E’ tempo di welfare 4.0
Migliorare la qualità, l’interoperabilità e l’accesso ai servizi, sia per lavoratori delle imprese che hanno piani di welfare aziendale, sia per i semplici cittadini. Questo l’obiettivo del welfare 4.0. Ecco cos’è e come funziona.
Una rete di ecosistemi interconnessi capaci da un lato di integrare localmente i diversi welfare (municipale, contrattuale, territoriale e aziendale) in modo autonomo e creativo, dall’altra di essere una rete tematica nazionale che condivide un modello, degli strumenti e si scambia esperienze e competenze. Questo è il welfare 4.0 che ha come obiettivo ultimo quello di migliorare la qualità, l’interoperabilità e l’accesso ai servizi, sia per lavoratori delle imprese che hanno attivi piani di welfare aziendale, che per i semplici cittadini. A spiegarlo a Tuttowelfare.info è Fabio Streliotto, uno degli autori (con Stefania Fornasier, Giulia Lucchini e Giampietro Vecchiato) di Welfare 4.0, competere responsabilmente, volume edito da Franco Angeli, da poco sbarcato sugli scaffali delle librerie nazionali.
Chi sono i principali attori di questo modello?
Le imprese, anche se di piccole e medie dimensioni, che hanno la possibilità di sviluppare piani di welfare aziendale, co-progettati con i lavoratori ed integrati con il territorio e possono condividere con la comunità una parte del valore del piano di welfare. Poi le organizzazioni sindacali e di categoria che, attraverso la bilateralità, possono collaborare con gli altri attori territoriali per sviluppare un nuovo modello di contrattazione orientato a migliorare il benessere di tutta la comunità. Ma anche i Consulenti del lavoro e i commercialisti che possono beneficiare di competenze e strumenti per supportare le PMI nella costruzione di piani di welfare aziendale su misura ed integrati nelle politiche locali. Tra gli attori del welfare 4.0 c’è ovviamente il terzo settore, a patto che sia disponibile a ri-disegnare i propri servizi e che scelga di essere parte di un nuovo mercato, quello del welfare aziendale, attualmente quasi completamente ignorato perché di difficile approccio. E infine ci sono gli enti pubblici e i fornitori di servizi. I primi possono avere a disposizione una serie di strumenti innovativi per cogliere i bisogni del territorio e capaci di coinvolgere gli attori privati, sia profit che non-profit, con l’obiettivo di integrare o rafforzare quei servizi che le amministrazioni non riescono più a presidiare autonomamente. E i secondi, invcece, hanno l’opportunità di intercettare il nuovo mercato del welfare aziendale, ricevono indicazioni su come ridisegnare i servizi esistenti e possono avere informazioni utili per attivarne di nuovi in linea con le esigenze che emergono nel tempo.
Quali sono i principali ostacoli da superare per arrivare a questo modello?
L’approccio 4.0 al welfare nasce dalla volontà di attivare pratiche di “welfare generativo” che fungano da antidoto al rischio dell’autoreferenzialità, ovvero quando gli attori di un territorio, non dialogando secondo logiche di reciprocità, riducono le possibilità di individuare soluzioni innovative ed efficaci ai nuovi bisogni della comunità che potrebbero, invece, derivare da processi di contaminazione, cooperazione e innovazione tecnologica. Poi ci sono altre due problematiche.
Quali?
Una è la cultura ai servizi alla persona che in Italia è ancora troppo basata sul “welfare familiare”, la seconda è un problema di governance territoriale, dove l’ente pubblico ancora fatica ad avere un approccio sussidiario basato sulla co-programmazione e co-progettazione. Comunque l’aspetto più difficile da superare, è che si fatica a lavorare assieme, ma fortunatamente si sta sperimentando il welfare 4.0 anche in territori dove questo problema è stato approcciato con un modello di governance condivisa. Un esempio in questa direzione è l’area di Lecco.
Infatti il modello WelfareNet, nato nel 2014 con l’obiettivo di creare reti di servizi, ha dimostrato che questo modello può essere realizzato con successo. Come sta andando?
Sì, il progetto è nato dall’intuizione di Innova Srl e dall’impegno dell’Ente Bilaterale Veneto FVG. Per la fase di start-up il progetto ha partecipato al bando regionale intitolato “Fare rete per competere” – DGR 448/14. Il suo ambito tematico si iscrive in una delle categorie predisposte dal bando, ossia “Reti territoriali per la conciliazione: per sostenere la crescita, l’occupazione e la coesione sociale”, mentre l’ambito territoriale prescelto per la sperimentazione è stato circoscritto alle due province di Padova e Rovigo. Dopo il periodo di sperimentazione su questi territori, il progetto è entrato in una nuova fase: nel 2016 ha ottenuto un secondo finanziamento che ha permesso di fare nuove sperimentazioni con le PMI. L’obiettivo di WelfareNet è quello di creare una “rete di servizi regionale aperta” che faciliti la fruizione di servizi di conciliazione vita-lavoro, in particolar modo per i lavoratori occupati nelle micro, piccole e medie imprese e che, allo stesso tempo, permetta di migliorare il benessere di tutto il territorio, stimolando innovazione sociale e facilitando maggiori collegamenti tra imprese, servizi di welfare e pubblica amministrazione. Oggi il progetto non gode di finanziamenti pubblici ma grazie alla volontà dell’Ente Bilaterale Veneto FVG e all’investimento privato di Innova srl continua ad evolversi. A breve infatti, presenteremo importanti novità e alcuni strumenti innovativi che metteremo a disposizione dei partner attraverso il sito www.welfarenet.it.
Nel libro si dice che bisogna superare il modello attuale di welfare troppo focalizzato sui bisogni primari e poco strutturato a soddisfare i bisogni della persona nella sua pienezza. Quali sono questi bisogni?
Il desiderio di realizzazione di se stessi è uno dei principali bisogni che ha l’essere umano, che si sente pienamente realizzato solo quando può realizzare i propri sogni e non solo quando trova risposta ai bisogni primari. Questo desiderio di andare oltre ai bisogni primari emerge chiaramente nel lavoro di analisi che facciamo con i lavoratori. I bisogni personali più avvertiti sono: un maggior benessere personale e una migliore gestione dello stress (30,9%) oltre ad una migliore qualità del proprio tempo libero (25,7%). Solo in seguito vengono richiesti maggiori servizi di cura per bambini (19,4%), anziani (6,6%) e disabili (2,2%). Emerge inoltre nitido un problema di mancanza di conoscenza dei servizi che possono rispondere a questi bi-sogni, difatti l’80% dei lavoratori è convinto che, nel territorio dove abita, non esistano servizi che riescono a rispondere a queste esigenze. Inoltre vi è un gigantesco problema nell’offerta di welfare fatta da molti provider, troppo concentrati a vendere prodotti/servizi attraverso le piattaforme e poco nel rispondere alle vere esigenze dei lavoratori. Nelle imprese si dovrebbe lavorare soprattutto per migliorare il clima, la partecipazione, la comunicazione orizzontale/verticale e la flessibilità oraria.