Dalla scuola ai vaccini, ci deve (sempre) pensare l’azienda

Dalla scuola ai vaccini, ci deve (sempre) pensare l’azienda

Leggendo le cronache di inizio marzo 2021 sembra di essere tornati indietro nel tempo, con iniziative aziendali che ricordano le città di fondazione e i primi passi del welfare

 

C’era una volta il padrone. Che stava rintanato nel suo ufficio, magari uno di quelli con le pareti di vetro: da un lato affacciato sull’entrata dell’azienda per controllare che gli operai si affrettassero a entrare e non uscissero prima del tempo; dall’altro con vista sulla produzione, per verificare che le maestranze lavorassero e non si distraessero in attività inutili. “Padroni” e “maestranze” fanno ormai parte di un lessico superato, perché oggi in azienda si parla di Top management e di collaboratori (anche se posso confermare che di uffici a vetri per controllare i lavoratori ne esistono tuttora!). Ma leggendo le cronache di inizio marzo 2021 sembra di essere tornati indietro nel tempo. Se i dati sulla pandemia di Covid-19 ci hanno riportato esattamente alla primavera 2020, altre iniziative aziendali ci proiettano addirittura ancor più lontano, in un passato dal sapore salvifico. Non sono tornati i ‘padroni’, piuttosto certe soluzioni di cura proposte da alcune (illuminate) organizzazioni che richiamano alla mente i prestigiosi capitani d’impresa che hanno fatto la storia industriale del nostro Paese.

 

Come già approfondito in varie occasioni, c’è stata una stagione – iniziata a cavallo tra il XIX e il XX secolo – nella quale chi guidava le grandi imprese italiane metteva a disposizione numerosi servizi per i propri dipendenti. La fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento hanno fatto da sfondo al proliferare delle città di fondazione, quei grandi agglomerati che sorgevano intorno alle fabbriche in cui gli operai non solo potevano alloggiare con la famiglia, ma trovavano soddisfazione a ogni necessità. È noto che uno dei problemi cui dovevano far fronte gli industriali era quello di essere attrattivi nei confronti dei contadini che erano chiamati a trasformarsi in operai.

 

La sfida, in un Paese a trazione rurale, non era solo assumere le persone, ma pure tenersele strette, visto che all’epoca le macchine erano di gran lunga meno intelligenti di quelle che conosciamo oggi e necessitavano dunque della presenza costante degli esseri umani per funzionare. Non era inusuale che gli operai, venendo dalla campagna, avessero necessità di far ritorno ai campi in quei momenti dell’anno cruciali per l’attività agricola. Per evitare ogni tentazione e assicurarsi che la popolazione operaia restasse in fabbrica, niente funzionava meglio che mettere a disposizione degli operai una casa di fianco al posto di lavoro. I servizi dedicati ai figli dei lavoratori e tutto il resto (per esempio il medico di famiglia) vennero di conseguenza proprio per consentire ai dipendenti di non pensare ad altro che al lavoro.

 

Il ritorno dei servizi già sperimentati nelle città di fondazione

 

Sono passati tanti anni da quei tempi. Oggi si può ancora visitare qualche città di fondazione: alcune sono state trasformate in musei a cielo aperto, come quella di Crespi d’Adda in provincia di Bergamo. Altre sono invece sparite, per lasciare spazio a complessi residenziali. Per esempio non lontano da Milano, a Corsico – siamo nell’hinterland Sud-Ovest della metropoli – sorgeva fino agli Anni 80 la gloriosa Cartiera Burgo che per decenni ha rifornito di carta il Corriere della Sera, la cui sede era raggiunta attraverso i navigli della città; poi l’azienda è passata di mano in mano fino a lasciare definitivamente il Milanese che ora conserva solo poche tracce del passaggio di quell’impresa (qualcosa si vede passeggiando sul Naviglio Grande).

 

Queste cartoline del passato fanno da sfondo a nuove iniziative dal sapore antico. È il caso di Marchesini, storica azienda emiliana che progetta e produce macchine e linee di confezionamento per l’industria farmaceutica. Con il peggioramento della pandemia di Covid-19 e la conseguente chiusura delle scuole per limitare i contagi nelle zone arancioni e rosse, l’azienda ha deciso di riproporre un servizio già sperimentato durante il primo lockdown nel 2020: per i genitori alle prese con la didattica a distanza dei figli (la famigerata Dad) sono stati messi a disposizione alcuni educatori che affiancano i giovani nelle attività scolastiche. Ed è inoltre previsto un servizio anche per gli Under 6. Un’idea che consente a tutti i lavoratori – in particolare alle donne, cui ricade solitamente la gestione della famiglia – di proseguire l’attività lavorativa in presenza, senza dover ricorrere al Remote working, piuttosto complicato da applicare nelle realtà produttive e di certo poco efficace nel caso in cui, oltre che al lavoro, si debba contemporaneamente gestire i figli.

 

Accanto a queste iniziative – che sono sempre meno rare, ma purtroppo limitate alle imprese medio-grandi – c’è da registrare anche la disponibilità di gran parte del tessuto imprenditoriale italiano a fare la propria parte nella campagna vaccinale. Nonostante si tratti di un aspetto che dovrebbe essere gestito dallo Stato, è recente l’apertura di Confindustria per dare una mano su questo fronte. Lo stesso Presidente Carlo Bonomi ha spiegato che le aziende sono pronte per vaccinare i dipendenti e i loro familiari e il Presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay ha addirittura proposto che le fabbriche diventino i punti logistici sui territori per la campagna di vaccinazione. D’altra parte, come ha detto il rappresentante degli industriali piemontesi “se non sconfiggiamo questo maledetto virus non ci potrà mai essere una vera ripresa produttiva ed economica”. Ancora una volta tocca alle aziende dare un fondamentale contributo.

 

Come sembrano lontani i tempi in cui al welfare aziendale si associava l’idea del buono spesa. Peccato che ci sia voluto un dramma planetario perché si tornasse al suo senso originario. Ora il vero discrimine sarà legato a chi è impiegato nell’azienda ‘giusta’ che ha a cuore per davvero i propri collaboratori e chi guarderà con invidia quelle organizzazioni. Allora sì che certe aziende potranno fare la differenza nell’attrarre le persone: sapranno dimostrare che lo slogan “persone al centro” non è solo una trovata di marketing.

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