Welfare contrattuale, perché aderire alla previdenza complementare

Welfare contrattuale, perché aderire alla previdenza complementare

Aumenta l’età media della popolazione con effetti soprattutto nel campo della previdenza. Ecco lo scenario italiano sui fondi pensioni e l’adesione contributiva volontaria. Con un occhio agli esempi virtuosi stranieri.

 

In un Paese come l’Italia caratterizzato da un accentuato fenomeno di invecchiamento della popolazione diventa sempre più necessario il concorso della previdenza complementare. E di fondamentale importanza in questa prospettiva può essere il ruolo che può interpretare il welfare contrattuale.

 

Basti pensare come l’Italia è il Paese più longevo in Europa, prima della Germania, e il secondo al mondo, dopo il Giappone. Secondo dati Istat, nel 2018 la speranza di vita alla nascita era pari a 85,2 anni per le donne e 80,9 per gli uomini; si prevede che nel 2050 la quota delle persone con 65 anni o più sul totale della popolazione, attualmente al 22,6%, sfiorerà il 34% e quella degli Over 85, oggi intorno al 3,5%, supererà il 7%.

 

A fronte di questi numeri, va anche favorita l’adeguatezza delle prestazioni per fare in modo che le future generazioni possano ragionevolmente mantenere in quiescenza un tenore di vita quanto più possibile vicino a quello che caratterizzava la fase lavorativa attiva. Nell’architettura delineata dal Legislatore italiano l’obiettivo di adeguatezza previdenziale è dato dal ‘combinato disposto’ di pensione obbligatoria e pensione complementare.

 

Adesioni limitate ai fondi pensione

 

Qual è il quadro attuale della diffusione dei fondi pensione (Pip)? Secondo dati Covip aggiornati a fine settembre 2019, gli aderenti, al netto di coloro che sono iscritti a più forme, sono stimabili in circa 8,2 milioni: una platea sufficientemente ampia, ma ancora limitata rispetto a quanto sarebbe necessario.

 

In particolare, così come sottolineava la stessa autorità di vigilanza nella propria relazione annuale, è necessaria una maggiore inclusione previdenziale, soprattutto nei confronti di categorie come i giovani e le donne che scontano un “rischio previdenziale” particolarmente elevato per effetto dell’applicazione del metodo di calcolo contributivo e che ancora aderiscono alla previdenza complementare in misura ridotta (la partecipazione dei soggetti Under 35 è pari al 20,4% e quello delle donne è il 26,9%).

 

Vi è poi un gap territoriale con una forte differenza di adesione tra Nord e Sud del Paese e ancora limitata è l’adesione tra i dipendenti delle PMI e del pubblico impiego. Altra rilevante criticità è rappresentata da quella che qualche osservatore ha definito come “voragine informativa” con una diffusa non conoscenza del cosa sia e a che cosa serva la previdenza complementare.

 

Il rilancio dei meccanismi automatici di iscrizione

 

La scelta del nostro ordinamento è stata quella di prevedere la volontarietà dell’adesione, sia pure fortemente agevolata fiscalmente. Si è anche inserito come meccanismo di “spinta gentile” (una sorta cioè di paternalismo nei confronti del cittadino indotto a scelte ‘orientate’ finalizzate al suo benessere) il silenzio-assenso per la scelta di devoluzione del trattamento di fine rapporto con una finestra di opzione nel primo semestre del 2007 e ancora in vigore per i nuovi assunti.

 

Questa scelta ha avuto sicuramente un effetto beneficio in termini di una maggiore diffusione agendo soprattutto sul superamento anche psicologico della tendenza al rinvio delle decisioni da parte del risparmiatore italiano, affetto da quello che i demografi definiscono come “sindrome del ritardo” (procrastinare a domani quello che si può fare oggi), che, tradotto in previdenza complementare, significa non avviare la copertura del gap pensionistico, non beneficiare di rendimenti finanziari, nel caso dei lavoratori dipendenti non godere del contributo datoriale, rinunciare ai benefici fiscali.

 

Il buon esito dell’esperimento del 2007 è il motivo per cui i sindacati confederali e Assofondipensione rilanciano l’idea per il 2020 dell’attivazione di una nuova finestra di silenzio-assenso. Tra le diverse proposte del to do per rilanciare le adesioni vi è anche quella più tranchant di passare invece alla obbligatoria delle adesioni avanzata da Assoprevidenza.

