Quitfluencing e stipendi bassi: un italiano su tre pronto a cambiare lavoro

Quitfluencing e stipendi bassi: un italiano su tre pronto a cambiare lavoro

Stipendi bassi, mancanza di progressione nella carriera e spirito di emulazione spingono un italiano su tre a cambiare lavoro

 

A fronte di un grande periodo di incertezza a livello economico, nel mondo, più di un lavoratore su quattro  (27%) ha intenzione di cambiare lavoro entro i prossimi 12 mesi, mentre in Italia è pronto a farlo un lavoratore su tre. E’ questo lo scenario che emerge dallo studio “Global Workforce of the Future” di Adecco e che traccia un quadro completo dei desideri e dei problemi dei lavoratori, anche quelli degli italiani. In particolare, in Italia, il 61% dei lavoratori ritiene di non percepire uno stipendio adeguato per affrontare l’inflazione in costante ascesa e che porta più di un lavoratore su tre (35%) ad accettare pagamenti in nero e addirittura più di uno su due (51%) a cercare un secondo lavoro. Di fronte a questo scenario il 49% dei lavoratori è in cerca di un lavoro con una retribuzione più elevata.

 

Quitfluncer e quiet quitting

 

In questo scenario emerge in maniera sempre più chiara il fenomeno dei quitfluncer. Secondo lo studio Adecco, il 70% dei lavoratori che vede un collega dimettersi prende in considerazione l’idea di fare altrettanto e un lavoratore su due, alla fine, si dimette effettivamente. Di pari passo avanza sempre più anche il fenomeno del quiet quitting, ovvero di chi decide consapevolmente di fare il minimo sindacale, rinunciando completamente a impegnarsi non trovandosi a loro agio nell’ambiente di lavoro o non vedendo prospettive di crescita. Una tendenza che sembra confermata dai numeri che emergono dal “Global Workforce of the Future” di Adecco secondo cui quasi la metà dei lavoratori italiani manterrebbe l’attuale posto di lavoro a patto di un avanzamento di carriera e di come il 75% di chi è a caccia di un nuovo lavoro cerchi un datore di lavoro interessato al benessere dei propri dipendenti.

 

Una sfida per le aziende

 

Le aziende, quindi, soprattutto se non possono intervenire sui salari, sono chiamate a mettere in campo una serie di attività collaterali per aumentare il benessere dei propri dipendenti, iniziando dalla comunicazione, basti pensare che quasi un lavoratore su quattro (23%) non ha mai parlato con il proprio datore riguardo un avanzamento di carriera e che il 38% dei lavoratori chiede un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata.

 

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