Né lavoro né vacanza: vado in workcation

Né lavoro né vacanza: vado in workcation

Non è lavoro a distanza. Ma neppure ferie. I modelli ibridi fanno emergere nuovi modi di coniugare le attività lavorative e il tempo libero

 

Svolgere attività lavorative in luoghi che tenderemmo ad associare più facilmente a una vacanza è una pratica che, ha fatto notare la Bbc, è diventata molto comune sin dall’inizio della pandemia, quando i lavoratori hanno compreso che si poteva lavorare anche in luoghi meno angusti degli appartamenti in città, per esempio in una baita in montagna. Questa combinazione di lavoro e gestione del tempo libero è stata battezzata “workcation” dall’emittente britannica, secondo cui è una sorta di evoluzione della vacanza organizzata sfruttando l’occasione della trasferta lavorativa. 

 

Con i viaggi di lavoro diminuiti sensibilmente per via dell’emergenza sanitaria – non si prevede una ripresa a pieno regime fino al 2024, per ragioni legate in parte anche alla scelta delle aziende di evitare di esporre i dipendenti a rischi per la propria salute – al contrario le workcation si stanno confermando come una stabile tendenza. In un sondaggio proposto dalla Bbc, l’85% dei 3mila lavoratori indiani che hanno partecipato all’analisi ha dichiarato di aver vissuto una situazione di questo tipo nel 2021. Oltre un quarto dei lavoratori canadesi ha, invece, affermato di essere intenzionato a sfruttare la formula al più presto. Estendendo lo sguardo, in uno studio globale condotto su otto Paesi, il 65% delle 5.500 persone intervistate ha affermato di voler provare a combinare un viaggio di lavoro con uno di piacere o viceversa già 2022. 

 

Un accostamento di questo genere può sembrare controintuitivo, considerando quanto la stessa pandemia abbia messo in luce i rischi per la salute mentale derivanti da situazioni in cui i confini tra lavoro e vita privata finiscono per sfumare. Alcuni esperti hanno fatto notare, però, che l’emergenza sanitaria ha anche spinto sul concetto di adattabilità, rendendo le persone più propense a trovare modalità alternative per combinare lavoro e svago. Soprattutto quando queste permettono di adempiere gli obblighi quotidiani godendosi, allo stesso tempo, i momenti liberi per esplorare nuovi territori, per andare in spiaggia con la propria famiglia o per fare una gita nel bosco una volta finite le videochiamate. Una scelta che spesso, ha riferito sempre la Bbc raccontando l’esperienza di alcuni lavoratori intervistati, permette di tornare a casa carichi ed entusiasti. 

 

A questo proposito alcuni esperti suggeriscono che formule come la workcation siano un modello di integrazione tra lavoro e vita privata molto più realistico e vantaggioso rispetto a più comuni situazioni quotidiane in cui il tanto ricercato equilibrio tra i due aspetti finisce per porli in competizione. Scegliere di lavorare dai tavolini di un chiringuito per una settimana significa decidere come, dove e quando incorporare il proprio tempo libero nel lavoro, invece che cercare di mantenere separati i due ambiti.  

 

Lavorare in vacanza è un lusso… rischioso 

 

Ciò non significa, tuttavia, che le attività lavorative debbano sostituire le vacanze vere e proprie: le workcation dovrebbero integrare le ferie e i momenti di totale riposo e non diventare un sostituto delle vacanze, altrimenti il ​​rischio di stress e burnout correlati al lavoro potrebbe aumentare. A riprova di questo, in recente un sondaggio condotto da Expedia, società statunitense di servizi legati ai viaggi, il 61% degli intervistati ha dichiarato di non sentirsi per nulla riposato e immerso nella vacanza quando deve continuare a portare avanti attività lavorative in quel contesto. Anche perché per molti portarsi il computer in vacanza più che una scelta è una necessità: lo stesso sondaggio ha mostrato infatti che, al di là della formula innovativa, se il 78% degli statunitensi mira a dimenticare completamente il lavoro durante le vacanze, la metà porta il laptop con sé per lavorare e il 41% partecipa addirittura riunioni online.  

 

Le workcation sollevano anche questioni di equità, perché si tratta comunque di un lusso riservato ai soli lavoratori a distanza che sono nella condizione di potersi permettere le spese di una trasferta. Dal punto di vista di Martha Maznevski, Professoressa di Organisational Behaviour alla Western University in Canada, potrebbe creare un maggiore divario tra le persone che possono prendere una direzione di questo tipo e quelle che non possono nemmeno iniziare a pensarci. Resta, per Maznevski, un’opportunità, specie per chi, magari costretto a situazioni lavorative di forte stress, oltre ad aver terminato le ferie, ha esaurito anche le energie e una partenza, anche se con il Pc alla mano, potrebbe essere un buon modo per ritrovarle. 

 

Fonte: Bbc 

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