Una nuova primavera per le Società di mutuo soccorso

Una nuova primavera per le Società di mutuo soccorso

Tra l’offerta pubblica e quella privata di welfare esiste un’alternativa: sono le Società di mutuo soccorso. La recente indagine Isnet offre una fotografia di un settore dinamico e tendenzialmente in crescita. Sono 995 le Sms esistenti oggi in Italia, metà delle quali distribuite tra Piemonte, Lombardia, Liguria e Valle d’Aosta.

 

Pubblico o privato? Di fronte a questa alternativa sono più di 1 milione gli italiani che, in particolare in campo sanitario, scelgono una terza via. Stiamo parlando delle Società di mutuo soccorso (Sms), realtà affacciatesi per la prima volta sul panorama nazionale nel corso del XIX secolo e che, oggi, complice il ripiegamento del welfare state, stanno vivendo un momento di grande espansione.

 

La chiave di questa ritrovata vitalità sta nella capacità di queste forme associative di fornire una risposta, solidaristica e sussidiaria, ai bisogni inevasi dal welfare pubblico, senza vincoli di età, condizioni di salute o categoria. Si tratta di enti senza fini di lucro fondati sul principio di sussidiarietà, infatti, a esse può rivolgersi qualunque cittadino che voglia contribuire, attraverso la propria quota associativa, a un fondo comune per tutelarsi dai rischi legati alle malattie e agli infortuni. Il socio ha diritto a una assistenza a vita (il diritto di recesso è esclusivamente a favore del socio) e ha la possibilità, attraverso il voto, di partecipare alla governance della Sms.

 

L’essenza della ‘missione’ mutualistica si concretizza nella condivisione partecipata dei bisogni e nella ripartizione delle risorse disponibili per farvi fronte. I servizi offerti vanno dall’erogazione di trattamenti e prestazioni socio-sanitarie all’assistenza familiare, dai sussidi per le spese sanitarie ai contributi economici ai soci in condizione di disagio economico. E ancora: trasporti, visite specialistiche, onoranze funebri, attività di carattere educativo e culturale.

 

Nel 2017, i dati raccolti dalla seconda indagine nazionale condotta da Isnet raccontano che le Sms che operano in ambito socio-sanitario hanno erogato sussidi e prestazioni ai propri soci per 141 milioni di euro, pari al 63% dei 223 milioni di euro raccolti nello stesso anno dai contributi associativi.
Numeri che acquistano una rilevanza ancora maggiore se si pensa che, sempre nel 2017, secondo il Censis 44,1 milioni di italiani hanno speso risorse private (in totale 39,7 milioni di euro) per prestazioni sanitarie non coperte dal Servizio sanitario nazionale (Ssn), mentre altri 12 milioni sono stati costretti a rinunciare a curarsi a causa dei costi troppo elevati. È anche e soprattutto a questo bacino che si rivolgono le mutue integrative. Tuttavia, molti non sanno della loro esistenza.

 

Eppure otto su 10 delle Sms attive oggi in Italia esistevano già nel 1924, la metà addirittura nel 1886. La prima, nel 1848, fu la Società generale degli operai di Pinerolo, in Piemonte. A preparare il terreno per la nascita del mutualismo, oltre all’industrializzazione del Paese, fu, quello stesso anno, la promulgazione dello Statuto Albertino. Già nel 1884, il primo censimento nazionale voluto dai Savoia contava 857 Sms. Vent’anni dopo erano 6.535, concentrate soprattutto nel Nord, con quasi 1 milione di soci. Poi il declino con la nascita delle prime casse nazionali di assicurazioni, il Fascismo e, nel 1933, la nascita dell’Inps. Fino all’istituzione, nel 1978, del Ssn che sembrava dovesse segnare la fine dell’esperienza delle Sms.

 

Settore dinamico e in crescita

 

Quarant’anni dopo, invece, le Sms sono ancora qui. L’indagine Isnet, i cui risultati sono stati presentati a inizio aprile 2019, fotografa un settore dinamico e tendenzialmente in crescita.
Sono 995 le Sms esistenti oggi in Italia, metà delle quali distribuite tra Piemonte, Lombardia, Liguria e Valle d’Aosta. Un dato in leggero calo rispetto alla prima indagine Isnet che nel 2016 ne contò 1.114. Ma se si considerano esclusivamente quelle ‘attive’, ovvero quelle che svolgono attività non occasionali a favore dei soci, i numeri sono in crescita con un aumento del 7,8%, da 509 a 532. Tra queste le più numerose sono quelle che svolgono attività socio-sanitarie, il 61% del totale, con un aumento di 6,6 punti percentuali rispetto a due anni fa. E più di due terzi tra quelle che attualmente non svolgono attività in quest’ambito progettano di farlo nei prossimi 12 mesi.

 

Positivo anche il ‘sentiment’ sul numero dei soci con il 42% delle Sms (erano il 38% due anni fa) che prevedono un incremento, con un picco del 51% tra quelle che svolgono attività in ambito sanitario, mentre sono passate da 16,5% al 13,5% quelle che prevedono una diminuzione dei soci. L’aumento maggiore, però, è tra il personale assunto con contratto che nell’arco di due anni è più che raddoppiato, passando dal 3,3% del 2016 all’8,7% del 2018, segno della vitalità del comparto. Anche qui a fare da traino sono le società che erogano servizi sanitari, nelle quali è assunto il 12,1% del personale.

“Il rapporto fotografa un fenomeno in crescita, dovuto soprattutto a un aumento della domanda di sanità integrativa”, commenta con Tuttowelfare.info Placido Putzolu, Presidente della Federazione italiana mutualità integrativa volontaria. “La platea si è allargata e l’età media dei soci si è abbassata”. Insomma, lungi dal rappresentare un modello del passato, le Sms sono più vive che mai, proprio grazie alla loro capacità di integrare il settore pubblico rispondendo alle nuove esigenze della società.

 

Non è un caso che la riforma del terzo settore, nel 2017, le abbia incluse tra gli Enti di Terzo Settore. Tra le novità che ne conseguono, le più importanti sono il criterio della mutualità mediata, grazie al quale “una piccola Sms può avvalersi dell’apporto di mutue più strutturate e competenti per erogare servizi senza perdere il rapporto con i propri soci” e la possibilità di istituire o gestire Fondi sanitari integrativi, importanti strumenti di sostegno alla spesa sanitaria privata.

 

“È un passo importante, ora bisogna sostenere interventi normativi per allargarne la platea”, prosegue Putzolu. “La mutualità volontaria è oggi investita di nuovi ruoli e nuove sfide: da un lato dobbiamo affinare i nostri strumenti e la nostra capacità di intervento, dall’altro dobbiamo rispondere a bisogni che stanno cambiando con l’aumento dell’aspettativa di vita”. La nuova frontiera è la non-autosufficienza.

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andrea.lavalle@tuttowelfare.it