia il 30%, altri non superano il 10%: come si dice, è più verosimile che in medio stat virtus, ma anche facendo il calcolo, il tasso resta ancora molto basso. Colpa solo di una limitata capacità comunicativa? In parte sì, ma sarebbe miope dare tutta la colpa a questo aspetto.

 

La (nuova) scoperta della sostenibilità

 

Una delle principali accuse rivolta al ‘nuovo’ welfare è che sostituisca il salario oppure che siano i lavoratori a finanziare con il loro Premio di risultato le misure di benessere. Difficile replicare a queste critiche – in particolare alla seconda – se il vertice dell’azienda non ha compreso il potenziale del welfare; più facile se lo si è interiorizzato, perché allora il welfare sarà il frutto di ascolto e confronto tra azienda e lavoratori, nella direzione di una maggiore partecipazione da parte di chi solitamente è – o vuole essere – escluso dai processi decisionali.

 

Ma tendenzialmente il welfare, inutile nasconderlo, resta ancora un tema da grande azienda, magari multinazionale e quindi già abituata a offrire beni e servizi ai suoi dipendenti, perché il benessere è una voce di investimento e non di costo. Nelle Piccole e medie imprese, non è inusuale imbattersi nell’imprenditore che preferisce incassare i margini, convinto che in fondo il solo fatto di dare lavoro e di pagare gli stipendi dei collaboratori sia già una forma di welfare (in tempi di crisi, c’è di certo da fare un plauso a chi ha il coraggio di fare impresa). Siamo di fronte al welfare considerato un costo e come tale il focus è sulla riduzione della spesa più che della strategia per mettere a valore l’investimento.

 

Quegli imprenditori concentrati su di sé non sono molto diversi dai CEO statunitensi prima che fossero folgorati dal tema della sostenibilità e che si accordassero per iniziare a fare gli interessi degli stakeholder, in pratica ammettendo che prima si curassero solo degli shareholder. Dunque per sopravvivere – marginare di più? – i grandi colossi Usa hanno compreso che serve dividere la torta con tutti i portatori di interesse o almeno con alcuni di loro. E questo new deal ha stimolato anche dalle nostre parti una riflessione sul tema della sostenibilità. Che nel caso del welfare significa ampliare la platea di chi può godere dei benefici dei beni-servizi messi a disposizione dell’azienda.

 

È il welfare che esce dai confini dell’azienda e di cui le imprese intervenute all’evento di Tuttowelfare – Rodacciai, Riva del Sole, Comune di Bologna e Ilma Plastica – sono state dei perfetti testimonial. Nel loro piccolo si adoperano per realizzare una società più giusta, sostenibile e inclusiva. E non per forza serve avere un budget milionario per fare la propria parte. Serve, piuttosto, avere le idee chiare su quale obiettivo si vuole raggiungere con il welfare e muovere la leva per raggiungere il proprio scopo. Il welfare stand alone è più dannoso che utile. Il welfare inserito in una strategia per il benessere organizzativo è efficace. E se fatto in ottica di sostenibilità è di certo più utile. Per tutti, non solo per l’azienda e le sue persone.

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