Condivisione, la chiave welfare del Comune di Bologna

Condivisione, la chiave welfare del Comune di Bologna

Così l’amministrazione emiliana è andata oltre i limiti della diffusione del welfare nella PA e ha creato un piano di benessere organizzativo da manuale.

 

 

Quello che rende difficile se non impossibile per la pubblica amministrazione, e in particolare per i Comuni, attivare interventi di welfare aziendale non è stata tanto la mancanza di una legge che faciliti o renda più conveniente questi interventi. E neanche la scarsità delle risorse economiche. Il problema più grave, che di fatto spiega l’assenza o la scarsissima diffusione di politiche volte al miglioramento del benessere organizzativo nel pubblico è la mancanza, a livello di contrattazione nazionale, di previsioni specifiche che consentano un investimento reale su queste politiche. Non ha dubbi Mariagrazia Bonzagni, capo area Personale e organizzazione del Comune di Bologna. «Molte amministrazioni, come la nostra hanno un bilancio sano e i conti in ordine e avrebbero la possibilità di valutare investimenti di questo tipo». Ma la burocrazia rappresenta un limite.

 

Tanti limiti e poche certezze

 

Mariagrazia Bonzagni

«Nel settore pubblico esiste un problema di legittimazione a monte dell’operato degli enti, soprattutto in campo retributivo che, nel tempo, ha trovato soluzione solo in alcuni comparti del pubblico impiego. Il contratto nazionale del comparto degli enti locali non ha mai previsto finora la possibilità di attivare interventi di welfare aziendale», spiega Bonzagni. «Solo con il nuovo Ccnl 2016-2018 sottoscritto definitivamente poco tempo fa c’è una timida apertura. Timida perché, nonostante la previsione normativa, non è molto chiaro se e come possano essere rese disponibili ulteriori specifiche risorse finanziarie dedicate alle politiche di welfare». Insomma, nonostante ci sia un segnale di apertura ci sono ancora molti limiti all’attivazione di forme di welfare nel settore pubblico. «Il contratto è stato firmato da poco», conferma la dirigente, «attendiamo di capire se anche noi potremo finalmente decidere, come il datore di lavoro privato, di destinare risorse per il welfare delle nostre persone. La speranza è che finalmente si capisca che chi lavora nel pubblico ha bisogno, esattamente come i lavoratori privati o forse più, di essere ingaggiato, riconosciuto, motivato».

 

 

Comune di Bologna, un esempio per altre amministrazioni pubbliche

 

 

Difficoltà che però non hanno fermato il Comune di Bologna, dove il welfare, prima di essere una componente della retribuzione, è il modo con il quale il management esprime la propria attenzione e cura per le persone. «Welfare, in fondo, significa letteralmente benessere e pensiamo che per il benessere organizzativo contino di più le motivazioni intrinseche che quelle estrinseche», spiega Bonzagni. E proprio da questa prospettiva l’amministrazione è partita per avviare alcuni interessanti progetti che possono essere presi ad esempio da altre amministrazioni pubbliche. «Nel 2013 abbiamo costituito una community di agenti del cambiamento, 35 persone, dipendenti del Comune, ai quali ogni collega può rivolgersi ogni volta ritiene di avere un’idea, piccola o grande, per migliorare i processi produttivi e rispondere meglio ai cittadini», racconta Bonzagni. «Il cantiere è durato oltre un anno, durante il quale tutte le persone hanno avuto l’opportunità di partecipare, insieme abbiamo poi scritto la Carta dei valori del nostro ente, approvata formalmente dalla giunta comunale a fine 2013». Relativamente alla prevenzione, sensibilizzazione e soluzione di eventuali casi di discriminazione, mobbing o malessere lavorativo nell’organizzazione, «nel 2015 abbiamo deciso di istituire la figura del consigliere di fiducia per supportare i dipendenti che si sentano discriminati, svalorizzati o non ascoltati», dice ancora Bonzagni.

 

 

Rotta sulla comunicazione

 

 

Due anni più tardi, dopo un lavoro di co-design, è stata lanciata la nuova Intranet comunale, uno strumento rinnovato completamente che punta a utilizzare la comunicazione interna per lo sviluppo dell’organizzazione, creando spazi di condivisione tra le persone e di crescita della comunità interna. Insomma, il Comune ha cercato di facilitare lo scambio di buone pratiche, per aprirsi al dialogo con il mondo esterno. «Nel corso del 2018 completeremo l’attuazione del piano per il miglioramento del benessere organizzativo costruito ancora una volta grazie a un processo partecipativo», aggiunge la dirigente. «Il progetto è molto ricco: contiene interventi di work-life balance, tra cui una nuova tipologia di part-time all’83% del tempo lavoro per venire incontro alle esigenze delle collaboratrici. Inoltre è prevista una estensione graduale del telelavoro, utilizzato in particolare per necessità di accudimento di genitori anziani. Stiamo sperimentando anche un progetto per il buon rientro di mamme e papà al lavoro, gestito da una dipendente con competenze di counseling, per supportarli in questa nuova fase della loro vita ma anche per far passare il messaggio culturale che la genitorialità fa bene alle organizzazioni perché allena competenze fondamentali, come l’empatia, l’intelligenza emotiva ma anche la negoziazione e la capacità di lavorare in team».

 

Relazioni e condivisione due parole chiave del piano welfare

 

 

Il nuovo piano contiene anche interventi per favorire le relazioni e la condivisione, per la valorizzazione delle competenze delle persone, per facilitare uno stile di direzione più orizzontale e collaborativo. «Ed entro l’anno partiremo con un progetto-pilota di lavoro agile, che dovrebbe coinvolgere circa 100 persone», spiega la dirigente. «Per noi lo smart working più che un progetto di conciliazione sarà in prospettiva un cambio di paradigma verso un approccio al lavoro basato non più sulla presenza in ufficio ma sul raggiungimento dei risultati. E favorirà quell’approccio di condivisione e di fiducia tra le persone che stiamo cercando di perseguire con i nostri progetti di innovazione organizzativa».

 

 

La partecipazione  vissuta come un valore

 

 

Un lavoro lungo e complesso ma è ancora presto per valutare se il lavoro di coinvolgimento e di engagement portato avanti dal Comune d Bologna abbia davvero prodotto una percezione di miglioramento del benessere organizzativo. «Il prossimo anno somministreremo un questionario per rilevarla. Vedremo quindi se i dati saranno migliori di quelli dell’ultima rilevazione», precisa  Bonzagni. «Ma una cosa posso dirla: in uno dei periodi più difficili per la pubblica amministrazione, nel quale sarebbe comprensibile che le persone fossero amareggiate e demotivate, ho incontrato tanti dipendenti che hanno vissuto la partecipazione a un processo di sviluppo e miglioramento della nostra organizzazione come un valore che prescinde da ogni riconoscimento economico». Un risultato importante, che ha convinto il Comune emiliano a proseguire su questa strada. «Vorremmo cercare di allargare il numero delle persone ingaggiate in questi processi di innovazione organizzativa. Questo è il nostro obiettivo più importante. E penso che la decisione di assumere persone giovani (con età inferiore a 32 anni) attraverso progetti di formazione-lavoro, potrà aiutarci a raggiungerlo più velocemente.

 

 

 

 

 

About the Author /

daniela.uva@tuttowelfare.info