Welfare aziendale a rischio

Welfare aziendale a rischio

La Circolare 5/E del 29 marzo 2018 ha chiarito le modalità di conversione dei premi di risultato in beni e servizi per i lavoratori e le loro famiglie. Ma ha anche dato origine a incertezze interpretative tra le aziende. Dubbi che andrebbero chiariti al più presto per evitare che le imprese pensino a una exit-strategy dal welfare aziendale unilaterale.  

 

L’Agenzia delle Entrate, con i chiarimenti contenuti nell’ultima Circolare 5/E del 29 marzo 2018, ha reso più agevole comprendere le modalità di conversione del Premio di Risultato in beni e servizi di welfare, ma contemporaneamente ha fornito ulteriori spunti di riflessione. «Con l’ultima Circolare l’Agenzia delle Entrate ha dato una “nuova” interpretazione estensiva delle iniziative di welfare aziendale che usualmente la prassi identifica come quelle dell’“Area Famiglia”», ha commentato Antonio Manzoni, Partner e Co-Founder di Valore Welfare, Società specializzata nella consulenza alle imprese per lo sviluppo di piani di welfare aziendale e flexible benefit. «In particolare, le somme, i servizi e le prestazioni disciplinati dall’Art. 51, comma 2 del TUIR indicati alle lettere f-bis (istruzione ed educazione di figli e familiari), f-ter (sostegno alla non autosufficienza e assistenza ai familiari anziani) ed f-quater (forme assicurative per la non autosufficienza o il rischio di gravi patologie), sono da considerare una specificazione degli oneri di utilità sociale indicati nella lettera f) e, in quanto tali, da disciplinare unitariamente. Questa interpretazione avrà effetti pratici per tutti i piani di welfare aziendale in quanto il nuovo quadro normativo di riferimento si basa sulla lettura combinata di due articoli del TUIR: Art. 100 e Art. 51 comma 2, lett. f), f-bis), f-ter) e f-quater) da disciplinare ora in maniera unitaria».

 

