Il secondo welfare nelle Fondazioni private

Il secondo welfare nelle Fondazioni private

Significativo impatto sul territorio per cercare di creare maggiore ricchezza e sviluppo. Attraverso le sue iniziative e il suo centro di ricerca Fondazione Golinelli si caratterizza come catalizzatore che riduce le distanze tra scuola, università e impresa.

 

Tra gli attori principali del secondo welfare ci sono Fondazioni di comunità, di impresa, di origine bancaria, che intervengono con la cosiddetta filantropia istituzionale che di frequente mettono a disposizione importanti finanziamenti a sostegno del welfare comunitario.

 

A Bologna esiste una fondazione che sembra ‘corporate’, ma non lo è. Si tratta della Fondazione Golinelli, pressoché unica nel suo genere perché, pur essendo stata creata da un noto imprenditore del ramo farmaceutico, Marino Golinelli, è legata a doppio filo al filantropo stesso, più che alle sue attività di impresa.

 

Insomma, si tratta di una fondazione privata che si pone nella collettività, che della propria autonomia dal percorso imprenditoriale del fondatore fa un punto di forza, rendendola, però, autonoma e indipendente dalle alterne fasi del mondo profit. Questo ha fatto sì che, comunque, anche l’azienda risentisse di questa visione di responsabilità sociale e civile.

 

A illustrare lo scopo della Fondazione Golinelli è il Direttore Generale Antonio Danieli: “Vogliamo aiutare giovani e giovanissimi offrendo alcune attività formative, da svolgere attraverso la collaborazione con scuole e università, dando loro strumenti di eccellenza per farli crescere e creare a loro volta nuova ricchezza e sviluppo”.

 

La Fondazione, infatti, propone attività laboratoriali anche per la prima infanzia, contribuendo ad avvicinare le giovanissime generazioni a tematiche tecnico-scientifiche talvolta, diciamolo, un po’ trascurate dai programmi scolastici tradizionali.

 

La visione filantropico-strategica di lungo periodo posta alla base dell’operatività della Fondazione, tuttavia, non è quella mecenatistica, assistenziale o sussidiaria collegata al concetto di dono: è piuttosto declinata in progettualità complete e operative che, di concerto con istituzioni nazionali e locali, governa un importante processo di innovazione del tessuto economico, imprenditoriale e, quindi, anche sociale del Paese.

 

L’Opificio Golinelli accorcia la distanza tra scuola e lavoro

 

Cuore delle attività è l’Opificio Golinelli, un centro per la ricerca, l’innovazione e la cultura di 14mila metri quadrati, posto nella prima periferia bolognese. Si tratta del quartier generale delle attività fondazione, che funge, anche a livello internazionale, da vero acceleratore d’impresa: un ecosistema aperto, che mette in filiera le varie fasi dell’innovazione scientifica e tecnologica in maniera integrata.

 

La vera novità rispetto ai più tradizionali incubatori di startup è che si rivolge soprattutto ai giovani e giovanissimi, accompagnandoli da esperienze educative infantili, fino alla formazione per studenti superiori e universitari, alle fasi di ricerca, incubazione dell’idea-startup, accelerazione, venture capital, open innovation.

 

“Un catalizzatore per accorciare le distanze tra scuola, impresa, ricerca e università”, lo definisce Danieli, che attraverso il progetto G-Lab porta attività formative nelle scuole di tutta Italia, valorizzando peraltro il merito e il potenziale di ragazzi che versano in situazioni di disagio socio-economico. Per riuscirci più facilmente, anche gli insegnanti vengono formati, perché accanto all’insegnamento tradizionale delle discipline scolastiche siano in grado di riconoscere, indirizzare e sostenere i giovani talenti.

 

Per questi, sono previsti percorsi di imprenditorialità, che vanno dalla valutazione dell’idea, alla formulazione del piano di business sino all’alta formazione. Si pensi, osserva Danieli, “che si prevede che il 50% delle aziende e il 60% delle professioni, così come le conosciamo oggi, saranno sostituite da processi di Intelligenza Artificiale e dall’innovazione tecnologica”.

 

Lo standard formativo del tradizionale percorso di studi non è più sufficiente a garantire il futuro ai nostri giovani. Ecco perché, in una logica di open innovation, la Fondazione Golinelli propone percorsi paralleli all’attività universitaria, con tutor, anche giovani, in un’ottica di peer education, che stimolano i coetanei e li supportano al fare impresa.

 

L’impatto sociale oltre il profitto economico

 

Quali sono i vantaggi di tutto questo? I partecipanti possono validare sin dall’inizio i modelli di business. Lo sviluppo di queste nuove e innovative realtà è utile anche alle imprese già esistenti anche in ottica di welfare. L’impresa, infatti, è portatrice di bisogni a 360 gradi, dalla formazione continua dei dipendenti al loro benessere, alla fidelizzazione dei talenti.

 

Ecco perché, secondo Danieli, il fare impresa, anche innovativa, non può prescindere da un principio di responsabilità sociale: non si tratta solo dell’eredità morale del filantropo Golinelli, ma di una necessità di sostenibilità futura. Infatti, i profitti delle imprese che nascono dal percorso in Fondazione non si misurano solo in termini economici, ma piuttosto in quelli di impatto sociale, di ricadute concrete sulla vita delle persone. Senza contare l’impatto generato dal know how fornito alle giovani generazioni.

 

Per garantire anche la sostenibilità economica dei progetti, il 35-40% delle attività della Fondazione è erogata a pagamento: “L’obiettivo è raggiungere la piena sostenibilità economica entro il 2065”, dice Danieli, che, a fronte di un investimento annuale di 1 miliardo di euro in istruzione e 1 miliardo in cultura da parte di tutte le fondazioni private italiane (il bilancio del Miur è di 53 miliardi l’anno), ritiene che la Fondazione Golinelli stia proponendo “una nuova visione del welfare, che non è sussidiaria, ma strategica”. Appuntamento al 2065 per valutare il risultato.

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