La previdenza integrativa non fa boom

La previdenza integrativa non fa boom

Solo 7,6 milioni di lavoratori su 25 milioni hanno aderito a un piano previdenziale integrativo. Gli altri  hanno preferito lasciare i soldi in azienda anche se hanno reso meno.

 

I fondi integrativi crescono ma non riescono a conquistare i lavoratori italiani che preferiscono lasciare il Tfr in azienda. A dirlo è la relazione della Commissione di vigilanza sulla previdenza (Covip), in base alla quale nel 2017 solo 7,6 milioni di lavoratori (+6,1% rispetto al 2016), su 25 milioni hanno aderito a un piano previdenziale integrativo. La maggioranza dei quali risiedono e lavorano in Trentino Alto Adige, regione dove si possono trovare il 3,4% delle pensioni complementari nazionali su una popolazione del 3,4%, segue la Valle d’Aosta con lo 0,3% delle pensioni complementari a fronte di una popolazione dello 0,21% e il Veneto, dove la proporzione è 10,5%-8,10%.
Fanalino di coda nel regioni del Sud con in testa la Sicilia dove si trova solo il 5,3% delle pensioni complementari nazionali a fronte dell’8,3% della popolazione.

 

Gli sconti fiscali non bastano

 

A poco sono valsi gli incentivi fiscali previsti dallo Stato, che consentono a chi sottoscrive un fondo pensione privato di dedurre dalle tasse fino a 5.164 euro l’anno. E non hanno fatto gola anche i tassi di interessi allettanti visto che nel 2017, complice l’andamento favorevole dei corsi azionari, i rendimenti dei fondi pensione italiani, al netto dei costi e della fiscalità, hanno registrato  performance di tutto rispetto. Scendendo nel particolare: i fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno reso in media rispettivamente il 2,6% e il 3,3%. Per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento medio è stato, invece, del 2,2% e per le gestioni separate di ramo I dell’1,9%. Non male rispetto al Tfr che nello stesso periodo si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,7%.

 

Cresce il numero di chi non versa più

 

A complicare il rapporto tra  i lavoratori italiani e i fondi di previdenza integrativa, poi,  ci si è messa anche la crisi. Nell’ultimo anno, infatti, è lievitata la fetta  di contribuenti che ha smesso di versare le quote mensili ai fondi di previdenza integrativa. Un esercito che nel 2017 è arrivato a contare 1,8 milioni di persone.

 

Servono nuovi incentivi

 

La tendenza è sconfortante per due motivi. Primo perché significa che tra gli italiani non è passato il messaggio previdenziale, ovvero che  in pensione si andrà sempre più tardi e con sempre meno soldi. Secondo perché significa che quasi ¼ dei lavoratori italiani non può permettersi di rinunciare nemmeno a 50/100 euro di stipendio al mese. Un quadro che ha spinto Mario Padula, Presidente di Covip a suggerire al nuovo esecutivo la «possibilità di riportare ad anni di imposta successivi i benefici che non sono stati utilizzati come possibile soluzione per incentivare le adesioni e i versamenti alla previdenza integrativa». Soluzione, quest’ultima, che potrebbe andare bene sia per i giovani lavoratori sia per chi è vicino all’età pensionabile.

 

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