Per il dipendente è cambiato qualcosa con la nuova normativa?
Nulla, anzi ancor più si tutela e garantisce che “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento” non concorrono a formare reddito, sempre che siano offerti alla generalità dei dipendenti o a loro categorie omogenee.
E per le Aziende ?
Per le imprese gli effetti di questa “nuova” lettura combinata dei due articoli del TUIR pone incertezze sul piano interpretativo relativamente alla disciplina fiscale delle spese sostenute, in quanto: la limitazione della deducibilità delle spese sostenute (il 5×1000 dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi), se volontariamente sostenute, si estende ora anche ai servizi e prestazioni indicati nelle lettere f-bis), f-ter) e f-quater) in quanto equiparati alla lettera f); le spese sono invece interamente deducibili – lettere f), f-bis), f-ter) e f-quater) – se sostenute obbligatoriamente. La discriminante della totale o parziale deducibilità di queste spese è quindi la fonte generatrice delle iniziative di welfare aziendale: l’unilateralità o la contrattazione.
Si è molto parlato del Regolamento aziendale per avviare iniziative di welfare volontario che consentirebbe comunque la completa deducibilità delle spese, è ancora così?
Dapprima, con la Circolare n. 28/E del 2016, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che l’estensione della deducibilità trova applicazione nel caso in cui vi sia contrattazione collettiva di primo o secondo livello o un Regolamento aziendale «che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale». Con la recente Circolare 5/E del 2018 l’Agenzia delle Entrate ha confermato la limitata deducibilità delle spese, se volontariamente sostenute, ma ha tenuto a precisare che (§ 3.2, pag. 28) “Nella diversa ipotesi in cui le predette spese siano sostenute in base a contrattazione collettiva di primo o secondo livello, l’art. 95 del TUIR consente l’integrale deducibilità”.
La nuova Circolare però non dice che anche il Regolamento aziendale consente l’integrale deducibilità. “Dimenticanza” oppure è stato deciso di consentirla solo con contrattazione di primo e di secondo livello?
Il Regolamento non può essere considerato un contratto né di primo, né di secondo livello ed anche il passaggio “La norma di natura interpretativa”, quindi “con effetto retroattivo, …”, contenuto nella nuova Circolare (§ 3.2, pag. 27), lascerebbe intendere una precisa volontà ed una parziale rettifica di quanto indicato nella precedente Circolare 28/E. Da quando, con la Circolare 28/E, è stato introdotto il Regolamento, esperti, consulenti, giuristi e fiscalisti hanno arricchito il tema e la letteratura con approfondimenti interpretativi su natura, requisiti e contenuti del Regolamento, ma ora le aziende con iniziative di welfare unilaterale si stanno domandando il Regolamento serva ancora e e se sì per quali finalità.
Lei ha parlato di interpretazione retroattiva, potrebbero esserci effetti sulle iniziative di welfare già avviate dalle aziende?
L’edizione 2018 del Rapporto “Welfare Index PMI” ha confermato che le iniziative sociali in “Area Famiglia” risultano prevalentemente di origine volontaria/unilaterale: pensiamo solo alle numerose iniziative e ai servizi di educazione e istruzione a favore dei figli o alle borse di studio promosse dalle aziende, come anche alle più recenti iniziative di sostegno dei soggetti più deboli (anziani e non autosufficienti). La “nuova” interpretazione, per le prassi in essere e spesso ormai consolidatesi nel tempo, pone quindi molti punti di attenzione e valutazione. L’Agenzia delle Entrate ha voluto chiarire il significato normativo e le eventuali incertezze interpretative relativamente agli “oneri di utilità sociale” ma il suo effetto retroattivo ha inevitabili ricadute anche sui periodi di imposta precedenti e non ancora definiti. Le Aziende con iniziative di welfare volontario/unilaterale si stanno ora chiedendo: Cosa devo fare? Posso ancora fare un Regolamento aziendale per il futuro? E per il passato a quali sanzioni mi espongo se le mie spese hanno superato il limite del 5×1000? Alcune imprese stanno anche pensando a una exit-strategy dal welfare aziendale unilaterale.
Dunque arriveranno aggiornamenti sul tema delle iniziative di welfare aziendale volontario da parte dell’Agenzia delle Entrate?
Potrebbe essere l’occasione per fare chiarezza evitando incertezze interpretative. Le aziende stanno assumendo un ruolo sempre più importante per far fronte a quella parte di servizi sociali che il welfare pubblico non è oggi in grado di garantire e lo stanno facendo con interventi di welfare aziendale che possono essere sviluppati autonomamente dall’impresa (unilaterale) o tramite accordo con le rappresentanze sindacali (contrattuale). Le due dimensioni non si escludono, possono convivere e integrarsi all’interno della singola impresa.
Insomma ci vorrebbe più chiarezza?
Ho sempre ritenuto che il quadro normativo debba e possa essere un utile alleato delle aziende per accompagnarle e spingerle a promuovere e sviluppare iniziative di welfare, ma le aziende devono potersi muovere all’interno di norme semplici e chiare, concentrando energie e risorse per ascoltare più attivamente i dipendenti e rispondere ai loro diversi bisogni. Ritengo anche che il quadro normativo non debba discriminare il “favor” in ragione della fonte istitutiva delle iniziative di welfare aziendale, ma possa invece tutelare e distinguere in ragione delle iniziative promosse.
Cosa intende dire esattamente?
Nella “Premessa” della Circolare 5/E l’Agenzia sottolinea che “Le nuove disposizioni sono volte a potenziare l’accesso al regime sostitutivo previsto per i premi di risultato, nonché a incentivare il ricorso alle forme di welfare ritenute maggiormente meritevoli di tutela, ai fini del soddisfacimento di esigenze sociali”. Se questo è e deve essere l’obiettivo risulta anacronistico che il quadro normativo ancora oggi consenta l’intera deducibilità delle spese per i cd. “Buoni Benzina” o “Buoni Shopping” mentre permane una limitazione di deducibilità delle spese per iniziative di rilievo sociale quali sono quelle di sostegno alla famiglia se volontariamente sostenute.

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