Rilanciare la previdenza complementare nel post Covid

Rilanciare la previdenza complementare nel post Covid

La Covip avverte che andrebbe favorito un maggior livello di inclusione previdenziale, considerando l’andamento variegato delle adesioni in Italia a livello di genere, età e territorio

 

Il quadro che emerge dalla Relazione annuale della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) è quello di un sistema di previdenza complementare che ha sostanzialmente ben retto all’urto della crisi derivante dall’emergenza epidemiologica sia in termini di stabilità del sistema che di rendimenti. Secondo i documenti diffusi, alla fine del 2020, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si sono attestate a 198 miliardi di euro, in aumento del 6,7% rispetto al 2019; un ammontare pari al 12% del Prodotto interno lordo e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

 

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi pensione negoziali e i fondi pensione aperti hanno guadagnato poi in media, rispettivamente, il 3,1 e il 2,9%; nello stesso periodo il Trattamento di fine rapporto (Tfr) si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,2%. Per quel che riguarda il numero degli iscritti il totale è stato pari a 8,4 milioni, in crescita del 2,2% rispetto al 2019, per un tasso di copertura del 33% sul totale delle forze di lavoro. Occorre però, ha sottolineato l’autorità di vigilanza, monitorare il post crisi e porre in essere una serie di interventi per consentire alla previdenza complementare di compiere un definitivo “salto di paradigma”.

 

Disparità di genere, di età e di territorio

 

Va in primo luogo favorito un maggior livello di inclusione previdenziale considerando l’andamento variegato delle adesioni. Gli uomini sono il 61,7% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali), nel solco di quel gender gap che si è già manifestato negli anni scorsi. Si conferma anche il gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento (il 51,6% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31% ha almeno 55 anni). Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57%).

 

La Covip ha auspicato allora che si pongano in essere il prima possibile tutte le iniziative utili per un nuovo e più consistente impulso allo sviluppo delle adesioni sia proseguendo lungo la via delle adesioni online che con un “uso sapiente” degli incentivi fiscali, che andrebbero ripensati per favorire l’adesione e la contribuzione di chi non è ancora nel sistema e di quanti ne rimangono ai margini in forza di una condizione lavorativa più fragile.

 

Come avviene in altri ordinamenti, si potrebbe prevedere la possibilità di usare in anni successivi la deducibilità non goduta in uno specifico anno di imposta. Parimenti, si potrebbe valutare la possibilità di attivare incentivi di carattere finanziario per i più giovani e per quelle categorie di lavoratrici e lavoratori con carriere più instabili. Si tratta di misure che, anche quando costose per le finanze pubbliche nel breve periodo, riducono il rischio di povertà nel lungo periodo, con ciò contribuendo a migliorare la sostenibilità prospettica dei bilanci pubblici e di un sistema pensionistico concepito come unitario, ma articolato su più pilastri. “Gli interventi sarebbero particolarmente rilevanti anche per l’area del lavoro autonomo, che rimane assai rilevante nel nostro Paese, caratterizzata da un forte volatilità nei redditi”, ha continuato la Covip.

 

Sviluppare un’adeguata formazione (e informazione)

 

Di fondamentale importanza è poi il contributo che può venire dagli interventi di educazione alle scelte previdenziali, la cui valorizzazione è ormai da qualche anno rafforzata dall’attività del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria, cui anche la Covip partecipa per i profili appunto legati all’educazione previdenziale. La piena efficacia degli interventi di formazione in campo previdenziale dipende anche dalla quantità e qualità dell’informazione disponibile. Da questo punto di vista, ha sottolineato ancora la Covip, è necessario che sia dato nuovo slancio alla diffusione e all’uso degli strumenti di conoscenza delle prestazioni attese di primo pilastro, in continuità con una buona prassi che da anni si segue per la previdenza complementare.

 

Oltre alla formazione e all’informazione, va valutato poi il contributo della cosiddetta “architettura delle scelte”, sia rispetto al disegno di efficaci procedure di adesione automatica sia in relazione alla definizione e stabilizzazione dei profili contributivi individuali. Last but not least, è importante poi un rafforzamento strutturale dei fondi pensione anche nella prospettiva del ruolo che tali investitori istituzionali di lungo termine possono svolgere per lo sviluppo finanziario e la crescita economica del Paese.

 

*Lorenzo Giuli è un esperto di previdenza complementare.

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