 

All’estero casi virtuosi di auto-iscrizione

 

È interessante anche volgere lo sguardo oltreconfine per riportare alcune significative esperienze estere. Ultima in ordine di tempo è la scelta dell’Irlanda in cui, a fine ottobre 2019, il Governo ha approvato gli elementi chiave di un nuovo sistema di risparmio pensionistico a contribuzione basato su criteri di auto-enrolment (auto-iscrizione), operativo dal 2022.

 

In ambito europeo è molto interessante il caso del Regno Unito in cui, a partire dal 2012, è stato avviato un programma di auto-enrolment, che impone ai datori di lavoro di iscrivere i propri dipendenti a fondi pensione complementari. Ciò, per assicurare che tutte le categorie di lavoratori coinvolti abbiano a disposizione forme pensionistiche efficienti e caratterizzate da costi contenuti.

 

A tale scopo, per iniziativa pubblica, è stato istituito un fondo, denominato Nest (National employment savings trust), che può raccogliere adesioni sia tra i lavoratori dipendenti sia tra gli autonomi.

 

Vanno poi citati i casi degli Usa in cui nel 2006 è stato approvato il Pension protection act (Ppa), che dà alle aziende un incentivo a versare i contributi integrativi ai dipendenti, a iscriverli automaticamente ai piani previdenziali e ad aumentare automaticamente le loro percentuali di contribuzione nel tempo; il piano previdenziale lanciato nel 2007 dalla Nuova Zelanda, KiwiSaver, in base al quale si prevede l’adesione automatica e incentivi finanziari all’adesione, incluso un sussidio iniziale di mille dollari neozelandesi.

 

Cosa sono e come funzionano le adesioni contrattuali

 

Molto interessante è poi il recente fenomeno del meccanismo delle adesioni contrattuali. Sempre secondo dati Covip al 30 settembre 2019, nei fondi negoziali si sono registrate 119mila iscrizioni in più (4%), portando il totale delle posizioni a fine settembre a 3,1 milioni. La gran parte della crescita netta è spiegata proprio dai 10 fondi con attivi meccanismi di adesione contrattuale.

 

Di cosa si tratta? È una modalità di adesione a previdenza complementare che deriva da una previsione inserita nel Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) che introduce a favore di tutti i lavoratori dipendenti cui si applica il versamento di un contributo da parte del datore di lavoro, da versare al fondo pensione contrattuale di riferimento; il versamento iscrive in modo automatico il lavoratore al fondo.

 

Al lavoratore rimane la piena libertà di incrementare detto flusso con il versamento di contributi a proprio carico, ai quali si accompagnerà il contributo a carico del datore di lavoro, secondo le percentuali fissate dai contratti o accordi collettivi di riferimento, e il versamento del TFR.

 

Per i lavoratori dipendenti già iscritti alla forma pensionistica il contributo contrattuale si aggiunge, invece, al contributo posto a carico del datore di lavoro, mentre per i non iscritti questo unico versamento genera l’adesione contrattuale.

 

Al momento è diffusa in una serie di fondi pensione tra cui vanno ricordati Prevedi, Cooperlavoro, Fondapi, Byblos, Astri, Eurofer, Solidarietà Veneto, Previambiente, Priamo. Al di là, però, della “spinta gentile”, come evidenziato dalla stessa Assofondipensione, per un vero e proprio “salto di paradigma” , occorre fare un passo in avanti e trovare, anche d’intesa con le parti sociali, le soluzioni per promuovere conoscenza e consapevolezza degli iscritti sull’opportunità di una adesione piena dal punto di vista contributivo (quindi anche con il TFR), senza la quale si generano posizioni modeste che rischiano rapidamente di essere erose dai costi, minacciando così l’efficienza complessiva del sistema.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda sostanzialmente anche la Covip che ha più volte sottolineato il significato strategico di avviare un percorso informativo e promozionale per le forme interessate da adesioni di tipo contrattuale.

 

Volendo sintetizzare, l’adesione contrattuale può essere sicuramente un significativo volano per favorire un maggior livello di adesioni ai fondi pensione, ma va accompagnata da una efficace azione di Education.   Anche un lungo viaggio comincia con un primo passo, come recita un proverbio cinese.

 

* Lorenzo Giuli è un esperto previdenziale

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