Il welfare migliore in Italia è (ancora) al Nord

Il welfare migliore in Italia è (ancora) al Nord

Tuttowelfare.info continua a seguire l’evoluzione degli indici di misurazione del benessere: il Welfare Italia Index svela la situazione in termini di risorse spese e indicatori strutturali del welfare nelle regioni

 

Il coronavirus ha colpito tutti i Paesi, ma l’impatto è asimmetrico. Alcuni Stati hanno potuto reagire meglio, altri peggio. Tra questi, l’Italia ha conosciuto anche differenze a livello regionale, che si sono accentuate e hanno riguardato inevitabilmente il sistema di welfare territoriale. Per misurare il suo stato attuale, Welfare Italia, il think tank sostenuto da Unipol Group con The European House – Ambrosetti, ha presentato nel suo ultimo rapporto un Index strutturato su 22 indicatori di performance (Kpi) che evidenziano la situazione in termini di risorse spese e indicatori strutturali del welfare nelle regioni. I primi tre posti per il welfare migliore vanno, nell’ordine, alle province autonome di Trento e Bolzano e all’Emilia Romagna. Seguono Friuli Venezia Giulia, Umbria, Valle D’Aosta e Liguria. All’ultimo posto la Calabria e, risalendo dal fondo, Campania, Basilicata, Puglia e Sicilia.

 

Un aspetto di rilievo è la forte polarizzazione tra Nord e Sud del Paese: le ultime otto regioni appartengono all’Italia meridionale e insulare. In questo quadro complessivo, però, il ranking della dimensione relativa agli indicatori di spesa vede la Sardegna al primo posto, poco distante dalla Pubblica amministrazione (Pa) di Trento. Dal lato opposto della classifica spicca la posizione del Veneto, che si colloca al penultimo posto. Il Welfare Italia Index ha identificato infatti a livello regionale i punti di forza e le aree di criticità in cui è necessario intervenire. I Kpi riguardano le politiche sociali, la sanità, la previdenza, l’educazione e la formazione. Provengono da database regionali e nazionali, e attraverso un processo di analisi viene confrontata la risposta – in termini di risorse spese e indicatori strutturali – del welfare dei diversi territori.

 

Previdenza complementare e poca disoccupazione: il successo di Bolzano e del Veneto

 

Il secondo posto della Pa di Bolzano nella componente strutturale è sostenuto da Kpi come la percentuale di cittadini inattivi (solo l’1% del totale), una disoccupazione bassa (2,9%) e un alto tasso di partecipazione a forme pensionistiche complementari (superiore al 40% della forza lavoro), che rivela una buona predisposizione al ricorso a forme di welfare integrativo. Passando alla classifica degli indicatori di spesa, oltre a quella sanitaria privata Bolzano presenta elevati investimenti anche per la componente pubblica. A titolo esemplificativo, la cittadina ha una spesa pro capite in interventi e servizi sociali pari a 597 euro (contro i 119 euro della media italiana). Nel report si sottolinea però che questi livelli di spesa si riferiscono a luoghi di ampiezza limitata e con la possibilità di godere dei privilegi di un territorio a statuto speciale.

 

Il Veneto, invece, si trova in uno scenario quasi estremo: da un lato si posiziona al penultimo posto rispetto ai Kpi di spesa – davanti alla sola Basilicata – ma, dall’altro lato, spicca al quarto posto rispetto ai risultati visibili negli indicatori strutturali. In particolare, la regione primeggia in tasso di partecipazione a forme pensionistiche integrative (terza regione nel Paese insieme al Friuli-Venezia Giulia) e per il basso tasso di Neet tra i giovani (14,3%). Questa apparente contraddizione è spiegata dal forte insediamento di imprese produttive nel territorio, che mantiene bassa la disoccupazione (con il 5,6%, il Veneto presenta uno dei tassi di disoccupazione tra i più bassi a livello nazionale) e – parallelamente – consente di avere livelli più alti di partecipazione a forme di welfare integrativo. In sintesi, il posizionamento complessivo del Veneto è attribuibile a dinamiche economico-sociali che vanno oltre i limiti della capacità di risposta del sistema di welfare.

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