Quota 100 affossa il Servizio Sanitario Nazionale

Quota 100 affossa il Servizio Sanitario Nazionale

Sono 38 mila i medici che nei prossimi tre anni potrebbero andare in pensione tra Quota 100 e raggiunti limiti di età, con gravi conseguenze sul SSN. Lo spiega a Tuttowelfare.info Carlo Palermo segretario di Anaao Assomed.

 

 

L’arrivo di Quota 100 rischia seriamente di abbattersi come una mannaia sul già in affanno Sistema Sanitario Nazionale. Migliaia di medici, infatti, matureranno il diritto ad andare in pensione nel prossimo triennio, andando ad aggiungersi alla platea già corposa che avrebbe lasciato con la legge Fornero. A essere interessate tra 2019 e 2021 saranno le annate di nascita dal 1954 fino al 1959, quelle che, stando alle curve di distribuzione dei medici, contano frequenze molto alte, tra le 6 e le 7 mila unità per anno. Se solo con la Fornero sarebbero usciti circa 20 mila medici, Quota 100 porterà un incremento consistente di questi numeri.
«Quota 100 porta le uscite a 62 anni, un anticipo di tre anni che vanno a sommarsi alle altre tre annate che matureranno il diritto con la legge Fornero», spiega Carlo Palermo, segretario di Anaao Assomed, «abbiamo una corte di circa 38 mila medici in totale che in tre anni potranno andare in pensione». Quanti di questi lasceranno effettivamente gli ospedali? Il sindacato ha provato a fare un calcolo: «Quelli di 65 anni usciranno in ogni caso, difficile che rimangano in servizio. Le altre tre annate contano circa 18 mila medici, pensiamo che ne esca circa il 25%, quindi 4.500». Sono stime fatte al ribasso considerando le penalizzazioni a cui andrà incontro chi sceglierà l’uscita anticipata: limitazione dell’attività libero-professionale a non oltre i 5.500 euro annui, divieto di cumulo con altre quote previdenziali, riduzione dell’assegno pensionistico legata ai meno anni di contributi (da 42 e 10 mesi a 38 per i maschi e da 41 e 10 mesi a 38 per le donne), ma si tratta comunque di numeri consistenti perché riguardano molti dei medici assunti alla fine degli anni ’70, per i quali il riscatto degli anni di laurea era particolarmente conveniente.

 

Ci vorranno anni per avere una prestazione non urgente

 

«Le nostre previsioni sono abbastanza in linea con i primi elementi che si conoscono e con i calcoli dell’INPS, pubblicati a inizio marzo», spiega Palermo, «anche se si tratta solo di 4.500 medici nei tre anni, questi vanno ad aggiungersi ai 19-20 mila della Fornero. Ci saranno dunque circa 24 mila medici in uscita nel triennio, una cifra importante. In un contesto di carenza e di difficoltà di reperimento di specialisti, perché in tutti questi anni è stata totalmente sbagliata la programmazione delle specializzazioni, rischiamo di andare verso il dramma, la chiusura di servizi per i cittadini. Altro che liste d’attesa di semestrali, bisognerà aspettare anni per poter accedere a una prestazione non urgente».

 

Bisogna  incentivare le entrate

 

La soluzione non può però essere il ritiro della legge. «C’è una responsabilità tutta politica», spiega Palermo, «parliamo di ultra 60enni costretti dalla carenza di personale a notti, reperibilità, straordinari non pagati, fine settimana sempre occupati. È normale che uno voglia andare in pensione e che possa farlo». Ciò che serve, piuttosto, è incentivare le entrate. «Se non si permettono le assunzioni nel servizio sanitario nazionale, chi rimarrà non può reggere un carico di lavoro che già oggi è aumentato». Dal 2010 al 2016 i medici e i dirigenti sanitari in servizio sono diminuiti complessivamente di 7 mila unità, nel 2018 si prevede che il deficit arrivi a toccare le 10 mila unità, su un totale di 105 mila. Il limite di spesa per il personale nelle diverse aziende è fermo all,1,4% in meno rispetto al dato del 2004, un blocco posto dalla finanziaria del 2006 a partire dal 2007 e mai ritoccato, ormai diventato anacronistico, «dopo aver pensato a rientrare dal disavanzo bisogna sbloccare le assunzioni, e bisogna farlo anche nelle Regioni che sono in piano di rientro, altrimenti, senza personale, non resta che un’operazione contabile che non tiene assolutamente conto delle ricadute sulla salute pubblica». A complicare ulteriormente la situazione ci si mette il limite a un anno della validità dei concorsi: «Con questi ritmi di uscita e con la difficoltà che hanno già ora le aziende per fare un concorso, come è possibile che debbano fare per ogni disciplina due o tre concorsi all’anno? Si bloccherebbe il sistema».

 

La proposta del sindacato

 

La proposta del sindacato è quella di una validità triennale delle graduatorie, un tempo che si ritiene congruo alle esigenze. «In caso di insufficienza di medici specialisti, abbiamo poi chiesto che possa essere utilizzata una graduatoria a latere a cui partecipano gli specializzandi dell’ultimo anno. Serve una visione strategica e proposte razionali, invece ci troviamo in una situazione di deficit di specialisti, contratto non rinnovato, condizioni di lavoro pessime. Non ci si può meravigliare che i medici decidano di uscire da un sistema in cui prendono come primo stipendio 2000 o 2300 euro con aliquote fiscali fino al 43% mentre dall’altra parte c’è un mercato più tranquillo, che non lavora sull’urgenza ma in elezione, e ha una flat tax del 15% fino a 65 mila euro e del 20% fino a 100 mila. Perché un medico dovrebbe restare nel Servizio sanitario nazionale?».

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