Il futuro della previdenza dei giornalisti riguarda tutti i professionisti

Il futuro della previdenza dei giornalisti riguarda tutti i professionisti

La strategia del Governo Draghi prevede un intervento in due fasi per l’Inpgi, che verrà assorbito dall’Inps. Ma i temi toccati sono comuni a tutte le Casse di previdenza

 

Da luglio del 2022 l’Istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi), in perdita da anni, passa all’Inps. Lo prevede la legge di Bilancio recentemente presentata dal Governo Draghi, che comunque non ha sciolto l’istituto, non è intervenuto sulle attuali pensioni e ha lasciato fuori dall’Inps il fondo Inpgi 2, dedicato ai giornalisti e alle giornaliste che svolgono lavoro autonomo.

 

L’intervento del disegno di legge di Bilancio, come evidenzia il Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato, è orientato ad assicurare la garanzia pubblica alle prestazioni previdenziali svolte dalla gestione sostitutiva dell’Inpgi in favore dei giornalisti professionisti, pubblicisti e dei praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché dei titolari di posizioni assicurative e dei titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti. Come sottolinea l’Inpgi in una nota pubblicata sul proprio sito, la soluzione adottata è una delle due ipotesi che erano state formulate dalla commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio alla quale l’ente ha partecipato insieme a Ministero del Lavoro, Ministero delle Finanze, Inps e la stessa Presidenza del Consiglio.

 

L’altra proposta era invece quella di un allargamento della platea degli iscritti, che però non ha trovato seguito. La misura introdotta tende sicuramente a risolvere una difficoltà economica protratta e palesata nel corso degli anni, in cui hanno fortemente pesato la crisi dell’editoria e le tendenze demografiche.  Al contempo vanno riportate anche le critiche mosse da qualche osservatore di una ritardata introduzione del metodo di calcolo contributivo, insieme con un’eccessiva generosità delle prestazioni e di requisiti agevolati di accesso al trattamento previdenziale.

 

Che cosa dovrebbe succedere dal primo luglio 2022

 

L’intervento uniforma il regime pensionistico dei giornalisti – nel rispetto del principio del pro rata (particolare tutela contro interventi peggiorativi relativi al sistema di calcolo dell’assegno pensionistico) – a quello dei lavoratori dipendenti. Andando nel concreto, con effetto dal primo luglio 2022 sono iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, pubblicisti e i praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché, con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti presso la medesima forma.

 

Secondo il Dossier parlamentare di approfondimento, per gli assicurati presso la gestione sostitutiva dell’Inpgi, l’importo della pensione è determinato dalla somma: delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 30 giugno 2022, calcolate applicando le disposizioni vigenti presso l’Inpgi; della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere da luglio 2022, applicando le disposizioni vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

 

In termini poi di continuità delle prestazioni previdenziali agli iscritti Inpgi, il Dossier precisa che i soggetti già assicurati presso la gestione sostitutiva che abbiano maturato entro il 30 giugno 2022 i requisiti previsti dalla normativa vigente presso l’Inpgi, alla predetta data conseguono il diritto alla prestazione pensionistica secondo la medesima normativa.

 

Altra previsione importante è riferita al cosiddetto “massimale retributivo”, cioè quella soglia di reddito (per l’anno 2021 è di 103.055 euro) oltre la quale nel metodo di calcolo contributivo non si versano contributi.  Si prevede nello specifico che non si applichi ai giornalisti iscritti il cui primo accredito contributivo decorre tra il primo gennaio 1996 e il 31 dicembre 2016, mentre trova applicazione per chi, come già avviene, ha il primo accredito contributivo in data successiva al 31 dicembre 2016, per i quali il trattamento pensionistico è calcolato esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo. Infine, a decorrere da luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, i trattamenti di disoccupazione e di Cassa integrazione guadagni, nonché l’assicurazione infortuni, sono riconosciuti ai giornalisti aventi diritto secondo le regole previste dalla normativa regolamentare vigente presso l’Inpgi.

 

I temi affrontati parlano del futuro della previdenza

 

Al di là del caso particolare, che ha sicuramente specificità proprie e peculiari, i temi di discussione sono comunque generali alla previdenza nel suo complesso. Vi è sicuramente da considerare in termini prospettici l’andamento della curva demografica, che ha un notevole impatto nei sistemi a ripartizione, in cui i contributi versati pagano i trattamenti previdenziali (le ultime stime dell’Istat evidenziano un recente calo dell’aspettativa di vita per effetto del Covid-19, ma la tendenza di lungo periodo all’invecchiamento è invece delineata). Pochi mesi fa, inoltre, la Commissione europea ha pubblicato un Libro Verde sull’invecchiamento e sugli effetti sui sistemi di welfare, che è stato oggetto di pubblica consultazione.  Nel caso particolare delle Casse di previdenza, sistema che nel complesso non presenta comunque difficoltà strutturali – come rimarca l’Associazione degli enti previdenziali privati (Adepp) nel proprio ultimo Rapporto annuale – l’invecchiamento degli iscritti è del tutto evidente e segue esattamente l’invecchiamento dei lavoratori italiani.

 

La differenza è dovuta principalmente all’alta qualificazione dei professionisti, che per accedere agli ordini professionali devo superare un esame di abilitazione che prevede, in molti casi, l’aver già conseguito una laurea. Quindi i professionisti entrano nel mercato del lavoro a una età maggiore rispetto alla media degli altri lavoratori italiani. Questo è un profilo specifico delle Casse, più volte rimarcato dalla Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), e un deficit regolamentare che andrebbe sanato al più presto.

 

Dal 2011 si è infatti ancora in attesa del Regolamento interministeriale, previsto dalla normativa primaria, che disciplini in materia di investimento delle risorse finanziarie, di conflitti di interessi e di depositario. Come sottolinea l’Autorità di Vigilanza, la normativa che si attende dovrebbe essere comunque dotata di flessibilità in maniera tale da consentire ai singoli enti scelte gestionali autonome e responsabili in ragione delle rispettive specificità.  Si favorirebbe con l’atteso decreto il rafforzamento strutturale delle Casse, sia in termini di equilibri gestionali sia per consentire il ruolo di investitori istituzionali anche in termini di sostegno finanziario allo sviluppo economico.

 

*Lorenzo Giuli è un esperto di previdenza complementare.

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