Intesa Sanpaolo tenta la settimana corta: solo 4 giorni di lavoro

Intesa Sanpaolo tenta la settimana corta: solo 4 giorni di lavoro

In Italia si è spesso parlato della settimana lavorativa di 4 giorni, ma questa non è mai diventata realtà concreta. Ora a fare da apripista sembra esserci Intesa Sanpaolo, la prima banca del nostro Paese, che ha avviato le trattative con i sindacati per portare i giorni di lavoro a 4 e alzare da 7,5 a 9 le ore lavorative giornaliere, lasciando così intatto l’ammontare orario complessivo e la relativa retribuzione. La scelta del giorno “libero” potrebbe essere volontaria e variabile, in accordo con il proprio responsabile.
Il vantaggio ? Da una parte consentire al lavoratore di avere a disposizione una giornata libera in più, aumentando la produttività nei giorni lavorativi, dall’altro alleggerire l’azienda dai cosati energetici in aumento.

 

Cambiare per rimanere al passo coi tempi

 

“I tempi cambiano e bisogna essere pronti a realizzare nuovi modi di lavorare”, interpreta il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. “Lo abbiamo fatto durante la pandemia alla grande – ricorda Gros-Pietro – voglio ringraziare i nostri collaboratori che sono stati fantastici nel continuare a offrire tutto il servizio ai clienti nonostante le condizioni difficili. Cambiano le condizioni e bisogna prendere in esame come eventualmente cambiare le modalità di lavoro ma sempre con il sindacato. È prematuro parlare di risultati invece è vero che sempre noi lavoriamo con il sindacato”.

 

Le criticità e i dubbi dei sindacati

 

In realtà la possibilità di usufruire della settimana corta è già prevista nel contratto collettivo nazionale dei bancari Abi. Come ha sottolineato il segretario generale della Federazione Autonoma Bancari Italiani, Lando Maria Sileoni, “Intesa Sanpaolo non ha studiato proprio niente: perché è previsto dal contratto nazionale di lavoro dei bancari sia l’utilizzo della settimana corta sia lo smart working regolamentato in sede aziendale. Quindi, Intesa sta applicando una norma del contratto nazionale già definita da tempo”.
Al di là di questo fatto, la proposta incontra ostacoli da parte dei sindacati Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil e Unisin. Al momento infatti la “settimana corta” non sarebbe applicata a tutti i dipendenti della banca, ma solo a chi lavora negli uffici, dunque si tratterebbe di un elemento divisivo che creerebbe ulteriori differenze tra i lavoratori della rete e quelli di governance.

 

Da parte loro le forze sindacali chiedono poi “di garantire una fruizione completa dello Smart Working per tutti i comparti della banca; individuare gli strumenti tecnici che permettano una reale disconnessione al termine del proprio orario di lavoro; l’erogazione piena del buono pasto anche per tutte le giornate lavorate da remoto e il riconoscimento degli indennizzi per le spese energetiche e di connessione, oltre a un contributo per l’allestimento della postazione di lavoro”.

 

Il precedente del Gruppo Lenet

 

In Italia si era cominciato a parlare concretamente di settimana corta questa estate, quando il Gruppo Lenet (famoso soprattutto per il marchio di oggettistica Thun) ha lanciato della sperimentazione della “smart week”: da giugno 2022 a maggio 2023 alcuni dei suoi dipendenti, su base volontaria, lavoreranno 4 giorni alla settimana senza decurtazioni di stipendio.
Questa sperimentazione riguarda 350 dipendenti, escludendo chi lavora nei negozi o nei magazzini.

 

Si è quindi presentata la necessità di rivedere l’organizzazione del lavoro, per cui si è deciso che il lunedì e il giovedì sono dedicati a nuovi progetti e riunioni trasversali; il martedì si verificano le performance della settimana e si introducono eventuali correttivi; il venerdì è libero.

 

“Abbiamo abolito cartellini e timbrature già in era pre-Covid. Adesso però abbiamo cercato di strutturare il nuovo modello di lavoro” dice Lucia Adamo, direttrice del personale del gruppo Lenet. “L’azienda concede grande flessibilità, ma ne richiede altrettanta al lavoratore. Quello che conta è il risultato finale che in questo modo si può ottenere, conciliando le esigenze dell’azienda con quelle personali”.

 

Intanto all’estero…

 

Nel resto d’Europa la settimana di 35 ore è già diventata realtà in diverse aziende in Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svizzera.
In alcuni casi i governi hanno deciso di stanziare fondi per finanziare le sperimentazioni nelle aziende, per esempio in Scozia o in Spagna, dove sono stati avviati progetti pilota. In Belgio, oltre all’introduzione della settimana di 4 giorni, è stato anche formalizzato il “diritto alla disconnessione”, ovvero la possibilità di non rispondere alle chiamate o email lavorative fuori dall’orario di lavoro.
Il Paese che si è mosso in anticipo su questo fronte è l’Islanda, che ha ridotto le ore lavorative da 40 a 35 senza tagli nella remunerazione già a partire dal 2015. Oggi l’86% della sua popolazione ha settimane lavorative più corte.

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