Oggi più del salario conta il “benessere olistico”

Oggi più del salario conta il “benessere olistico”

Il welfare aziendale è come un coltellino svizzero in cui si possono trovare diversi strumenti, ciascuno utile a specifiche problematiche riscontrabili nell’azienda. Di come sfruttare questi strumenti, dell’evoluzione del welfare aziendale e delle nuove sfide e prospettive che attendono i professionisti del settore si è parlato durante l’ultima edizione del Corso per Welfare Manager, organizzato da TuttoWelfare. Grazie alle variegate competenze dei docenti e a un panel eterogeneo di partecipanti (grande azienda, pmi, consulenza, PA), è stata costruita una linea di trasversalità su tutte le materie toccate dal welfare aziendale (ex fiscalità , normative, organizzazione aziendale, contrattualistica, wellbeing, ect).
La parte teorica è stata poi seguita da quella pratica attraverso un project work finale che ha permesso di risolvere un caso specifico e di valutare e completare i piani welfare delle specifiche aziende.
Oltre a fornire informazioni ed esperienze di prima mano, il Corso, svoltosi di nuovo in presenza, ha permesso networking con insegnanti e colleghi.

 

Il welfare aziendale, uno “strumento antico”

 

Nonostante se ne parli molto solo negli ultimi anni, in realtà il welfare aziendale ha una storia molto lunga e da sempre ancora la sua ragion d’essere nel legame tra azienda, lavoratore e società. Partendo dall’analisi del passato, emerge che le necessità che spingevano gli imprenditori di quasi un secolo fa ad adottare un welfare aziendale non erano poi così lontane da quelle che guidano gli uomini di impresa di oggi. Il punto di unione è la centralità della persona nel lavoro: l’uomo è al centro del lavoro.
Un esempio è rappresentato da Gaudí, l’architetto che costruì la Sagrada Familia, il quale si rese conto che chi costruiva l’opera non poteva essere considerato meramente manodopera, ma che era necessario considerare anche l’aspetto umano dei lavoratori per favorire la buona riuscita del cantiere. Per evitare il dilagare di malumori dovuti alla lontananza fisica degli operai dalle loro famiglie, Gaudì ebbe l’idea di creare una scuola vicina al cantiere, in modo da facilitare la vicinanza tra i lavoratori e i loro affetti familiari. Quella scuola rappresenta così uno dei primi tentativi concreti della ricerca di equilibrio tra vita privata e lavorativa.

 

Fin dal 1800, in cui cominciarono a crearsi anche in Italia i primi poli produttivi moderni, l’esigenza fondamentale degli imprenditori era infatti quella di attrarre la forza lavoro che spesso veniva da lontano, dai campi agricoli. Anche oggi l’esigenza di attrarre talenti rimane centrale, ma l’aumento del costo del lavoro ha reso più difficile per le aziende l’utilizzo della leva salariale. Ecco dunque che in questo contesto il welfare aziendale può rivelarsi uno strumento decisivo: facendo sentire i dipendenti valorizzati, motivati e coinvolti, questi non sentiranno l’esigenza di cambiare azienda e, anzi, si sentiranno più legati al luogo di lavoro e incentivati ad aumentare la produttività.

 

I vantaggi economici del welfare aziendale

 

A fronte dell’aumento di costi del lavoro, il welfare aziendale presenta innanzitutto un vantaggio economico a favore sia dei lavoratori che dell’azienda. Ad esempio, per un bonus del valore di mille euro, il lavoratore ne incasserebbe circa la metà a causa delle varie tasse, mentre ha la possibilità di ricevere la stessa cifra netta sotto forma di benefit welfare. A sua volta, attraverso il welfare aziendale, l’azienda può risparmiare il 37,4% grazie alla diminuzione di tassi e contributi.

 

Non il salario, ma il benessere olistico

 

Tuttavia sarebbe riduttivo indicare i vantaggi economici come unica ragione per adottare il welfare aziendale. Soprattutto in seguito al periodo pandemico, è risultato evidente che ormai il salario non è più l’unico parametro con cui valutare un lavoro: i lavoratori cercano innanzitutto un ambiente che rispetti il loro benessere a trecentosessanta gradi, e che presti loro ascolto e attenzione.
Secondo una ricerca di Gartner pubblicata nel 2021 che ha intervistato 5 mila dipendenti in tutto il mondo, alla domanda “Quanto è importante per voi lavorare per un’organizzazione che si prende cura del vostro benessere fisico mentale e finanziario?” il 69% risponde “importante”, a fronte di un 31% che si dichiara indifferente o poco interessato a questo aspetto.

