Garanzie, sicurezza e digitalizzazione: la previdenza post pandemia

Garanzie, sicurezza e digitalizzazione: la previdenza post pandemia

L’emergenza sanitaria ha portato una maggiore responsabilizzazione dei cittadini europei nei confronti della previdenza, soprattutto riguardo i temi legati all’invecchiamento e al mantenimento nel tempo dei propri stili di vita

 

All’inizio del 2020 il Covid-19 ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e le nostre prospettive future, comprese quelle previdenziali. Con un gran numero di persone che da febbraio 2020 è rimasto senza lavoro in Italia e in Europa – provvisoriamente o permanentemente – la pandemia ha avuto come conseguenza anche una significativa diminuzione di contributi affluiti nelle casse previdenziali, da cui dipende il pagamento delle pensioni pubbliche, e nei fondi pensione, per i quali la caduta dei mercati finanziari ha comportato anche – per gli iscritti nei comparti esposti al rischio – un deprezzamento degli asset in portafoglio.

 

Per capire quanto il virus abbia impattato anche in questo settore è necessario fare un confronto tra la situazione pre e quella post pandemia. A fine aprile 2020 l’Istat ha diffuso le prime ipotesi demografiche sull’evoluzione del Covid-19 formulate in base a differenti scenari. È emerso che un numero così ampio di decessi come quelli causati dal virus comporterà una riduzione dell’aspettativa di vita tra 0,4 e 1,4 anni. Questo potrebbe avere un effetto nel calcolo delle future rendite previdenziali, pubbliche e private, al prossimo aggiornamento dei coefficienti per il calcolo della quota contributiva, cioè nel 2022. L’impatto di queste variabili, non tutte a senso unico, non è stato ancora quantificato, ma probabilmente comporterà una rivisitazione del sistema assistenziale italiano.

 

Gli italiani e gli europei non sono abituati a risparmiare abbastanza

 

A febbraio 2020, invece, poco prima che l’epidemia divampasse anche in Europa, si era conclusa una survey condotta da Insurance Europe, la federazione degli assicuratori europei, sulle preferenze dei cittadini europei in materia previdenziale. Sono stati interpellati 10.174 cittadini di 10 Paesi dell’Unione europea per conoscere se risparmiano abbastanza per le loro pensioni future e quali caratteristiche quelle prestazioni debbono avere per soddisfare le loro aspettative e bisogni.

 

Innanzitutto è emerso che non si risparmia abbastanza per le pensioni future: il 43% dei cittadini europei (il 53% in Italia), già a inizio 2020, non stavano accantonando risorse per la vecchiaia, in buona parte per mancanza di disponibilità economiche. Non è pensabile, quindi, che all’indomani di Covid-19 il gap si possa facilmente ridurre, perché nei bilanci familiari, sotto stress per le conseguenze dell’epidemia, sarà ancora più difficile trovare spazi per sufficienti risparmi pensionistici.

 

In Italia è già facile prevedere, nell’immediato, un’ulteriore crescita della quota di iscritti non versanti, cioè di coloro (sono il 28% del totale) che risultano iscritti a una forma complementare di pensione, ma che attualmente non vi stanno contribuendo con nuovi versamenti. Per l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (Ania), che ha pubblicato la versione italiana del sondaggio, per rilanciare la previdenza complementare occorre innanzitutto lavorare sulla mancata consapevolezza dei bisogni: altri Paesi europei hanno già istituito da anni il portale delle pensioni online, dove i cittadini possono avere il quadro unitario dei contributi versati, anche se distribuiti in più enti o nei fondi complementari, e vedersi stimata la pensione complessiva.

 

Bisognerebbe poi puntare su maggiori incentivi: se non è il momento di aumentare il plafond annuo di contributi deducibili dal reddito, fermo da quasi 30 anni, si possono, allo stesso tempo, esplorare altre strade. Ania suggerisce di procedere a una razionalizzazione dei plafond esistenti consentendo a una persona di cumularne l’importo se decide di concentrare i propri risparmi su una singola prestazione (per esempio, la pensione). O anche di ottenere un plafond supplementare se utilizza tutti quelli che la legge mette a sua disposizione. In aggiunta si può, è un’ipotesi, pensare che genitori e nonni, non titolari di un piano di previdenza complementare attivo, possano finanziarlo a favore dei figli (anche se non a carico) o nipoti godendo dei relativi vantaggi fiscali.

 

Protezione dagli imprevisti e garanzie per la pensione

 

La conclusione più rilevante del report degli assicuratori europei riguarda, però, il bisogno di sicurezza che i cittadini manifestano quando parlano delle loro scelte previdenziali. Un piano pensionistico – si esprime così il 60% delle persone interpellate (il 57% in Italia) – deve soprattutto essere in grado, nella fase di accumulo, di non generare perdite. Nelle risposte, quella priorità viene molto prima della giusta attenzione alle performance finanziarie ottenute dai gestori. E segnala la preferenza dei contribuenti verso le soluzioni tipicamente assicurative, quelle in cui è contrattualmente prevista la garanzia. Le risposte alla survey rappresentano una conferma dell’approccio prudente ai temi della previdenza scelto, almeno in Italia, dalla maggioranza degli iscritti alle forme complementari.

