Il ritorno dell’umanesimo civile

Il ritorno dell’umanesimo civile

Gli imprenditori non possono puntare più solo ai profitti: oggi più che mai il mecenatismo ambientale e sociale diventa un tassello fondamentale per le politiche aziendali. Ecco perché. 

 

Ultimamente Brunello Cucinelli è tornato sotto i riflettori per l’attenzione che da sempre mostra per il territorio che circonda Solomeo, piccolo borgo umbro dove ha sede la sua azienda, conosciuta in tutto il mondo per i suoi coloratissimi capi in cachemire. Borgo che l’imprenditore mecenate nel tempo ha ristrutturato e riportato in vita facendolo diventare un piccolo gioiello dove vivere e soprattutto lavorare bene. «Un sogno iniziato per ridare dignità al lavoro e all’uomo», ha commentato il re del cachemire. E non è l’unico imprenditore italiano a crede nel ruolo sociale dell’azienda privata. Basti pensare a Zegna, altra griffe della moda made in Italy che tramite la sua Fondazione ha stanziato 1,5 milioni di euro per sostenere l’opera di riqualificazione del Podere Casa Lovara, circa 45 ettari di terreni e case rurali spalmati tra Levanto e Monterosso. Un progetto ambizioso che è stato capace di mettere insieme pubblico e privato, creando alleanze tra aziende, enti non profit, amministrazioni locali e università. Per il Gruppo piemontese questo non è il primo lavoro di recupero sul territorio. Famosa infatti è l’Oasi Zegna, un’area naturalistica nel biellese creata negli Anni ‘30  dal fondatore dell’azienda, Ermenegildo Zegna, per dare nuova vita al suo paese natale. Oltre alla costruzione di case per i dipendenti e di un Centro dedicato alla salute, alla formazione, allo sport e al tempo libero dei suoi concittadini, il progetto comprendeva la riforestazione delle pendici della montagna e la costruzione della Panoramica Zegna, strada tutt’ora esistente.

 

E’ tempo di economia civile

 

Va poi ricordato Diego della Valle, che nel 2016 ha riconsegnato al Paese e ai milioni di turisti che vengono a visitare le nostre opere artistiche un Colosseo ristrutturato mettendo sul piatto 25 milioni di euro. Sulla stessa strada si è mossa Eni, che nel 2014 ha presentato il progetto di restauro della Basilica di Collemaggio duramente colpita dal terremoto dell’Aquila del 2009, investendo 14 milioni di euro. Solo l’ultimo di una serie di importanti interventi fatti dalla società di San Donato Milanese in questa direzione. Alcuni esempi visto che sono decine le aziende impegnate a investire nel sociale e sul territorio finanziando musei, scuole, progetti per il reinserimento dei detenuti, fondazioni culturali e scientifiche, sulle orme di quello che fece Adriano Olivetti e altri grandi industriali del Dopoguerra.
Insomma stiamo assistendo a un «ritorno all’Umanesimo civile», per dirla con le parole di Stefano Zamagni, ordinario all’università di Bologna e professore alla John Hopkins University.
Ma cosa spinge le aziende su questa strada? «Gli imprenditori non possono puntare solo ai profitti: oggi più che mai il mecenatismo ambientale e sociale diventa un tassello fondamentale per le politiche aziendali»i , ha detto ai media Anna Zegna, presidente della Fondazione omonima.

 

Profitti e responsabilità sociale si stanno fondendo

 

In questo quadro si sta facendo largo un’evoluzione della responsabilità sociale di impresa. «Oggi non significa più solo trasferire parte dei profitti in azioni di responsabilità, ma si stanno diffondendo sempre più le aziende che nel loro modo di fare business creano impatto positivo». Spiega Mario Calderini, ordinario di Economia e organizzazione aziendale al Politecnico di Milano e direttore del centro di ricerca Tiresia della School of Management dello stesso ateneo milanese. Come nel caso della danese Specialisterne, società con sede anche in Italia, che opera in tutto il mondo in campo sociale, utilizzando le peculiarità delle persone con autismo come vantaggio competitivo e come mezzo per aiutarli ad assicurarsi un lavoro.  La maggior parte dei dipendenti della società, infatti, è costituita da persone con un disturbo dello spettro dell’autismo che lavorano come consulenti svolgendo compiti come testare nuovi software, programmare e inserire dati per il settore corporate. Il tutto mettendo a frutto le loro abilità di calcolo e capacità di concentrazione. Tra i clienti della società danese ci sono nomi come SAP e Microsoft e il suo obbiettivo è contribuire alla creazione di un milione di posti di lavoro destinati alle persone con autismo e Asperger in tutto il mondo, per dimostrare come, con il necessario sostegno, possano dare un contributo importante al mercato del lavoro.  «Accanto a questa tipologia di imprese dove il confine tra il business e la responsabilità sociale è difficile da cogliere, continuano a esserci quelle che investono sul territorio in modo tradizionale: ristrutturando scuole, opere d’arte, creando Fondazioni, occupandosi della formazione dei giovani etc.», precisa Calderini.

 

Le imprese che investono sul territorio e nel sociale durano di più

 

E poi c’è un altro importante fattore da considerare: le imprese che investono sul territorio in modo efficace e misurabile attirano più investimenti da parte degli operatori istituzionali. Lo conferma anche il Social Impact Outlook, pubblicato da Tiresia, che si è concentrato prevalentemente sulle imprese del terzo settore «ma lo stesso discorso, anche se con sfumature diverse, vale per le aziende profit», aggiunge Calderini. Da un po’ di tempo, infatti la finanza ha iniziato a interessarsi di social impact e ora alcune previsioni dicono che nel 2020 questo settore finanziario attrarrà circa 300 miliardi di dollari di investimenti, il doppio rispetto a oggi. Il fenomeno riguarda anche l’Italia, dove diversi istituti di credito, fondazioni e Sgr, sono sempre più disposti a investire in cooperative, imprese, startup sociali e società benefit. A patto però che siano in grado di misurare e dimostrare l’effetto concreto del loro operato sulla comunità di riferimento.
«Un segnale importante in questa direzione lo ha dato a inizio anno anche Larry Fink, Amministratore delegato di BlackRock, il più grande fondo d’investimento al mondo che, nella sua lettera annuale ai vertici delle società partecipate, ha detto chiaramente che se volevano conservare l’appoggio del suo fondo dovevano dare un contributo positivo alla società», racconta Calderini. Come a dire che i profitti continueranno a essere ben accetti, ma solo se saranno legati a una visione strategica di lungo periodo.  «Motivo in più per dire che oggi investire sul territorio e nel sociale per le aziende è diventata una necessità», sottolinea il docente del Politecnico di Milano. «Le ragioni sono diverse a cominciare dal forte cambiamento dei valori nelle persone, tanto che ormai il mercato e gli stessi investitori rispondo solo a segnali molto forti di attenzione al sociale», dice Calderini. Inoltre molti studi di settore dicono che «le imprese che investono nel sociale sono anche quelle più capaci di mantenere il valore nel lungo periodo», conclude il docente dell’ateneo milanese.

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