Il ruolo della sanità integrativa a tutela della salute e del benessere

Il ruolo della sanità integrativa a tutela della salute e del benessere

In aumento la spesa privata per cure mediche e medicinali sostenuta dai cittadini italiani. Ma sono ancora limitate le potenzialità dei fondi sanitari integrativi e per questo occorre una riflessione tra gli addetti ai lavori se si vuole rispondere efficacemente a bisogni attuali ed emergenti di salute.

 

Cresce la spesa sanitaria privata degli italiani e aumenta al contempo l’interesse verso l’assistenza sanitaria integrativa, malgrado sia quest’ultima oggetto di critiche sovente ingiustificate nel dibattito pubblico. Per comprendere meglio necessità e opportunità in questo campo è utile partire dai dati.

 

Secondo le principali e più recenti evidenze disponibili, la spesa sanitaria in Italia è oggi di 160 miliardi di euro, di cui 40 corrispondono alla spesa privata out of pocket delle famiglie – circa un quarto della spesa complessiva – mentre poco più di 5 miliardi sono intermediati da fondi sanitari integrativi di natura contrattuale, casse di assistenza sanitaria, società di mutuo soccorso e, più in generale, da tutti gli enti che operano nel settore della sanità integrativa.

 

Più specificamente, la quota di spesa privata pro capite annua per le famiglie è arrivata a circa 600 euro; di contro, quella intermediata pro capite è di 70 euro, ovvero il 12% di quella privata e il 3% di quella totale, qualora si considerasse la componente pro capite di spesa pubblica pari a circa 1.800 euro.

 

“Star bene per far star bene tutti”, riassume il concetto che è alla base della scelta di inserire nei piani di welfare aziendale prestazioni per garantire il rimborso delle spese mediche, la cura e la promozione della salute e del benessere in azienda. “Stiamo facendo molto su questo fronte e ci crediamo perché consente un risparmio di costi sia per il Servizio sanitario nazionale (Ssn) sia per le aziende”, spiega Antonio Corrias, Responsabile Marketing e Sviluppo Associativo Assidim.

 

“Crediamo nell’equazione dipendente sano, azienda più performante. Quello che si vuole dimostrare perché è una leva strategica per chi in azienda si occupa di gestione del personale è che l’investimento in welfare genera un ritorno economico e sociale”. Le casse di assistenza sanitaria non sono enti profit e, precisa Corrias, “garantiscono, in virtù di un approccio mutualistico e solidale, una distribuzione equa dei rischi e conseguentemente dei costi”.

 

Ripartire dalla prevenzione

 

All’interno della spesa sanitaria privata, una parte importante è costituita dai servizi specialistici ambulatoriali che ammonta a più del 50% del totale, di cui la metà circa è riconducibile alle cure dentarie, mentre la restante parte di spesa si concentra prevalentemente su beni e servizi sanitari, di cui il 21% sono farmaci in senso stretto.

 

“Gli italiani spendono molti soldi in farmaci e la spesa sanitaria è nel tempo un bene non comprimibile. Se la fascia di popolazione più povera spende tanto in medicinali è perché investe poco in prevenzione. Uno dei grandi temi su cui Assidim insiste è quello della prevenzione, a partire dagli stili di vita e dall’alimentazione”, spiega Francesco Capria del Centro Studi Assidim.

 

Le cure dentarie sono una voce di spesa altrettanto significativa. “Un’assistenza sanitaria senza questo tipo di garanzia è decisamente precaria perché le cure dentarie hanno un peso importante sul bilancio familiare. Cure dentarie che hanno un’incidenza elevata il cui massimale è quasi sempre esaurito non essendo cure occasionali ma continuative per il dipendente e il relativo nucleo familiare.

 

Per rispondere a bisogni ed esigenze di questo tipo, Assidim si avvale di un network di strutture convenzionate, MyRete, che conta più di 1.000 centri odontoiatrici su tutto il territorio nazionale”, afferma Alberto Castelli, Account Executive di Assidim.

 

Consolidare il sistema multipilastro di welfare

 

La sanità riflette le disuguaglianze sociali ed economiche esistenti tra le varie regioni italiane. “Oggi esistono 20 sistemi sanitari regionali diversi, quindi dobbiamo chiederci se ha ancora senso parlare di Ssn o se sarebbe più corretto parlare di servizi sanitari regionali diversi e fortemente diseguali in termini di accesso e qualità delle cure, mobilità sanitaria, servizi territoriali, ecc…”, sostiene Capria. “Un cittadino su cinque del Sud si ricovera al Nord, per esempio. E questo è un dato allarmante”.

 

La sanità integrativa nel tempo si è “democratizzata” e, da appannaggio dei soli imprenditori e manager, grazie anche alla crescita del welfare contrattuale e quindi di piani di assistenza inseriti nei Ccnl, ha saputo ampliare la platea degli assistiti. “Ormai ci sono quasi 14 milioni di beneficiari di prestazioni sanitarie integrative, il 25% della popolazione nazionale”.

 

È inoltre opportuno rilevare il cambiamento dei comportamenti di consumo nel corso degli ultimi anni: “Un dato che emerge è che non ci si sposta nel privato solo per le inefficienze del pubblico, ma anche perché si vuole scegliere il professionista o modalità e tempi della visita specialistica”, spiega Capria.

 

A ciò si aggiunge che sempre più spesso, per alcune prestazioni specialistiche ambulatoriali, i costi sono quasi più competitivi nel privato rispetto al sistema pubblico, dove ticket e superticket – abolito con l’ultima legge di Bilancio – nonché i tempi di attesa variano da regione a regione.

 

C’è anche un altro aspetto che, per certi versi, può sembrare paradossale ma non lo è: la spesa sanitaria privata è più alta nelle regioni dove il sistema pubblico funziona meglio. Questo si spiega perché gli italiani vogliono stare meglio e cambia il concetto di salute, non più legato soltanto alla cura della malattia bensì al benessere fisico, psicologico e sociale.

 

È pertanto necessario che si consolidi un sistema multipilastro del welfare in cui, al primo pilastro pubblico, si accompagni l’azione di stakeholders privati che vanno ad arricchire, attraverso fonti di finanziamento integrativo, le prestazioni garantite universalmente a tutti i cittadini dallo Stato”.

 

In tal senso, “la strada del mantenimento nei prossimi anni dei benefici fiscali è senz’altro auspicabile perché rappresenta la maggior leva per le aziende che vogliono proporre piani di assistenza sanitaria integrativa ai propri dipendenti e familiari e, perciò, a beneficio di ampie collettività”.

 

“Noi operatori della sanità integrativa abbiamo un ruolo fondamentale all’interno di un ecosistema molto articolato e diversificato, dove il singolo cittadino che necessita di cure mediche è oggi diventato un centro decisionale”, conclude Capria.

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claudia.luise@tuttowelfare.info