Welfare, è possibile far star bene azienda e lavoratori?

Welfare, è possibile far star bene azienda e lavoratori?

L’impatto dei piani di benessere nel mondo del lavoro: un confronto tra l’indagine realizzata da Confindustria e quella di Tuttowelfare.info.

 

Di recente Confindustria ha pubblicato l’indagine annuale sul lavoro, svolta tra i suoi associati. Nel 2019 il tema del welfare aziendale è stato centrale e i risultati non sono senz’altro sorprendenti per i lettori di Tuttowelfare.info.

 

Infatti, anche il nostro giornale ha condotto e pubblicato gli esiti di un’inchiesta sullo stato dell’arte del welfare, interrogando circa un centinaio di HR Manager. Nonostante il campione non abbia valore statistico, è comunque significativo, soprattutto in relazione all’analisi degli obiettivi aziendali, delle modalità di applicazione e dei servizi offerti.

 

E le conferme arrivano proprio dal confronto con l’indagine di Confindustria: le politiche aziendali di welfare sono sempre più variegate e in evoluzione, disegnate su misura di aziende e lavoratori.

 

Entrambe le indagini hanno messo in evidenza come la leva fiscale giochi un ruolo determinante nella decisione delle aziende di adottare politiche di welfare. Infatti, se gli HR manager hanno risposto a Tuttowelfare.info che la riduzione degli oneri fiscali è nella pole position dei motivi che li indirizzano alla scelta, spingendosi a chiedere politiche fiscali migliorative in tal senso, così le aziende aderenti a Confindustria hanno confermato che si tratta di una leva fondamentale.

 

Lo dimostra anche il fatto che il 12% degli intervistati ha affermato di applicare un contratto aziendale dal 2016, cioè dall’anno in cui è stato introdotto in via strutturale un regime fiscale agevolato sulle retribuzioni premiali legate a incrementi della produttività aziendale.

 

Nel welfare le dimensioni… contano

 

Questa adesione recente alla contrattazione aziendale è più evidente nelle piccole imprese, quelle fino a 15 dipendenti (19%). Anche questa non è una sorpresa per i nostri lettori: infatti, come la nostra inchiesta, anche l’indagine di Confindustria ha messo in risalto come il posizionamento geografico e le dimensioni aziendali siano ancora un fattore dirimente nella scelta di destinare risorse al welfare.

 

Sul modo di declinare questa scelta, si va verso una personalizzazione sempre più spiccata. Le grandi aziende si affidano per lo più alla conversione del Premio di risultato come fonte di finanziamento del piano di welfare: lo fa in media il 35% delle aziende di Confindustria, che passano però dal 27% delle piccole al 48% delle big.

 

Per la conversione del Pdr, i manager di Tuttowelfare.info arrivano al 54%: il divario è ampiamente giustificabile con le caratteristiche del campione (HR Manager di aziende del Nord con più di 1.000 dipendenti). Se consideriamo questo aspetto, si assottiglia molto la differenza che intercorre con il 48% descritto da Confindustria.

 

Soluzione per migliorare il clima aziendale

 

Entrambe le indagini hanno vagliato la tipologia di offerta di benefici di welfare per i dipendenti. Come era prevedibile, sul podio restano ancorate la sanità integrativa e la previdenza complementare (60% delle aziende Confindustria, 52% dei manager di Tuttowelfare.info).

 

È altresì interessante notare i numeri sul tema della conciliazione dei tempi di lavoro e vita (45%), di educazione e formazione (67%), dei trasporti (32%), dei beni in natura (61%). Se si scorporano solo le grandi aziende (non è possibile scindere ulteriormente il dato in Nord-Sud), si vedrà che le percentuali tornano a essere simili a quelle di Tuttowelfare.info. Dunque, anche su questo tipo di scelte le dimensioni hanno un peso significativo.

