Benessere fisico, il welfare non basta: la (vera) leva è la gratificazione

Benessere fisico, il welfare non basta: la (vera) leva è la gratificazione

Filippo Ongaro, medico specializzato in medicina anti-ageing ed esperto di high performance, a Wellfeel: la sfida del welfare aziendale non è dare più strumenti, ma aiutare chi non riesce a cambiare abitudini

 

Palestre aziendali, mense salutari e programmi di allenamento possono aiutare. Per abbandonare davvero le cattive abitudini, però, non basta avere a disposizione tutti gli strumenti: occorre aiutare le persone a trovare la giusta motivazione e il piacere di cambiare stile di vita.

 

Parola di Filippo Ongaro, medico specializzato in medicina anti-ageing ed esperto di high performance. Considerato uno dei pionieri europei della medicina funzionale, Ongaro dal 2000 al 2007 è stato il medico degli astronauti dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e ha collaborato con la Nasa e l’Agenzia spaziale russa allo sviluppo di metodologie preventive e terapeutiche per contrastare l’invecchiamento accelerato a cui sono esposti gli astronauti in orbita.

 

“Il mondo si divide in due categorie di persone”, ha detto intervenendo a Weelfeel, l’evento su benessere organizzativo e welfare aziendale organizzato dalla casa editrice ESTE di cui Tuttowelfare.info è Media Partner (a questo link è possibile rivivere tutto l’evento) . “Chi veramente vuole prendersi cura di sé, lo fa senza bisogno di sollecitazioni; chi invece non riesce a superare questo ostacolo, si tirerà sempre indietro anche di fronte ai migliori programmi welfare offerti dall’azienda”.

 

Per un’organizzazione avere un’offerta variegata di strumenti per il benessere psicofisico dei propri collaboratori rappresenta di certo una marcia in più. Non è detto, però, che sia sufficiente a convertire a una vita sana ed equilibrata i più sedentari tra i dipendenti. Al contrario, oggi le neuroscienze danno conferma del fatto che coloro che adottano comportamenti reputati poco salutari sono di regola persone che ricercano un compenso e una gratificazione immediata ai momenti di stress, noia e insoddisfazione.

 

“I fattori che abbassano i livelli di dopamina nel nostro cervello sono diversi e diverse sono anche le ricompense che ciascuno ricerca. Chi riesce a ritardare la gratificazione e quindi a pensare a un beneficio più a lungo termine è in genere una persona meno stressata, meno annoiata e più soddisfatta”, ha spiegato Ongaro.

 

Lo stesso ragionamento, fatto per le abitudini sedentarie in casa, vale anche sul posto di lavoro. Con l’ulteriore complicazione derivante oggi dal fatto che, con la diffusione del lavoro a distanza, l’ufficio ha perso in parte quel ruolo centrale che ricopriva nella vita di tanti. “Ora che le persone si sono disperse, ciascuna nella propria casa, rischiano di ricadere ancora di più in meccanismi di questo tipo senza la sollecitazione delle strutture aziendali”.

 

Meditazione, rilassamento e diari nutrizionali

 

Come convincere allora le persone a prendersi cura di sé? Per Ongaro, gli strumenti più efficaci per ottenere un risultato sono molto poco ‘fisici’ e molto più emotivi: la meditazione e le tecniche di rilassamento, per ridurre i livelli di stress e indurre una ricerca meno intensa di comportamenti di compensazione, ma anche strumenti come il diario nutrizionale, per tracciare i comportamenti della persona e farle acquisire maggiore consapevolezza circa le proprie scelte.

 

“Abbiamo sempre fatto leva sulla disciplina e sulla motivazione, invece più semplicemente un comportamento diventa abitudine perché dà piacere o perché allontana dal dispiacere”, ha chiarito il medico. “Un atleta è disciplinato perché gli piace quello che fa: pensa al risultato e alla gratificazione derivante dalla vittoria e perciò non vive l’allenamento come un sacrificio”. La forza trainante, dunque, è la gratificazione. A questo punto, tocca al coach trovare la strategia affinché la persona percepisca la gratificazione sin dalla prima volta che mette piede in una palestra, aziendale o meno, o sale su un tapis roulant.

 

“Manipolare la percezione della gratificazione della persona è il ruolo del coach”. Il primo passo è capire perché la persona, nonostante sappia quale sia la scelta giusta, si ostini a perseverare in abitudini di vita scorrette. Solo chi sta bene con se stesso riesce a evitare la ricerca continua di compensi. Che si tratti di esercizio fisico o di performance lavorative, la sfida non è dare più strumenti a chi già si prende cura di sé, ma aiutare i tanti che non riescono a cambiare abitudini a farlo in modo definitivo.

 

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giorgia.pacino@tuttowelfare.it