Lo smartworking come strumento per affrontare la crisi energetica

Lo smartworking come strumento per affrontare la crisi energetica

Con la riduzione dei costi da parte delle aziende si potrebbero prevedere bonus per le bollette dei lavoratori. La proposta del prof. Corso

 

 

Con l’emergenza energetica in corso, il tema del costo delle bollette e della necessità di risparmio di gas ed elettricità sono diventati centrali. Per far fronte a queste nuove necessità, sono arrivate proposte che puntano a sfruttare i vantaggi dello smart working.

 

“Lo smart working ci ha aiutato ad affrontare l’emergenza sanitaria preservando salute ed economia, oggi può aiutarci ad affrontare le nuove emergenze, a partire nel breve da quella energetica, e in prospettiva quella ambientale e del cambiamento climatico”. Scrive così sul suo profilo Linkedin il docente del Politecnico di Milano Mariano Corso, secondo il quale l’uso sapiente dello smart working può consentire una riduzione considerevole di costi per le aziende e per le famiglie e un abbattimento di emissioni di anidride carbonica.

 

 

In particolare, scrive Corso, un lavoratore che può evitare di recarsi in ufficio per la metà del tempo può risparmiare in media 2.000 euro l’anno. Le emissioni risparmiate per effetto della riduzione degli spostamenti casa-lavoro dei circa 4,8 milioni e mezzo di smart worker in Italia è stimabile in 1,8 milioni di tonnellate di CO2 nel 2022 – evidenzia il docente – e si potrebbe salire a 2,5 milioni se si consentisse agli altri quasi due milioni di lavoratori che durante la pandemia hanno dimostrato di poter lavorare da remoto di farlo per almeno il 50% del tempo.

 

 

Guardando ai vantaggi per le aziende, la riduzione dei costi è stimata tra il 30% e il 50% considerati quelli relativi alle sedi lavorative e alle spese connesse. Di conseguenza, propone Corso, la cifra risparmiata dalle aziende potrebbe essere convertita in bonus per contribuire alle spese energetiche dei lavoratori.

 

 

È però importante che ciascuno degli attori coinvolti (le aziende, i lavoratori e le istituzioni) facciano la loro parte: “Le aziende, che devono ripensare in modo lungimirante e sostenibile la propria organizzazione, i lavoratori, che devono modificare i propri comportamenti pensando non solo al proprio equilibrio personale, ma anche all’impatto sull’organizzazione e sull’ambiente, e il legislatore infine, sin ora straordinariamente assente quando non addirittura miopemente ostile, che deve finalmente contribuire a promuovere e incentivare, a partire dalla Pubblica Amministrazione, un’organizzazione del lavoro più moderna, efficiente e attenta alle persone e all’ambiente”.

 

 

Diversi esperti obiettano però che lo smart working abbatte i consumi all’interno delle aziende, ma li innalzano all’interno delle case ed è difficile stabilire se questo aumento annulli gli effetti del risparmio energetico degli uffici. Intervistato da Fanpage.it, il professor Corso ribatte così a queste obiezioni: “I costi di riscaldamento degli edifici residenziali sono in gran parte fissi e solo in piccola parte possono essere variati in funzione della presenza o meno dei lavoratori. Al contrario, quelli degli uffici possono essere razionalizzati”.

 

 

Sottolinea però il ritorno di un uso massiccio dello smart working si dovrebbe accompagnare a un intervento sui costi delle bollette domestiche. “Servirebbe una corretta distribuzione dei benefici: i risparmi che le imprese hanno per la riduzione dei costi, dovrebbero essere reimpiegati in parte sotto forma di bonus da dare ai lavoratori per sostenere le spese delle utenze”.
Resterebbero comunque fondamentali i comportamenti virtuosi da parte dei lavoratori e, più in generale, di tutti i cittadini: spegnere i pc quando non si usano, fare attenzione a spegnere le luci quando si esce dalle stanze e a tenere bassi i riscaldamenti.

 

 

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