Smart working, welfare in caso di pioggia
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Smart working, welfare in caso di pioggia

Dal 2018 sempre più diffuso in Italia, il lavoro agile è una modalità di lavoro che può anche salvaguardare la sicurezza delle persone e consentire all’azienda la continuità del business. È il caso delle iniziative promosse dal Comune di Genova e dalla Cassa di Risparmio di Cento.

 

Nonostante più di un terzo delle aziende italiane (38%), a fine 2018, si fosse dichiarato “completamente disinteressato” all’introduzione dello Smart working nei piani di welfare aziendale, è innegabile che questa nuova tipologia di lavoro stia prendendo sempre più piede anche in Italia, seppure con velocità diverse a seconda delle varie regioni italiane e delle dimensioni delle stesse imprese.

 

Come evidenziano i risultati di un’autorevole ricerca sul tema, nel 2018 gli smart worker – ovvero quei lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali adatti a lavorare in mobilità – sono aumentati del 20% rispetto al 2017.

 

Inoltre, è emerso che oltre una grande impresa su due (56%) ha avviato progetti strutturati di lavoro agile. A queste, bisogna aggiungere il 2% di aziende che ha realizzato una qualche iniziativa e l’8% che, invece, prevede di introdurre progetti in futuro. Il risultato? Circa due grandi organizzazioni su tre stanno già sperimentando una qualche forma di Smart working. Tra le Piccole e medie imprese (PMI), al contrario, l’adozione di questa metodologia di lavoro è restata sostanzialmente invariata rispetto al 2017: l’8% ha ‘progetti strutturati’ e il 16% ‘informali’.

 

Ma ci sono realtà in Italia nelle quali lo Smart working assume anche un altro – e forse ancora più fondamentale – significato, perché si configura come l’unica soluzione volta a salvaguardare non solo la sicurezza dei lavoratori, ma anche la continuità del lavoro. Il nostro Paese è purtroppo soggetto, per la sua posizione e la conformità del territorio, a eventi naturali a volte anche catastrofici. Per prevenire le tragedie, da tempo la Protezione civile è solita diramare l’allerta meteo, un avviso istituzionale ufficiale utile per la prevenzione dei rischi connessi ad eventi meteo. L’allerta di grado ‘rosso’ è l’avviso di più elevata criticità (gli altri colori sono ‘giallo’ e ‘arancione’) e avverte del grave pericolo di possibili perdite di vite umane.

 

È proprio in queste situazioni che lo Smart working può diventare la soluzione per garantire l’incolumità dei dipendenti ed evitare l’interruzione del lavoro, in particolare in quelle zone del Paese particolarmente coinvolte dagli eventi climatici. Inoltre, a giovarne sarebbe anche il traffico nelle strade, che subirebbe un concreto decongestionamento a favore dell’intervento di eventuali soccorritori.

 

Assicurare la business continuity

 

Genova, in questo, è stata pioniera: il Comune – “Unico in Italia”, come ha spiegato l’Assessore al Personale e alle Pari opportunità Arianna Viscogliosi – ha messo a punto un sistema per utilizzare lo Smart working in caso di allerta rossa, evitando quindi l’interruzione delle attività delle aziende, le cui aziende diventano irraggiungibili dai dipendenti. Nel 2018 è stato sottoscritto anche un protocollo d’intesa che ha prodotto una rete cittadina, coordinata dal Comune di Genova, con soggetti pubblici e privati impegnati nello sviluppo del lavoro agile.

 

“Se si guarda alla storia dello Smart working inteso come flessibilità oraria e possibilità di fare Remote working, si scopre che questa modalità di lavoro si è sviluppata in Nordamerica proprio per agevolare quei lavoratori costretti a raggiungere sedi di lavoro in condizioni climatiche avverse”, spiega Arianna Visentini, President e CEO di Variazioni, azienda con sede a Mantova che si occupa di progetti di work-life balance e Change management all’interno delle imprese.

 

“Dal punto di vista, invece, dello scenario italiano, quella di Genova è sicuramente un’ottima iniziativa. Già anni fa, prima del crollo del Ponte Morandi, la città non era certo estranea a eventi atmosferici che rendevano difficoltosi gli spostamenti, quindi stava già coltivando la cultura del lavoro agile. Noi oggi supportiamo il Comune, nostro cliente, nella sperimentazione dell’ampliamento di questa tipologia di lavoro”.

 

Offrire fiducia alle persone

 

In Italia, secondo quanto spiega Visentini, cultura e organizzazione dividono il nostro Paese in tre macro aree. “Il caso di Milano è a sé: è una città ad alta intensità tecnologica ed è all’avanguardia in tema di Smart working”. Cambia lo scenario se prendiamo in considerazione le regioni del Nord Italia e l’Emilia Romagna, “che stanno cominciando a capire le potenzialità del lavoro agile”. Infine c’è il resto d’Italia, “che è ancora lontano dall’adottarlo, fatta eccezione per le città più importanti, come Firenze e Roma”.

