Italiani sempre più soli, vecchi e con poche risorse per curarsi

Italiani sempre più soli, vecchi e con poche risorse per curarsi

Lo dice il rapporto annuale 2018 dell’Istat. Ma non mancano le buone notizie come l’aumento dei posti di lavoro e un leggero incremento della spesa per la protezione sociale.

 

 

I numeri del Rapporto annuale dell’Istat 2018 presentato il 16 maggio parlano chiaro e cancellano ogni incertezza. L’Italia è un paese dove la popolazione invecchia, la povertà assoluta è in aumento (28,7% delle persone è a rischio di povertà o esclusione).
Il tasso di natalità
ridotto ai minimi termini (2016, anno in cui sono venuti al mondo solo 474 mila bambini), piazza  lo Stivale  al secondo posto della classifica dei paesi più vecchi al mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. La popolazione in età attiva, tra i 15 e i 64 anni, corrisponde al 64,2% del totale, mentre gli over 65 sono oltre 13 milioni e mezzo, superando per la prima volta la fetta del 22%.  Anziani che si sentono sempre più fragili e soli: il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno sociale. Ed è tornato a salire l’indicatore di “grave deprivazione materiale”, quello che rileva la quota di persone in famiglia che dichiarano di sperimentare almeno quattro sintomi di disagio su un insieme di nove, passato dall’11,5% del 2015 all’11,9%.  Ma in difficoltà sono anche le famiglie in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione, è stata esclusa dal mercato del lavoro o ha un lavoro part time. Particolarmente grave la condizione dei genitori soli, soprattutto con figli minori, e quella dei residenti nel Mezzogiorno, dove la fetta di persone gravemente deprivate risulta oltre tre volte più elevata che nel Nord.

 

Solo il 34% degli edifici scolastici del 1 ciclo è accessibile

 

E anche tra le giovani generazioni la debolezza del sistema sociale si fa sentire. Basti dire che nell’anno scolastico 2016-2017 nelle scuole del primo ciclo, statali e non, gli alunni con disabilità sono quasi 160 mila, il 3,5% del totale. Ma solo il 34% degli edifici scolastici del primo ciclo è accessibile e privo di barriere. Non solo. Sempre secondo l’Istat, in circa la metà dei fabbricati non accessibili mancano ascensori a norma, servoscala o rampe. Meno carenti sono servizi igienici scale o porte a norma. La normativa prevede un insegnante di sostegno ogni due alunni disabili: in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno si riscontra un rapporto vicino a un insegnante per ogni alunno con disabilità mentre nel centro e nel nord il rapporto si avvicina a quello previsto dalle norme. La situazione è capovolta per la presenza degli assistenti dell’autonomia e della comunicazione, figura finanziata dagli Enti locali: nel Mezzogiorno l’offerta è molto ridotta.

 

In aumento la spesa per la protezione sociale

 

Non mancano le notizie positive come quella che vede la spesa per protezione sociale  al 30% del Pil. Un dato superiore a quello registrato nei Paesi dell’Unione Europea che hanno speso mediamente il 28,5% del Pil. In questo contesto, però, le prestazioni sociali in denaro predominano su quelle in natura, con l’Italia che presenta il valore più elevato (il 22% del Pil).

 

Aumentano i posti di lavoro ma i salari restano al palo

 

Bene anche sul fronte del lavoro dove la ripresa del mercato, iniziata nel 2014, si è consolidata nel 2017 con un aumento di occupati stimati nella contabilità nazionale di 284.000 unità sul 2016 a fronte dei 324.000 in più registrati nell’anno precedente. La dinamica salariale invece è rimasta contenuta con le retribuzioni contrattuali per dipendente cresciute solo dello 0,6% in linea con il minimo storico registrato nel 2016.
Sull’altro piatto della bilancia troviamo la disoccupazione in calo. Se si sommano le persone che nel 2017 erano disoccupate con le forze lavoro potenziali, ovvero coloro che sono disposti a lavorare ma non cercano attivamente impiego o non sono immediatamente disponibili, si arriva a poco più di sei milioni di individui, in diminuzione rispetto ai 6,4 milioni del 2016. Le persone in cerca di occupazione nel 2017 erano 2,9 milioni con un calo di 105.000 unità sul 2016 (tasso all’11,2%). Le forze lavoro potenziali nell’anno erano 3,13 milioni con un calo di 213.000 unità sul 2016.

 

Pochi soldi per curarsi

 

Gli stipendi ingessati hanno tolto sempre più risorse agli Italiani per curarsi in caso di bisogno. La quota delle persone che ha rinunciato a una visita specialistica negli ultimi 12 mesi, perché troppo costosa, è cresciuta tra il 2008 e il 2015 dal 4 al 6,5% della popolazione e il fenomeno è più accentuato nel Mezzogiorno. Il risultato è che tra i gruppi sociali si osservano importanti diseguaglianze nelle condizioni di salute.

 

Disuguaglianze sociali in crescita

 

Il rapporto annuale dell’Istat ha dato spazio anche alle disuguaglianze urbane, mettendo a confronto la situazione in tre delle principali città italiane, Milano, Roma e Napoli, ed evidenziando come ci sia comunque quasi sempre un netto distacco tra il centro e la periferia. Il capoluogo lombardo ha una struttura radiale, a cerchi concentrici. Le aree più benestanti coincidono con quelle con i più alti valori immobiliari e si addensano soprattutto nelle zone centrali della città mentre le zone ad alta vulnerabilità si trovano tutte in periferia. Più complessa, invece, la situazione nella Capitale, dove emergono sia gli sviluppi borghesi di ‘Roma Nord’, sia i più recenti cambiamenti socio-economici di alcuni quartieri popolari dovuti al trasferimento di segmenti della popolazione benestante. Le zone più vulnerabili sono presenti anche in alcune aree centrali, anche se la loro concentrazione massima si registra nelle zone a ridosso del Raccordo Anulare, a Nord-ovest come ad est. Napoli, infine, presenta un evidente contrasto da Ovest, dove si trovano le zone più benestanti e meno vulnerabili, a Est (e all’estremo Nord) dove accade il contrario.

 

 

 

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