 

Si parla oggi di “benessere olistico”, un’espressione con cui si intende una combinazione di benessere su più livelli: fisico, emotivo (inteso come capacità di gestire lo stress e godere di serenità mentale), sociale (intessendo relazioni), di carriera (puntando non solo ad una crescita professionale, ma anche ad acquisire nuove abilità e conoscenze e a trarre dal lavoro una soddisfazione personale), finanziario (raggiungendo una sicurezza economica) e comunitario (che si traduce nella sensazione di far parte di una comunità più ampia.

 

Un progetto di welfare aziendale ha a disposizione più strumenti ed iniziative per ciascuno di questi livelli di benessere: per esempio, per il benessere fisico, offrendo controlli sanitari, attività sportive e rispettando orari di lavoro sostenibili; per il benessere emotivo, può prevedere supporto psicologico e cura del rapporto vita privata-lavoro; per la carriera e la sicurezza finanziaria, è importante offrire corsi di formazione e aggiornamento e presentare i Career Programs; per l’ambito sociale, ci sono diverse iniziative, come attività di team building o di volontariato.

 

I vantaggi del wellbeing

 

Offrire ascolto e soluzioni pratiche alle varie esigenze dei lavori garantisce a cascata una serie di vantaggi, che si traducono alla fine anche in guadagni economici per l’azienda: aumentando il senso di appartenenza tra i dipendenti e prestando attenzione alla salute fisica dei dipendenti, è possibile aumentare la produttività e diminuire l’assenteismo; si diminuisce il turn over dei dipendenti e di conseguenza viene rafforzata l’immagine dell’azienda nell’ambito dell’Employer branding.

 

Ci sono diversi studi che portano dati numerici a conferma di queste tendenze. Per esempio, una ricerca effettuata da McKinsey e Valore D afferma che l’impatto economico netto di un piano di welfare ben strutturato è stato fino a due volte superiore ai costi sostenuti, grazie alla riduzione dei costi e l’aumento della produttività. Un welfare efficace contribuisce a ridurre di quasi due mesi la lunghezza del congedo di maternità (1,6), con risparmio per l’azienda di €1200 per l’anno per dipendente.

 

Il welfare aziendale ha anche un’incidenza positiva sulle diminuzione del 15% delle assenze dei collaboratori per carichi di cura, con efficienza economica di € 1350 all’anno per dipendente. Grazie al welfare le persone migliorano la qualità dell’impiego del proprio tempo, con una maggiore attenzione durante l’attività sul lavoro (+5% ore lavorate l’anno, pari mezz’ora in una giornata di otto ore).

 

La ricerca evidenzia inoltre che l’engagement index di un lavoratore può aumentare del 30% nelle aziende che non offrono servizi di welfare e di un ulteriore 15% nelle aziende che già li offrono ma che potrebbero migliorarli personalizzando i servizi in base ai diversi bisogni.

 

Come promuovere il wellbeing in azienda con gli EPA

 

Per creare in azienda un contesto di benessere e quindi una cultura di wellbeing, è utile coinvolgere direttamente i dipendenti e i collaboratori nella risoluzione delle loro problematiche quotidiane. Per farlo, le aziende attivano programmi chiamati Employee Assistance Programs, che puntano a favorire la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo e dinamico, in cui il dipendente può sentirsi libero di spaziare e cogliere nuove opportunità di crescita e soddisfazione.

 

Per attivare con successo gli EAP è importante innanzitutto analizzare la situazione attuale, evidenziando le criticità, e prestare ascolto alle esigenze e richieste dei lavoratori. Successivamente sarà necessario monitorare costantemente i risultati raggiunti in base a diversi parametri (come grado di partecipazione, soddisfazione, o altri kpi).

 

In questo quadro la comunicazione gioca un ruolo centrale per far comprendere l’importanza della cultura del wellbeing. È infatti spiegare chiaramente il “perché” di queste iniziative e i vantaggi di un tale approccio. In un panorama saturo di informazioni, funzionano molto bene le comunicazioni dirette, che contengono aspetti emotivi o che raccontano storie personali portate come esempio. Un’idea potrebbe essere quella di realizzare e diffondere internamente un breve video di un leader senior che parla apertamente della sua esperienza in una delle iniziative del programma di Well-being (come l’utilizzo del supporto psicologico, o la partecipazione ad una attività di volontariato).

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