 

A questo riguardo i dati della Covip, l’authority sulla previdenza complementare, attestano che nell’ultimo decennio i Piani individuali pensionistici (Pip), caratterizzati dalle soluzioni garantite offerte dalle compagnie di assicurazione, hanno registrato le adesioni più numerose. Questa protezione ha, per esempio, tenuto indenni i risparmiatori dalle forti perdite che in questi mesi avrebbero subito per effetto della discesa dei mercati azionari e obbligazionari, seguita al diffondersi della pandemia.

 

“In questo periodo il nostro Paese sta pagando un prezzo altissimo, non solo in termini di vite umane, ma anche di distruzione di ricchezza, perdita di opportunità di lavoro, lacerazione del tessuto sociale”, ha osservato il Presidente del Covip, Mario Padula durante la Relazione annuale sull’attività svolta nel 2019, trasmessa online il 24 giugno 2020. “È necessario subito un rinnovamento del patto tra generazioni che guardi ai giovani, per assicurare loro spazi adeguati di lavoro e di vita, e agli anziani, per garantire loro la serenità di cui hanno bisogno: si tratta di ripartire, con l’impegno di tutti, istituzioni e operatori, per costruire un sistema previdenziale inclusivo e solido, in grado di coniugare sostenibilità sociale e sostenibilità finanziaria, all’interno di un sistema economico che sappia guardare al futuro su basi più avanzate con speranza, coraggio e capacità di innovare”, si auspica Padula.

 

Bisogna quindi ripensare, per il Presidente del Covip, al ruolo che non solo gli investitori istituzionali ma anche il risparmio privato in generale possono svolgere per la crescita dell’economia e lo sviluppo dei mercati finanziari, affrontando con coraggio i problemi che un’economia, come quella italiana, pone anche in relazione al suo tessuto industriale e al suo mercato dei capitali, che non andrebbero riguardati come parametri, ma piuttosto come variabili.

 

La pandemia, infatti, ha sottolineato la tendenza a risparmiare e a spendere meno per gli acquisti, aumentando quindi i depositi negli istituti di credito dei principali Paesi europei, compresa l’Italia: lo ha svelato la Banca centrale europea a maggio 2020. In Italia, i cittadini a marzo hanno messo da parte 16.8 miliardi di euro, cioè il 254% in più rispetto allo stesso mese del 2019. Successivamente, l’ultima rilevazione di Wealth Insights, il sondaggio curato da Prometeia e Ipsos che monitora il rapporto degli italiani con le loro ricchezze, ha mostrato che oltre il 50% degli investitori privati italiani che hanno depositato i loro risparmi nel conto corrente non ha intenzione di rischiare e investire sui mercati.

 

Il canale digitale come priorità per essere informati

 

Un bisogno che durante il lockdown è diventato primario è quello dell’accesso a strumenti digitali per comunicare o lavorare. È significativo quindi che, ancora prima dell’emergenza Covid-19, gli interpellati al sondaggio di Insurance Europe si siano espressi a favore dell’uso di Internet come strumento preferibile per essere informati e sottoscrivere piani di risparmio previdenziale.

 

In questa direzione sono andati i due terzi delle risposte ai questionari, e in Italia la percentuale si è attestata al 74,5% delle risposte. La chiara preferenza verso il digitale nell’informazione e la vendita di piani di risparmio previdenziale, per Ania, sembra destinata a rimanere un tratto distintivo di questo mercato anche per il futuro, favorendo implicitamente una maggiore concorrenzialità tra operatori, standard più elevati di trasparenza e accessibilità dei prodotti e una migliore gestione dei piani di risparmio da parte di consumatori e intermediari.

 

Gli europei chiedono di associare a piani di risparmio previdenziali anche altri tipi di coperture, per esempio sanitarie: un’altra delle principali conclusioni della survey anticipatrice dello scenario che si è materializzato in questi ultimi mesi. Nelle risposte ai questionari gli interpellati chiedono di implementare i programmi di risparmio contro il rischio di premorienza.

 

È una soluzione verso la quale guarda con interesse circa il 46% (il 49% in Italia) degli interpellati in Europa. Una percentuale di poco inferiore (40%, il 32% in Italia) è attratta anche dalla possibilità di includere nel proprio piano previdenziale specifiche coperture sanitarie o contro i rischi della longevità e dell’invecchiamento. Gli obiettivi della previdenza non vengono quindi percepiti come limitati a ottenere redditi pensionistici adeguati, ma come un contenitore di bisogni da soddisfare nel tempo dilatato dell’anzianità.

 

Il tratto comune della ricerca, cioè la priorità che è stata indicata nel costruire e gestire i piani di risparmio previdenziali, è comunque espressione di una maggiore responsabilizzazione dei cittadini europei nei confronti dei temi legati all’invecchiamento e al mantenimento nel tempo dei propri stili di vita. Il report, secondo Ania, fa pensare che la rendita pensionistica al termine della vita attiva e le altre reti di protezione della terza età saranno sempre più il prodotto di scelte consapevoli fatte nel corso degli anni e di una gestione dinamica dei cambiamenti, affrontando gli imprevisti che la vita spesso riserva. Anche quando assumono le sembianze di vere e proprie emergenze epocali.

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