Verso una nuova fase del welfare aziendale

Verso una nuova fase del welfare aziendale

Benessere e welfare aziendale sono al centro del confronto a Wellfeel: la nostra redazione è presente all’evento per raccontare le novità del settore grazie alle voci di esperti, player di mercato e aziende.

 

Il welfare aziendale si conferma una delle leve per il benessere dei lavoratori. In particolare in questa fase di profonda trasformazione del mondo del lavoro e della rivoluzione in atto il cui impatto – già nel breve periodo – sarà proprio sui lavoratori. Se utilizzato nel modo corretto, infatti, il welfare può essere uno strumento potente in grado di accompagnare le imprese (e le persone) nelle grandi trasformazioni del mondo del lavoro.

 

Di benessere e welfare aziendale se ne parla a Wellfeel, Benessere organizzativo e welfare aziendale l’evento promosso dalla casa editrice ESTE l’11 e 12 giugno 2019 presso il Palazzo delle Stelline a Milano, e di cui Tuttowelfare.info è media partner.

 

Numerosi sono gli argomenti emersi già nella prima giornata di lavori. Per esempio quello secondo il quale le aziende sono chiamate a fornire ambienti di lavoro abilitanti e accoglienti, in grado di favorire le persone in questa trasformazione dei ruoli e dei modi di lavorare, aiutandole a esprimere al meglio il proprio potenziale.

 

Inoltre, le imprese dovrebbero sempre tenere presente che l’innovazione non è dettata dalla tecnologia, ma dalle persone. Ecco allora che prendersi cura dei dipendenti e creare l’ambiente di lavoro giusto conduce ad avere lavoratori coinvolti, creativi e innovativi.

 

Per fare tutto ciò, però, è necessario superare la logica che vede il welfare aziendale solo come mera opportunità di risparmiare qualche soldo sul costo del lavoro. Come ha ben spiegato Alberto Perfumo, CEO di Eudaimon, “il welfare aziendale non può e non deve essere ridotto a un mero strumento con cui ottimizzare la retribuzione dei lavoratori”.

 

Al contrario, il senso autentico del welfare è quello di “uno strumento che, da una parte migliora davvero e in modo significativo la qualità della vita dei lavoratori, e dall’altra consente a imprese di avere lavoratori più partecipi agli obiettivi dell’impresa”.

 

Ridurre le disuguaglianze con il welfare

 

In secondo luogo, le aziende possono giocare un ruolo determinante per ridurre le disuguaglianze lavorando per ampliare sempre più la platea di chi può accedere al welfare aziendale. L’Italia è tra i Paesi più disuguali nonostante le alte tasse, perché la disuguaglianza dei redditi di mercato è troppo grande per essere livellata dalla redistribuzione della tassazione. Per ridurre le disuguaglianze, allora, serve un meccanismo pre-distributivo.

 

Secondo Lorenzo Sacconi, Docente Ordinario di Politica Economica all’Università Statale degli Studi di Milano, “il welfare può essere il perno di una strategia di pre-distribuzione contro le disuguaglianze, ammesso che si inserisca nel contesto di una riforma del modello di governo dell’impresa che va nella direzione dell’impresa socialmente responsabile e governata con la partecipazione dei lavoratori e la voce degli stakeholder”.

 

È tempo, quindi, di abbandonare l’ormai superata concezione del welfare aziendale come misura unilaterale calata dall’alto dall’azienda senza la partecipazione dei lavoratori, così come quella del welfare basato essenzialmente sulle detrazioni fiscali. È necessario, invece, avviare una fase nuova, in cui il welfare viene affrontato in modo consapevole e strutturato all’interno dell’azienda per ottenere quei grandi benefici che solo il welfare inteso come innovazione sociale è in grado di produrre.

 

Nuovo rapporto con il territorio

 

In terzo luogo, bisogna ripensare il ruolo delle aziende nelle comunità. Per Stefano Zamagni, Docente di Economia Politica all’Università di Bologna, “le imprese dovrebbero sviluppare una responsabilità sociale e civile: prendersi cura dei dipendenti, dentro e fuori dal luogo di lavoro, e anche del territorio in cui si trovano”.

 

È il passaggio da un welfare solo aziendale a un welfare integrativo e territoriale, con una forte interazione con il pubblico e che coinvolge una platea di soggetti più ampia dei soli dipendenti dell’azienda che auspica Franca Maino, Direttrice del laboratorio Percorsi di secondo welfare. “Le imprese possono sviluppare la capacità di creare reti che si radicano nel territorio e co-producono insieme nuovi servizi e prestazioni per tutti gli abitanti”. Così l’azienda si legittima nel territorio e al tempo stesso crea delle opportunità.

 

“Quando la politica è fragile, debole e incapace di produrre programmazione, il coinvolgimento dell’impresa come attore sociale diventa fondamentale nella comunità”, ne è convinto Luciano Pilotti, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle imprese all’Università Statale di Milano. Si può quindi ripartire dall’impresa per creare un senso di comunità, sia all’interno dell’azienda sia nel territorio, per favorire l’integrazione all’interno del tessuto sociale ed economico e la crescita stessa della comunità.

 

Non va dimenticato, infatti, che i lavoratori dell’azienda sono anche cittadini della comunità. “L’Italia ha bisogno di giustizia sociale e le imprese possono giocare un ruolo politico nella gestione della trasformazione sociale delle comunità in cui sono coinvolte”.

 

Dare risposte alle nuove esigenze delle persone

 

Infine, per via della sempre più lunga permanenza in azienda dei lavoratori, il welfare pone alle aziende una sfida importante: saper rispondere a esigenze diverse per tutta la durata della vita lavorativa. In particolare partendo dalle necessità di base (sanità e previdenza integrativa), come suggerito da Antonio Corrias di Assidim.

 

Per dare risposte, però, serve soprattutto essere capaci di personalizzare i servizi offerti. Le piattaforme devono essere flessibili perché ogni dipendente ha le sue esigenze e la sua storia, che cambiano nel tempo e in base al territorio in cui si trova. Ecco perché il welfare non può avere esclusivamente una direzione top-down, senza la condivisione e il coinvolgimento dei dipendenti.

 

Per creare un piano di welfare efficace bisogna poi saper ascoltare le esigenze dei lavoratori e trovare soluzioni adatte a rispondere. Un buon modo, suggerito da Mario Mazzoleni, Docente di Economia Aziendale e Direttore della Smae all’Università degli Studi di Brescia, potrebbe essere quello di collaborare con altre aziende per trovare soluzioni sinergiche.

 

Ma è fondamentale anche saper comunicare le iniziative di welfare ai propri dipendenti, creare la giusta attenzione attorno al tema, rispondere alle loro domande e perplessità. Come suggerisce l’esperienza di Luca Pintossi, Responsabile del Progetto Welfare di Rubinetterie Bresciane Bonomi: “Solo condividendo le decisioni, si può creare la forma di coinvolgimento necessaria per condividere anche gli obiettivi aziendali”.

 

La sfida finale, poi, sarà quella della sostenibilità economica e finanziaria del sistema. E la soluzione suggerita da Paola Gilardoni, segretaria della Cisl Lombardia, è quella di un modello integrato tra pubblico e privato.

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alessia.albertin@tuttowelfare.it