Il mental coach nel welfare aziendale

Il mental coach nel welfare aziendale

Un personal trainer che allena la mente. Ecco la nuova figura introdotta nell’ambito benessere da Day e Gruppo Hrd.

 

È recente la notizia dell’entrata, all’interno dei servizi promossi in ambito del welfare aziendale, della figura del mental coach: è frutto di un accordo tra Day, da più di 30 anni nel mercato dei buoni pasto e tra i principali provider di servizi di welfare aziendale, e il Gruppo Hrd, la società fondata da Roberto Re che dal 1992 si occupa di corsi di formazione a più livelli.

 

Per capire meglio di che cosa si tratta, Tuttowelfare.info si è confrontato con Paolo Gardenghi, Responsabile welfare di Day. “In Italia nel 2016 è esploso il mercato del welfare aziendale, che è relativamente recente nella forma, ma ha avuto un’evoluzione importante negli ultimi anni. Un mercato che cresce come volume, ma anche come offerta: all’inizio, quando si parlava di welfare, si pensava principalmente a sanità integrativa e previdenza integrativa; ora, invece, si è più orientati nel dare risposte alle necessità complessive del lavoratore, che non si limitano a questi ambiti”.

 

Gardenghi si riferisce a benefit e servizi integrativi, che vanno oltre la retribuzione monetaria: “Credo che bisogna concentrarsi molto su questo aspetto, soprattutto le aziende che hanno bisogno di attrarre o trattenere dei talenti. La principale richiesta dei lavoratori, dopo la parte economica e dell’orario di lavoro, va spesso nella direzione della formazione, che rientra a pieno diritto nelle misure di welfare. C’è anche tutta la parte dei servizi legati al benessere psicofisico: palestra, massaggiatore, fisioterapista…”. Ed è qui che si inserisce il mental coach, che il manager di Day definisce come “il personal trainer che allena la mente”.

 

Sostegno per migliorare il work-life balance

 

Ma i dipendenti sono consapevoli delle potenzialità del mental coach e dell’importanza di affidarsi a un professionista del genere? Gardenghi non ha dubbi: “C’è sempre più consapevolezza dell’importanza di tale ruolo, ed è il motivo per cui l’abbiamo messo a catalogo: ci viene chiesto, perché è interesse sia del lavoratore migliorare le proprie capacità sia delle aziende di avere all’interno del proprio organico dipendenti che hanno lavorato con questi professionisti”.

 

Il parallelismo va al mondo dello sport, come suggerisce lo stesso Responsabile Welfare di Day: “Ormai non c’è più uno sportivo di livello privo di un mental coach”. Probabilmente l’entrata di questa figura nel mondo dello sport e, di conseguenza, l’attenzione che ne è derivata nell’opinione pubblica, ha aiutato il mental coach a farsi spazio anche nel welfare aziendale.

 

“Negli ultimi tempi ho notato che quando in Day elaboriamo il piano formativo interno, tra le richieste prima si programmavano principalmente corsi di inglese e tecniche di vendita. Oggi, invece, spesso si richiede un altro tipo di supporto: si cerca una figura che aiuta non solo sul lavoro”. Un esempio concreto di aiuto offerto dal mental coach? “Nel rapporto tra vita privata e vita lavorativa, questo professionista deve lavorare per ‘spostare’ il baricentro della vita delle persone”.

 

Difficile, però, ipotizzare che tutti i dipendenti siano pronti a rapportarsi con il mental coach: probabile che, a certi livelli, ci siano altre priorità. Ed è un aspetto confermato anche dal Responsabile Welfare di Day: “Stiamo parlando di fasce di popolazione aziendale alte e medio-alte, e anche con un’adeguata disponibilità di crediti welfare”.

 

Il mental coach, tuttavia, non è utile solo per il dipendente: anche i figli possono giovarne. “Ci sono giovani di 14-15 anni che sono seguiti da questa figura. Prima si cercava chi aiutava i figli a svolgere i compiti il pomeriggio dopo la scuola, oggi si cerca anche qualcosa di diverso”.

 

Secondo Gardenghi, in fondo, “non si capisce perché si debba avere un allenatore che ti sprona a correre più forte per riuscire meglio in uno sport, e non avere, poi, nessuno che ti aiuti nell’aspetto più importante, che è quello mentale”: “Credo sia sbagliato trascurarlo e avere un approccio ‘dilettantistico’. Ci sono, invece, tecniche e metodiche fornite da professionisti, e questo non è una cosa che si improvvisa”.

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