Dove non arriva lo Stato, la soluzione è il welfare aziendale

Dove non arriva lo Stato, la soluzione è il welfare aziendale

In Italia, a livello legislativo non c’è equiparazione tra il periodo di congedo di maternità e quello di paternità. Ma spesso dove manca lo Stato subentrano le aziende e i loro strumenti di welfare 

 

Nel 2019 si sono dimessi più di 51mila neogenitori, per la maggior parte mamme. È la fotografia scattata dal report dell’Ispettorato nazionale del Lavoro (Inl), che ogni anno aggiorna le convalide di dimissioni e risoluzioni consensuali per contrastare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”, cioè quelle che vengono fatte firmare al dipendente al momento dell’assunzione.

 

Il 73% delle dimissioni del 2019 sono state a scapito di donne con figli (37mila), e in due terzi dei casi l’abbandono del lavoro coincide con l’arrivo del primogenito. Per le restanti lavoratrici, invece, le motivazioni sono legate al passaggio a un’altra azienda. Le dimissioni da neogenitore, comunque, sono un fenomeno che colpisce non solo le donne, ma anche gli uomini. I padri che hanno lasciato il loro posto di lavoro nel 2019 sono stati 13.947.

 

Il motivo principale? La conciliazione tra lavoro e famiglia, quando mancano aiuti essenziali da parte di parenti a cui affidare figli oppure se non c’è la possibilità di permettersi baby sitter o asili nido. Dal report emerge che il part time non è percepito come una soluzione praticabile, perché comporta la diminuzione del proprio stipendio: solo il 21% delle richieste, infatti, ha riscontrato un esito positivo.

 

I congedi di maternità e paternità in Italia

 

Salvo eccezioni, in Italia la madre lavoratrice dipendente può astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto, nel periodo tra la data presunta e quella effettiva (se successiva), e nei tre mesi dopo il parto.

 

Le madri hanno diritto a un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione per tutto il periodo del congedo. Diversa la situazione per i padri lavoratori dipendenti, cui spettano sette giorni di congedo obbligatorio, fruibile entro il quindi mese di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozioni/affidi), quindi anche durante il congedo di maternità della madre. Le giornate possono essere godute anche in via non continuativa, ed è riconosciuta un’indennità pari al 100% della retribuzione.

 

In Italia, quindi, a livello legislativo non c’è equiparazione tra il periodo di congedo dei papà e quello delle neo mamme.

 

 

Il welfare aziendale oltre i confini delle legislazioni nazionali

 

In molti Paesi, quindi, spesso dove non arriva lo Stato subentrano le aziende e i loro strumenti di welfare per aiutare la difficoltosa conciliazione tra lavoro e famiglia. È successo in JTI, uno dei maggiori produttori di tabacco e prodotti da vaping a livello internazionale, che ha annunciato una Equal leave policy. Questa decisione dà a tutti i 44mila dipendenti del gruppo l’opportunità di godere degli stessi diritti sul congedo parentale, andando oltre i piani nazionali in circa l’80% dei 130 Paesi in cui l’azienda opera, tra cui l’Italia.

 

“Questa policy fa la differenza per tutti coloro che si trovano in Paesi in cui la legislazione nazionale non prevede politiche ad hoc o dove il periodo di congedo è previsto solo per uno dei due genitori. Il nuovo piano è operativo dal primo gennaio 2021 e prevede un minimo di 20 settimane di congedo totalmente retribuite per tutti i dipendenti del gruppo, indipendentemente dal genere, l’orientamento sessuale e dalla modalità in cui si diventa genitori includendo, dunque, anche la maternità surrogata e l’adozione”, spiega Daria Andreeva, JTI Italia People & Culture Director. Lo scopo della scelta di JTI è sostenere i dipendenti nelle prime fasi di costruzione del progetto familiare, assicurando la possibilità di crescere professionalmente, al di là del genere.

 

“Oggi più che mai è essenziale garantire un adeguato equilibrio tra vita professionale e vita privata. Il periodo di emergenza che stiamo vivendo conferma ulteriormente quanto il rapporto tra l’azienda e i propri dipendenti sia importante, in un momento in cui il lavoro agile e le relazioni virtuali ci consentono di ripensare le dinamiche lavorative”.

 

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