Meno sanità e più soldi, il welfare secondo la Generazione Z

Meno sanità e più soldi, il welfare secondo la Generazione Z

La maggior parte dei dipendenti della Generazione Z attribuisce maggior valore alla flessibilità di orario e a bonus annuali più elevati piuttosto che all’assistenza sanitaria o al tempo libero retribuito

 

Nell’arco dei prossimi 10 anni è previsto che si affaccino sul mercato del lavoro circa 60 milioni di aspiranti candidati appartenenti alla Generazione Z, secondo i calcoli della Concordia St. Paul University. Eppure, i più giovani sono ancora poco informati su benefit e vantaggi che può offrire un buon posto di lavoro. Le aziende intenzionate ad attrarre e trattenere i talenti nati tra il 1995 e il 2010 hanno, quindi, tutto l’interesse ad aiutarli a comprendere la complessa materia del welfare aziendale.

 

A differenza di Millennial, Generazione X e Baby Boomer, che hanno avuto anni per familiarizzare con premialità, deducibilità e ticket, la Generazione Z si trova per la prima volta ad avere a che fare con terminologie e concetti ‘sconosciuti’. Non soltanto chi appartiene a questa categoria non comprende appieno i benefit a disposizione, ma quelli che ne sanno di più non ne stanno neppure traendo beneficio: il 60% dei lavoratori più giovani si dice insoddisfatto delle misure offerte dalla propria azienda. Secondo una survey condotta dalla compagnia di business analytics Alight Solutions, la maggior parte dei dipendenti della Generazione Z attribuisce maggior valore alla flessibilità di orario e a bonus annuali più elevati piuttosto che all’assistenza sanitaria o al tempo libero retribuito.

 

Se i Baby Boomer sono focalizzati sui piani pensionistici e i Millennial sono interessati a misure per tutta la famiglia, la Generazione Z è ancora attratta da servizi di fitness, educazione alimentare e assistenza psicologica. La pandemia, però, ha spinto anche i più giovani a guardare con maggior pragmatismo ai benefici economici. Da marzo 2020, i lavoratori sotto i 25 anni rimasti a casa sono stati il 73% in più rispetto ai colleghi più maturi, il 79% in più quelli che hanno perso il posto di lavoro. Aiutarli a comprendere l’impatto finanziario delle proprie decisioni potrebbe essere il primo passo per instaurare un rapporto di fiducia con l’azienda.

 

Fonte: Employee Benefit News

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giorgia.pacino@tuttowelfare.it