Il declino dei contratti di produttività
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Il declino dei contratti di produttività

Molte aziende preferiscono rinviare la stipula di contratti con strumenti premiali perché i margini aziendali sono fortemente compressi, tra ritardi negli approvvigionamenti e aumento dei prezzi dell’energia

 

Mentre aziende come Unicredit e Ferrari annunciano bonus produttività di oltre 1000 euro per i propri dipendenti, in Italia calano gli accordi legati a questo strumento premiale. Secondo gli ultimi dati (gennaio 2022) del report del Ministero del Lavoro, infatti, sono 6.379 i contratti di produttività attivi: 5.572 aziendali e 807 territoriali. Il documento fotografa una situazione di blocco per le imprese, dal momento che si registra un calo di oltre la metà rispetto ai contratti attivi a dicembre 2021 (14.196). Anche il numero complessivo dei lavoratori coinvolti è in flessione: poco più di 2 milioni, mentre a dicembre 2021 erano circa 3,5 milioni. Dei contratti attivi, 5.027 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 3.798 di redditività, 3.250 di qualità, mentre 828 prevedono un piano di partecipazione e 3.889 misure di welfare aziendale (il valore annuo medio del premio è 1.495 euro).

 

Il 70% degli accordi riguarda il Nord Italia, in particolare la Lombardia (1.745). La dimensione delle aziende che li hanno stipulati riflette, senza dubbio, la struttura produttiva italiana, caratterizzata in maggioranza da Piccole e medie imprese (PMI): per il 47%, infatti, sono aziende con meno di 50 addetti, per il 16% quelle tra i 50 e i 99, e per il 37% imprese con oltre 100 dipendenti. Il 60% dei contratti depositati si riferisce ai Servizi, il 39% all’Industria e solo l’1% all’Agricoltura.

 

Roberto Benaglia, Segretario Generale della Federazione italiana metalmeccanici (Fim), ha dichiarato in un’intervista a Il Sole 24Ore che il rallentamento nella stipula di nuovi accordi non lo ha lasciato stupito perché, nell’attuale quadro di incertezza, molte aziende, soprattutto le PMI, preferiscono rinviare la stipula di nuovi contratti di produttività in quanto i margini aziendali sono fortemente compressi, tra ritardi negli approvvigionamenti a causa dei blocchi della Logistica e l’aumento dei prezzi dell’energia.

 

Un’azienda su tre ha registrato cali di fatturato

 

A proposito di costi, una recente nota stampa dell’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre – Cgia ha, infatti, rivelato che le piccole aziende pagano l’energia elettrica il 75,6% in più rispetto alle grandi. E per il gas la percentuale sale a +133,5%. La nota è basata sugli ultimi dati di Eurostat, relativi al 2021, dove è lampante il caro energia presente in tutto il Paese. Nel giro di tre anni, l’importo della bolletta della luce è pressoché raddoppiato. Inoltre la pandemia, che ha colpito la gran parte dei settori economici, non ha risparmiato nemmeno le Supply chain delle industrie italiane, che dall’inizio del 2020 si sono trovate a fronteggiare forti ritardi nella fornitura di materie prime e altre componenti essenziali per la catena produttiva.

 

In parte – come si legge nell’ultima analisi di Prometeia e Intesa Sanpaolo sui settori industriali – si tratta di un rallentamento in linea con la normalizzazione della crescita mondiale, con le varianti Covid Delta e Omicron a generare restrizioni e nuovi rallentamenti nella logistica internazionale. L’Istat segnala invece criticità sul fronte dei tempi di consegna all’estero, ostacolo vissuto dal 19% delle aziende. Per esempio nel settore delle macchine utensili, prima della pandemia, per passare da un ordine alla consegna bastavano in media cinque mesi, ora si è passati a nove.

 

E questo problema non riguarda solo le aziende italiane, come si evince da uno studio pubblicato da Reichelt elektronik, distributore online di elettronica e di tecnologie IT, secondo cui, infatti, il 36% delle imprese europee interpellate ha confermato i ritardi nell’accesso alle risorse. Un rallentamento generale che nel 18% dei casi ha avuto come conseguenza un fermo della produzione totale, nel 13 % tra i 61 e i 90 giorni, nel 28% dai 31 ai 60 giorni e, infine, nel 30% dei casi dagli 11 ai 30 giorni. Le interruzioni, stando sempre al report di Reichelt elektronik, hanno comprensibilmente un impatto sul fatturato delle imprese coinvolte, con il 36% delle aziende italiane di dimensioni medie (dai 50 ai 249 dipendenti) che ha registrato un calo di fatturato che si aggira tra i 50 e i 100mila euro. Si capisce bene allora come, in questo contesto, stipulare nuovi contratti di produttività possa non rientrare tra le priorità.

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