Smart Working in vacanza? Ecco cosa si può e non si può fare
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Smart Working in vacanza? Ecco cosa si può e non si può fare

Luca Furfaro, esperto di welfare e consulente del lavoro, fa chiarezza su quello che è necessario sapere per lavorare in smart working in sicurezza rispettando le normative vigenti in materia

 

Sempre più aziende stanno introducendo la modalità dello smart working, per andare incontro alle esigenze dei lavoratori che lo considerano ormai pratica imprescindibile per coniugare il lavoro alla vita privata. Molte persone, con la stagione estiva, pensano di trasferire la postazione di lavoro nei luoghi di vacanza ma ci sono regole e buone pratiche da seguire.

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali definisce lo smart working, o lavoro agile, come una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato per  agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro e, talvolta, aumentare la competitività e anche la produttività. La normativa specifica che la prestazione lavorativa deve essere eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte al loro esterno, anche senza una postazione fissa, ed è regolamentato da un accordo tra le parti. Alcune aziende hanno scelto di adottare questa modalità in maniera ibrida, affiancandolo al lavoro di ufficio; altre realtà invece lo concedono con l’arrivo della bella stagione, accrescendo così il desiderio di spostarsi verso città di mare o luoghi di villeggiatura per coniugare dovere e tempo libero.

 

Tuttavia spesso è difficile capire il quadro normativo complessivo o come le norme si applicano in situazioni particolari: Luca Furfaro,  specializzato nella gestione del personale di startup innovative, titolare dell’omonimo studio (www.studiofurfaro.it) e scrittore esperto nelle tematiche del lavoro e del welfare, ha illustrato la normativa base che regolamenta lo smart working, aspetti importanti che rientrano nella sfera di interesse di ciascuno come diritti e doveri dei dipendenti e dei datori di lavoro.

 

Si può lavorare in un luogo diverso dalla propria casa?

La prima domanda che si pone è se si può lavorare in un luogo diverso dalla propria casa: la risposta è dipende. Ogni datore di lavoro che decide di concedere lo smart working deve stipulare con i dipendenti un accordo individuale scritto, che stabilisce in quali luoghi o tipologie di luogo potrà lavorare. A incidere sono fattori come la sicurezza e il comfort del dipendente, ma anche la privacy delle informazioni trattate, nel caso in cui si lavori in un luogo pubblico come ad esempio un bar.

 

Strumenti di lavoro imprescindibili, sicurezza e  work life balance

Sebbene la normativa stabilisca che è possibile lavorare sia indoor che outdoor, è necessario che il lavoratore per poter svolgere le proprie mansioni disponga di un’ adeguata illuminazione, un piano di lavoro, una sedia con schienale, un buon ricircolo dell’aria e la connessione internet, tutti strumenti imprescindibili di cui il lavoratore è responsabile quando lavora al di fuori della propria sede. Occorre inoltre far attenzione al fatto che, se un dipendente si ritrova impossibilitato a lavorare per mancanza di connessione internet, quel giorno può essere considerato un’assenza a tutti gli effetti o un giorno di permesso. “Lo smart working è una modalità di lavoro che ci permette di riscrivere il nostro modo di lavorare, non i nostri obiettivi: non si deve quindi confondere con l’essere in vacanza” sostiene Luca Furfaro, esperto di welfare e titolare dello Studio Furfaro. “Il lavoro agile non prescinde dalla tecnologia, la connessione internet in primis è fondamentale e, qualora dovesse esserci una mancanza di connettività, la responsabilità sarebbe sempre del lavoratore”.

 

Altro tema fondamentale da non trascurare è la sicurezza: dal punto di vista normativo, è possibile lavorare solo in luoghi che non aumentino il rischio di infortuni e che siano conformi per quanto riguarda le regole di salute e sicurezza. Il lavoratore, infatti, è tutelato da infortuni, anche nel tragitto tra l’abitazione ed il luogo prescelto per lavorare, ma lo stesso deve essere scelto secondo un criterio di ragionevolezza. In ogni caso l’infortunio deve avere un nesso causale con l’attività lavorativa. Continua a restare un’immagine fantasiosa il lavoratore in spiaggia con i piedi nell’acqua. Non si può quindi lavorare in una postazione non idonea e con molti rischi connessi, quali la compromissione degli strumenti di lavoro come il PC e rischi per l’incolumità.

 

Cosa cambia per chi vuole lavorare in smart working all’estero?

Lo smart working all’estero è desiderio comune di molti lavoratori, dipendenti e liberi professionisti, specialmente di chi lavora nel digitale ed è quindi agevolato dalla tecnologia.

Sono anche nati i nomadi digitali, lavoratori, spesso freelance, che si muovono spesso scegliendo il paese nel quale lavorare. Tale pratica ha però dei vincoli, in quanto non sempre si è a conoscenza del fatto che si è soggetti alla legislazione del paese in cui si intende lavorare per quanto riguarda retribuzione, inquadramento, orari di lavoro e sicurezza. Nel caso si volesse lavorare per un periodo all’estero  occorre sempre informare il proprio datore di lavoro e verificare come tale periodo potrà essere gestito a seconda del paese nel quale ci si reca.

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