Il (vero) welfare aziendale negli studi legali

Il (vero) welfare aziendale negli studi legali

Anche se non si può parlare di welfare a tutti gli effetti, per gli avvocati liberi professionisti è importante poter godere di benefit e piani di incentivazione. Ecco perché per attrarre talenti è necessario investire sul benessere dei professionisti.

 

Regole e caratteristiche sono diverse, l’obiettivo resta lo stesso: garantire il benessere delle persone che lavorano nell’organizzazione. Se nei grandi studi legali italiani faticano ad attecchire piani strutturati di benefit e ampi programmi di incentivazione – solo quattro law-firm su 50 li hanno adottati, secondo un sondaggio di Le Fonti Legal – non è detto che manchino le misure pensate per prendersi cura degli avvocati.

 

A differenza dei dipendenti di un’azienda, chi esercita la libera professione legale non è vincolato da un contratto, non è in un rapporto di subordinazione rispetto al titolare dello studio, non deve rispettare un orario di lavoro e non gode neppure delle agevolazioni fiscali riconosciute per legge. Insomma, gli avvocati inquadrati come liberi professionisti non possono godere dei piani di welfare riservati ai dipendenti.

 

Eppure, accade in un numero crescente di casi che ci siano studi legali che mettono a disposizione dei professionisti soluzioni per la cura della persona propri del welfare aziendale, considerando dunque gli avvocati al pari di chi è vincolato da un rapporto di lavoro subordinato. La stessa ricerca citata poco sopra, infatti, evidenzia che una delle misure più utilizzate è quella della flessibilità nell’orario di lavoro, seguita dallo Smart working. È quello a cui si fa riferimento quando si parla – impropriamente – di ‘welfare degli studi legali’. “È un concetto fiscale e contributivo che mal si addice alla libera professione”. Francesco Rotondi, Founding e Managing Partner dello studio legale LabLaw, sgombra subito il campo da ogni equivoco tecnico-giuridico.

 

“Se intendiamo per welfare un elemento della contrattazione, ci riferiamo a un certo ambito della disciplina approntata per il lavoratore dipendente, che prevede un sistema di bilanciamento della vita sociale e lavorativa attraverso contributi e benefit a vantaggio del dipendente. Nel momento in cui trasliamo questo concetto all’interno di un’attività libero-professionale, commettiamo un errore: dovremmo invece parlare di miglioramento della qualità di vita delle persone”. Il welfare può, quindi, avere spazio anche negli studi legali, a patto di concentrarsi sul work-life balance e su misure che consentano ai professionisti di raggiungere i propri obiettivi con più facilità.

 

Crescono le attenzioni per le esigenze dei professionisti

 

Questa attenzione, in effetti, è cresciuta tra le grandi law-firm. Anche tra i corridoi degli studi legali si comincia a parlare di work-life balance, vengono adottate policy specifiche in caso di assenza per maternità e paternità, si adottano approcci più flessibili sui tempi e sugli spazi di lavoro.

 

Per l’avvocato Rotondi, non si tratta di altro che del corretto modo di intendere la libera professione. “Noi puntiamo molto sulla gestione autonoma del professionista. Non siamo attaccati al vecchio concetto della presenza costante e duratura in ufficio, ma vogliamo che nella pratica e poi nell’avvocatura ciascuno arrivi a determinare da sé ritmi e qualità della propria vita, avendo tutta la libertà di organizzarsi secondo i propri impegni”.

 

Convenzioni con le palestre, abbonamenti alle riviste, previsioni specifiche per mamme e papà: i codici interni adottati dai singoli studi prevedono piccoli accorgimenti o grandi benefici pensati per andare incontro alle esigenze degli avvocati. “Non è welfare, ma normalità: per esempio, per la maternità, non c’è una previsione di un numero massimo di mesi, ma finché si ritiene opportuno restare a casa, ci si assenta”, puntualizza Rotondi. “Oltre all’autonomia, c’è un altro principio fondamentale nel nostro mestiere: la professionalità”.

 

Investire nel benessere per attrarre giovani talenti

 

Anche gli studi legali, insomma, hanno intuito il potenziale di un personale soddisfatto e ingaggiato. E hanno trasformato quella che appariva come una semplice voce di costo in un investimento. “Non tutto quello che facciamo come ‘welfare’ ha un costo economico immediato”, precisa Attilio Pavone, Managing Partner dello studio Norton Rose Fulbright. “Nell’ambito della nostra strategia di wellbeing abbiamo istituito una figura di Menthal Health First Aid Officer in ogni ufficio, una persona con cui si può parlare con riservatezza in caso di stress o problemi personali”.

