Dal feedback al forward: valutare la qualità del welfare

Dal feedback al forward: valutare la qualità del welfare

In tempi di trasformazione digitale le tecnologie offrono la grande occasione per potenziare la produzione, ma possono rivoluzionare anche gli ambiti più ‘umani’ dell’azienda.

 

Da tempo gli esperti di welfare spiegano l’importanza di costruire piani di benessere ascoltando le persone, partendo quindi dalle reali esigenze dei collaboratori. Solo dopo la fase di ascolto ci si può concentrare alla pianificazione dei benefit e quindi alla comunicazione del piano per aumentare il tasso di adesione. E già chi persegue questa strategia può ben giovare delle enormi potenzialità messe a disposizione della tecnologia.

 

Ma è già ora di valutare un ulteriore passo in avanti, prendendo spunto dall’industria manifatturiera. In ambito industriale esistono da tempo strumenti in grado di distribuire le informazioni dal centro alla periferia dell’organizzazione, consentendo, a chi deve prendere le decisioni, di avere tutti i dati a disposizione. Non per nulla i plant produttivi sono disseminati di device che trasmettono i dati, attraverso reti sempre più veloci e performanti, che sono poi gestiti a livello centrale da un software in grado di trasformarli in informazioni. In pratica, le aziende ‘smart’ leggono ciò che succede in real time grazie alle nuove tecnologie (Internet of Things e Intelligenza Artificiale su tutte).

 

Misurare la qualità dei servizi

 

In ambito welfare-risorse umane, quello appena descritto è assimilabile all’approccio del feedback che ha almeno due risvolti: da una parte consente alla Direzione HR di conoscere il reale coinvolgimento delle persone nei piani di welfare, potendo visualizzare in comode dashboard l’utilizzo dei vari beni o servizi messi a disposizione; dall’altra permette di ‘valutare’ i fornitori scelti.

 

Legato a quest’ultimo aspetto è il tema della qualità dei beni o servizi di welfare. I provider, infatti, hanno il compito di fornire risposte attraverso un pacchetto ampio di servizi che soddisfino le richieste della popolazione aziendale, sfruttando – inutile nasconderlo – i vantaggi fiscali e contributivi. Dopo la nascita di un gran numero di provider, i player del settore sono alla ricerca degli elementi di distinzione su cui poter competere e la qualità dei servizi è una leva fondamentale per competere.

 

Quando si parla di qualità, però, non si intende solo la perfezione del prodotto – tema più legato a una visione del Novecento – né la prevenzione dei difetti – questa propria del periodo dell’automazione industriale – bensì la cura di tutto il processo nel quale sono coinvolti, oltre ai soggetti ‘produttori’, anche i clienti, la cui soddisfazione diventa centrale per il successo.

 

Anche nel welfare serve quindi rispondere all’aspettativa del ‘consumatore’. Ma c’è una dose di difficoltà in più: trattandosi di servizi alla persona entra in gioco anche la soggettività nella percezione della soddisfazione che influisce sulla qualità percepita che potrebbe essere molto lontana da quella ‘progettata’ dall’organizzazione e resa disponibile dai provider.

 

La logica del feedback continuo e la gestione del flusso di informazioni dalla periferia al centro può consentire di adeguare l’offerta di welfare, anche se la questione della qualità dei beni e servizi è ancora in fase di studio. Di certo c’è che un’azienda in grado di maturare la consapevolezza dell’importanza del tema riuscirà a strutturare un’offerta di servizi di welfare più soddisfacente.

 

Leggere i dati e predire il futuro

 

La qualità non si lega però solo alla soddisfazione generata dal servizio, ma ha legami anche con l’accessibilità a quel servizio. E soprattutto l’azienda deve curarsi che il lavoratore non abbia la percezione di essere oggetto di un’operazione volta al mero risparmio fiscale e contributivo per l’azienda: quanto più le persone si sentiranno inserite in un sistema di facile fruizione di prestazioni di qualità al servizio del suo bisogno, tanto più ne comprenderanno i vantaggi. Il valore generato prevede, inoltre, ricadute positive per sé in termini di benessere e per l’organizzazione stessa grazie a un maggior attaccamento e – con molta probabilità – a una crescita della produttività.

 

Pur essendo quello del feedback continuo – magari agevolato dalle tecnologie – uno scenario futuristico per tante aziende (in particolare per le Piccole e medie imprese), voglio proporre un ulteriore step, proprio come quello che stanno facendo le aziende ‘4.0’ che non si limitano a ‘leggere’ il passato – sebbene su dati in real time – ma provano a interpretare il futuro partendo dalle informazioni a disposizione.

 

Ciò che serve è passare dall’approccio del feedback – che poi non vuol dire altro se non recuperare le conoscenze del passato per risolvere i problemi di oggi – al feed forward. A parlarne è stato di recente Stefano Zamagni, Professore Ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna e Fondatore della Scuola di Economia Civile, secondo cui le aziende sono chiamate a giocare d’anticipo e a trovare soluzioni per la comunità nella quale l’impresa è inserita.

 

Sgombriamo il campo da ogni equivoco e da false interpretazioni: non vuol dire il ritorno al welfare di stampo paternalistico – di cui oggi abbiamo qualche reminiscenza con le città di fondazione, diventate nel tempo dei musei a cielo aperto e, peggio, in qualche PMI di imprenditore che si considera ‘illuminato’ – bensì di co-costruire una nuova società che sappia prevedere (e soddisfare) le necessità delle persone, lavoratori o meno sia dentro sia fuori l’azienda.

 

Il caso più emblematico è quello relativo alle scuole o alla sanità del territorio: se questi enti non sono in grado di rispondere in maniera adeguata ai bisogni delle persone, l’impresa non può rimanere indifferente né attendere che arrivi l’alert da qualche device di ultimo grido. Perché quando si manifesterà la necessità, sarà troppo tardi agire. Ed è proprio la differenza che sta tra l’analisi dei dati del presente e la capacità di predire il futuro.

 

L’articolo è stato pubblicato su Touchpoint Magazine, nella rubrica ‘Comunicazione e Welfare’ curata da Tuttowelfare.info.

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