 

L’arretratezza è prima di tutto culturale, “perché c’è una scarsa capacità di vedere una modalità diversa di intendere il lavoro”. Il ragionamento coinvolge in pieno il tema della fiducia nei dipendenti. “Nei vari training che organizziamo”, commenta la President e CEO di Variazioni, “spieghiamo ai manager che la fiducia bisogna crearla a priori, contestualmente alla possibilità di avere strumenti capaci di misurare le performance dei lavoratori”.

 

Ma è innegabile che la mancanza di fiducia implichi costi per l’azienda e, anzi, rischia di generare anche un circolo vizioso: il dipendente, conscio che il capo non si fida dei suoi collaboratori, non si assume alcuna responsabilità. Il risultato? Si blocca la crescita e la responsabilizzazione dell’individuo.

 

Quando però il dipendente decide di sperimentare questa nuova modalità di lavoro, magari supportato dal team di Variazioni, si creano scenari sorprendenti: “Spesso anche i più scettici ci dicono con stupore e soddisfazione, dopo la prima fase di prova, di aver finalmente compreso di poter fare un percorso per diventare più efficienti e ‘smart’, oppure di non aver mai saputo di possedere alcune skill e competenze fino a quando non si sono ritrovati a pianificare e gestire il lavoro in totale autonomia”.

 

Fare di necessità virtù

 

Chi ha trasformato l’emergenza in una leva per introdurre lo Smart working in azienda come nuova modalità di lavoro è il Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Cento. “Ho sempre cercato di spingere verso il lavoro agile, perché vedevo che stava dando ottimi risultati non solo nel settore bancario, dove operiamo noi, ma anche in altri contesti”, spiega Lucia Landi, HR Manager del Gruppo.

 

“Tuttavia incontravo la forte resistenza da parte dei manager, perché purtroppo in Italia c’è ancora una cultura del controllo molto radicata. Aggiungiamo il fatto che nella nostra banca c’è ancora un livello di conoscenza individuale e su alcune persone la fiducia non era altissima. Insomma, lo scenario non era facile”.

 

La ‘svolta’ è arrivata nell’inverno del 2018. “All’epoca scattò l’allerta meteo e mi è venuta in mente di sfruttare il particolare momento per far capire ai manager che potevano lavorare in un altro modo, a parità di risultati di efficienza e performance”. Così la manager diffuse la comunicazione con la quale invitava le persone che percorrevano lunghi tragitti per venire al lavoro – visto il maltempo – a contattare l’ufficio delle Risorse Umane per allocarsi in una filiale più vicina e non per forza in sede. Non solo: “Li invitavo inoltre a farsi un selfie in filiale e mandarcelo, con l’hashtag #snowworking, per creare coinvolgimento”.

 

Trasformare l’idea in un processo condiviso non fu però facile. Anzi, qualcuno mi ricordò che solitamente in questi casi le persone ricorressero all’uso delle ferie. “Ma perché, replicavo, se uno vuole lavorare è costretto a non farlo?”. E così la ‘prova’ di Smart working causa neve durò tre giorni. La neve passò, lasciando però alcuni risultati: non c’era stato alcun disservizio, le persone erano felicissime e i responsabili hanno dovuto ammettere che tutto aveva funzionato alla perfezione.

 

Ma i vantaggi sono stati anche altri: “Se normalmente c’è una divisione tra personale di filiale e direzione, questa iniziativa ha fatto in modo che chiunque potesse ‘vivere’ la filiale, alla base del nostro business, favorendo anche interazioni tra diversi livelli di personale. Inoltre c’è stato anche un risparmio per l’azienda per quanto riguarda le indennità chilometriche, oltre che una maggiore sostenibilità ecologica”.

 

Questo esperimento così positivo ha poi convinto la manager a strutturare il progetto di Smart working. “Mi sono confrontata con le organizzazioni sindacali, con cui abbiamo sottoscritto un accordo per il lavoro agile per determinate categorie di lavoratori e abbiamo creato una sorta di codice di condotta. A oggi il sistema funziona perfettamente”.

 

Landi può quindi già fare un primo bilancio della nuova modalità di lavoro: “Grazie allo Smart working, ora le persone si sentono più responsabilizzate, c’è stato un incremento di produttività e maggiore soddisfazione, non si sono perse ore preziose nel tragitto casa-lavoro e viceversa. L’accordo sindacale prevede la fruizione di massimo due giorni a settimana, di norma gli stessi (ma su richiesta possono variare) e comunque concordati con il proprio responsabile”.

 

Da parte dell’azienda c’è sempre lo sforzo di garantire che il processo lavorativo sia fluido, per questo è stato digitalizzato tutto, compresi gli archivi, “in modo che chiunque possa fare il proprio lavoro anche da remoto, grazie al proprio computer”.

 

E, per chi finisse per non riuscire più a gestire tutta la tecnologia messa a disposizione, il Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Cento organizza anche corsi di digital detox (“Ci hanno già dato grandissima soddisfazione”). Uno dei temi è l’uso consapevole del cellulare: “Se vai in riunione e guardi tutto il tempo lo smartphone, è solo uno spreco di tempo sia per te sia per l’azienda”.

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