 

“È una soluzione che ha un costo in termini di impegno e di tempo, ma non ha una ricaduta economica specifica perché il ruolo è ricoperto dal Responsabile HR. E tutte le misure adottate, anche quelle che implicano un esborso di denaro per lo studio, hanno un ritorno significativo in termini di benessere degli avvocati”.

 

Lo studio legale ha attivato un servizio di consulenza telefonica confidenziale, disponibile gratuitamente, 24 ore su 24, sette giorni su sette. Gli avvocati hanno diritto a un contributo per l’iscrizione in palestra e sono incentivati a utilizzare la bicicletta invece dell’automobile nel tragitto casa-ufficio.

 

Possono contare su una serie di convenzioni in caso di visite mediche e partecipano a training, corsi di aggiornamento e attività di team building per l’aggiornamento e la formazione professionale. I bonus di performance sono sempre apprezzati, ma non tengono conto solo dei risultati economici.

 

“Le salary review, i bonus e perfino i punteggi per i partner vengono valutati alla luce della performance complessiva, quindi considerando anche la capacità di lavorare in team e di coinvolgere i colleghi, nonché le attività realizzate per lo studio non direttamente monetizzabili”, spiega Pavone.

 

Le iniziative a vantaggio degli avvocati non mirano soltanto a migliorare il lavoro di quanti già frequentano lo studio. Possono al contrario rivelarsi un ottimo biglietto da visita per i professionisti in cerca di una nuova casa. “Uno dei benefici che trae lo studio dall’attuare queste politiche di welfare è attrarre talenti soprattutto tra le giovani leve, forse più attente rispetto alla passata generazione ad aspetti non direttamente legati alla carriera e al guadagno”, conferma Pavone. “Sono tutti elementi che completano l’offerta dello studio legale, presentando un ambiente di lavoro moderno, sostenibile e dinamico”.

 

Un must have per il futuro degli studi legali

 

L’attenzione alle persone, insomma, è diventata un obiettivo strategico anche per gli studi legali. Alcuni, poi, non si limitano a erogare dall’alto misure a favore dei professionisti, ma danno vita a comitati interni e realizzano survey specifiche per tener conto delle esigenze più sentite da avvocati, collaboratori e staff.

 

“Il welfare non consiste solo nell’offrire sconti aziendali ai dipendenti. Cerchiamo invece di adottare iniziative creative che possano essere di concreta utilità nella vita di tutti i giorni”, spiega Andrea Carta Mantiglia, Partner e Consigliere delegato di BonelliErede.

 

Sin dal 2013 lo studio si è dotato di un Comitato Welfare, composto da professionisti e membri del team HR, e programma le misure da mettere in campo anche avvalendosi di risultati di indagini interne. Con il progetto livebetter ogni mese viene introdotta una nuova iniziativa, dagli incontri sulla salute agli speech motivazionali. Non manca l’attenzione al sociale: la firm viene incontro alla necessità di svolgere piccole commissioni familiari e personali, affidandone il disbrigo a handy helper delle associazioni Cometa e Amici di Edoardo.

 

“È fondamentale capire per tempo quanto importante sia per la propria organizzazione avere un sistema di welfare moderno e monitorato. Non fatto di iniziative abbandonate a sé stesse, ma di persone che vi dedicano attenzione costante, curandone l’aggiornamento e il miglioramento con il passare dei mesi”.

 

BonelliErede guarda già alla Generazione Z, che tra due o tre anni verrà a bussare alla porta delle law-firm e che considera imprescindibile un buon equilibrio tra lavoro e vita personale. L’investimento nella cura delle persone, dunque, si rivela soprattutto un investimento sul futuro dei grandi studi.

 

“Uno studio legale, a differenza di un’impresa, non ha mezzi produttivi diversi dalle persone. Non ha un know how aziendale che si distingua dal bagaglio di conoscenze dei suoi avvocati. In buona sostanza, le persone sono tutta la sua ricchezza”, conclude Carta Mantiglia. “Lo ‘star bene’ non è un nice to have, ma un must have, un elemento essenziale per avere persone che lavorano bene e che vedono la firm come un posto in cui hanno piacere di andare. È essenziale per il presente e per il futuro della nostra organizzazione”.

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giorgia.pacino@tuttowelfare.it