Il valore della storia e del territorio sul welfare aziendale
Macro photo of tooth wheel mechanism with imprinted TRADITIONAL, MODERN concept words

Il valore della storia e del territorio sul welfare aziendale

Il caso esemplare di Brawo, storica azienda bresciana specializzata nello stampaggio a caldo di ottone, rame ed alluminio, che ha saputo precorrere le politiche di welfare facendo leva sulla sua storia e sul radicamento nel territorio.

 

 

Ci sono almeno due caratteristiche peculiari di Brawo che ne fanno un’azienda speciale. La prima è la storia. La nascita di questa azienda del ferro coincide con la vocazione industriale di Giacomo Gnutti, che, nel 1860, aprì a Lumezzane, in provincia di Brescia, la propria fucina di armaiolo.

 

In seguito, l’attività venne sviluppata e convertita da figli e nipoti, che si specializzarono nello stampaggio a caldo di leghe di rame, ottone e alluminio. Arriviamo, così, al 1976, quando il pronipote del fondatore, Giorgio Gnutti, decise di acquisire Brawo Spa, facendo confluire in essa tutte le attività di stampaggio a caldo.

 

In pochi anni, dopo l’ingresso in azienda anche del figlio Gabriele, Brawo divenne la seconda trafileria in Italia, la terza in Europa. Oggi l’azienda costituisce un riferimento mondiale nella fornitura di particolari grezzi e lavorati in ottone, rame e alluminio, con sedi anche Olteoceano.

 

È facile intuire che una simile storia familiare ha un peso specifico non indifferente su tanti aspetti relativi all’azienda. Primo fra tutti il fatto che, mentre le grandi dinastie industriali italiane sono andate cedendo – soprattutto dal 2010 a oggi – le proprie imprese di famiglia ai grandi colossi industriali stranieri, la famiglia Gnutti ha fatto il contrario. Sembra quasi di parlare di una realtà di molti anni fa, ma con tutti i crismi della modernità.

 

Se questa diffusa vocazione familiare rende poco adatte le aziende italiane a evolversi in maniera competitiva rispetto ai global player che stanno guidando il cambiamento, tuttavia aziende come Brawo hanno trovato il modo di mantenersi sane e vitali nel proprio mercato. Lo stanno facendo, per esempio, cercando di avere dipendenti fidelizzati, soprattutto perché, in questo caso, si tratta di figure altamente formate e specializzate. Per ottenere il risultato, occorre che i lavoratori siano felici.

 

Laura Facchetti dell’Ufficio Risorse Umane Brawo racconta che, ben prima che “si sentisse anche lontanamente parlare di responsabilità sociale o di welfare aziendale, il fondatore aveva già particolarmente a cuore i dipendenti e il benessere loro e delle loro famiglie”: “Era solito, infatti, premiarli e organizzare momenti di incontro conviviali, coinvolgendo le famiglie”.

 

Il radicamento nella propria realtà

 

È dunque sul solco di questa particolare sensibilità che Brawo ha sviluppato un percorso di welfare aziendale che, precorrendo sempre un po’ i tempi, ha toccato tutte le tappe dello sviluppo di questo concetto in Italia.

 

“Dapprima abbiamo posto in atto alcune azioni più tradizionali, poi siamo approdati all’idea di usare una piattaforma, fornita da un Provider. Tuttavia, il primo tentativo non è andato a buon fine”, spiega Facchetti. “Infatti il plafond caricato era spendibile in esercizi commerciali che, magari, sul nostro territorio non erano nemmeno presenti”.

 

Ecco che si inserisce il secondo elemento caratterizzante di cui si parlava: il territorio. “Nonostante l’espansione anche all’estero, la nostra azienda è fortemente radicata nel proprio ambiente, che è particolare. La sede, infatti, è in Valcamonica: la collocazione ci condiziona sotto tanti aspetti”, spiega Facchetti.

 

Dunque, questo diventa un discrimine fondamentale nella scelta della misura di welfare più idonea: “Abbiamo deciso di destinare 1.000 euro a ognuno dei circa 360 dipendenti, indipendentemente dal livello o dalla mansione”, continua la manager HR. “Questo denaro è stato messo a disposizione dei lavoratori tramite uno dei Provider presenti sul mercato, ma, nella scelta, abbiamo tenuto conto soprattutto del territorio di riferimento. Ci siamo impegnati noi stessi a stipulare convenzioni anche con i piccoli esercizi della zona, perché i voucher fossero spendibili in Valle e nei dintorni”.

 

Formazione per l’utilizzo della tecnologia

 

Questo ha avuto una ricaduta positiva su due fronti: “Non solo i dipendenti sono stati agevolati nell’utilizzo del bonus, ma anche le piccole realtà locali hanno beneficiato del piccolo aumento del potere di acquisto dei nostri lavoratori. Si sono mostrati disponibili ad accogliere questa novità ed è stato positivo per tutti, anche trasversalmente”.

 

Alla fine i dipendenti, che nel 2019 hanno ricevuto anche 80 euro di bonus per gli 80 anni del Presidente, hanno scelto in maggioranza di destinare il proprio benefit alla cassa previdenziale e sanitaria (28%), ai servizi alla persona (15%), ai buoni acquisto (9%), all’istruzione, anche dei figli (7%). “Nessuno ha optato per il cash”, spiega Facchetti “e questo dimostra che siamo stati in grado di spiegare loro, in maniera idonea, i vantaggi della scelta di affidare i fondi a un Provider”.

 

I più, infatti, hanno scelto la via ‘semplice’, quella di investirli nella previdenza complementare o sanità, ma tanti altri hanno fatto scelte davvero utili e coerenti con i loro profili personali. “Con l’occasione abbiamo avviato corsi di formazione specifica che, per i dipendenti più ‘anziani’ dal punto di vista aziendale o a più bassa scolarizzazione, sono serviti anche come corsi di base sull’utilizzo delle tecnologie. Fermo restando che, nell’ufficio Risorse Umane, possono sempre trovar aiuto e sostegno: infatti, abbiamo una figura dedicata”.

 

Ecco che il mix di storia aziendale e legame con il territorio, che potrebbero sembrare due limiti alla crescita, nel caso di Brawo hanno costituito il vero punto di forza di sviluppo d’impresa e del welfare aziendale.

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