 

Confindustria, tuttavia, a differenza di Tuttowelfare.info non si interroga sulle cause che spingono le imprese alla scelta di aderire o meno a determinati piani di welfare. Secondo gli HR Manager intervistati dal nostro giornale, l’introduzione del piano di welfare ha l’obiettivo di migliorare il clima aziendale e l’engagement dei dipendenti: questo rivela, dunque, l’esistenza di obiettivi a lungo termine, che si affiancano a quelli più immediati di stimolo della produttività raggiunti con la conversione del premio di risultato.

 

L’altro punto di forza dell’indagine di Tuttowelfare.info ha riguardato la decisione di indagare le modalità di scelta di un determinato piano di welfare. C’è chi privilegia il dialogo con i sindacati (51,3%), ma anche chi si affida alla conoscenza per esperienza (41,3%), chi a un questionario (37,5%), ma vengono svolte addirittura analisi socio-demografiche della popolazione aziendale (26,3%) e incontri con appositi focus group (21,3%).

 

Capire come vengono costruiti i piani di welfare, chi ha voce in capitolo in merito, se e come vengono coinvolti i dipendenti è fondamentale per la valutazione complessiva. D’altra parte Confindustria ha sottolineato come i benefici siano più spiccati e abbiano ricadute maggiormente positive su operai e impiegati piuttosto che su quadri e dirigenti: ecco che diviene fondamentale ascoltare la loro voce per ridisegnare il welfare sempre più su misura di chi lo usa.

 

Se questo non avviene, si corre il rischio che, qualora dovesse cambiare la normativa, attenuando magari il peso dei benefici fiscali, anche il welfare ne risenta e ci sia un’inversione di rotta sul positivo trend di crescita cui stiamo assistendo. È chiaro che il piano, più è tagliato su misura dell’azienda e dei suoi dipendenti, più sarà solido, duraturo e porterà frutti benefici, pur sempre perfettibili.

 

Sostenere le Pmi a fare il ‘grande’ salto

 

La comparazione delle due analisi restituisce un quadro significativo del welfare aziendale nelle aziende italiane. Ciò che appare particolarmente evidente è che, date le scelte prevalenti verso sanità, educazione, previdenza, conciliazione vita-lavoro, il nostro panorama di welfare resta ‘nobile’.

 

Al ‘qui e ora’ si privilegia la prospettiva a medio e lungo termine, che è anche quella che permette di arricchire il welfare state senza togliere nulla a nessuno, rendendo cioè il welfare aziendale effettivamente complementare al servizio pubblico, non sovrapposto e, dunque, particolarmente efficace. Emerge, più espressamente nell’indagine di Confindustria, ma in maniera trasversale anche in quella di Tuttowelfare.info, come lo Smart working sia una misura entrata ormai nella ‘normalità’ delle aziende.

 

Rispetto alle nuove forme del lavoro, più flessibili, ma sempre meno tutelate, lo Smart working è una possibile soluzione per conciliare l’evoluzione del mondo del lavoro, legata soprattutto alle nuove tecnologie, e le esigenze di maggiore ‘libertà’ individuale da parte dei lavoratori.

 

Emerge poi il trend di crescita dell’introduzione di piani di welfare aziendale, così come quello della conversione del Pdr e l’aumento di adozioni di contratti aziendali: ciò si può agevolmente mettere in relazione con il calo del tasso di assenteismo e del ricorso alla cassa integrazione.

 

Si può dunque affermare che, almeno sul medio periodo – se non anche sul breve – le ricadute della maggiore diffusione del welfare sono positive. Cominciano ad accorgersene anche le piccole aziende, che hanno dichiarato, anche laddove non aderiscano già a forme di welfare, che sono comunque interessate a valutarlo.

 

Per queste bisognerebbe prevedere percorsi di accompagnamento strutturati, che siano loro concretamente utili per aiutarle ed accompagnarle a compiere il ‘grande salto’, per loro ancora abbastanza difficile.

 

A noi – e ai player del settore – compete la responsabilità di parlarne, per diffondere sempre più capillarmente la cultura del welfare aziendale e dei suoi benefici.

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chiara.pazzaglia@este.it