Meno male che ci sono i nonni
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Meno male che ci sono i nonni

I nonni spesso sono un sostegno e un aiuto per i lavoratori nella cura dei nipoti, sopperendo alle lacune del welfare. Ma con l’aumento dell’aspettativa di vita e il crescente fenomeno della migrazione interna quale ruolo avranno i nonni in futuro?

 

I nonni sono una delle principali fonti di welfare delle famiglie italiane, in alcuni casi l’unica. Ce ne accorgiamo soprattutto d’estate, con la chiusura delle scuole e l’arrivo delle vacanze estive. Un italiano su tre, infatti, si rivolge a loro per la cura dei figli.

 

Il dato arriva da un’indagine sul welfare effettuata dall’Osservatorio di Reale Mutua, che ha confermato la tesi secondo cui sempre più spesso siano i nonni a stare con i nipoti quando i genitori sono al lavoro; ma non è finita, perché sono sempre i nonni a dare una mano con commissioni e faccende domestiche. Inoltre c’è di più. Per oltre un italiano su tre (38%) in età adulta e con figli, i propri genitori sono anche un’importante fonte di sostegno economico, talvolta indispensabile.

 

I nonni sono dunque diventati un pilastro delle famiglie italiane, soprattutto per la difficoltà dei più giovani a conciliare i tempi del lavoro con quelli domestici e familiari (45%), problema dettato dal fatto che, secondo il 31% degli intervistati, mancano strutture e servizi ai quali accedere come asili o centri ricreativi. A questo si aggiunge la povertà delle famiglie (27%) e la difficoltà a raggiungere una stabilità lavorativa (24%).

 

Genitori di oggi, ma non nonni di domani

 

Ma questo modello non è destinato a durare a lungo. I pensionati di domani, infatti, non avranno le stesse possibilità di oggi di mantenere lo stesso tenore di vita pre-pensionamento, una volta lasciato il mercato del lavoro. E questo ovviamente si ripercuoterà anche sugli aiuti destinati ai figli e nipoti che potranno andare incontro a una sensibile riduzione.

 

Abbiamo approfondito questa tematica con Giulia Mascagni, Ricercatrice e Docente di Sociologia all’Università degli Studi di Firenze, le cui attività sono principalmente dedicate alle disuguaglianze sociali, la salute e l’invecchiamento.

 

“Se ampliamo un po’ il nostro sguardo, questi dati non risultano così sorprendenti, perché stiamo raccogliendo i frutti di trasformazioni e investimenti sociali in atto da alcuni decenni, come l’allungamento medio della vita e l’aumento dell’età media delle donne alla nascita del primo figlio”, spiega.

 

Le trasformazioni del profilo e del ruolo dei nonni diventano infatti più chiaramente intellegibili alla luce di alcune riflessioni: “L’aspettativa di vita si è allungata e i 65-70enni di oggi spesso si devono dividere tra il carico di cura dei loro genitori, ultra 85enni e con prospettive di autosufficienza sempre più limitata, e la necessità di dare supporto ai propri figli e nipoti”.

 

Una situazione complessa e difficile da maneggiare, anche perché nel nostro Paese “il sistema di protezione sociale si dimostra ancora una volta carente e segnato da investimenti scarsi e/o mal orientati”. Basti pensare alle difficoltà di accedere ai servizi per la prima infanzia come il nido o alla lunga chiusura estiva delle scuole: “In questo senso la figura dei nonni diventa centrale, ma l’aiuto chiesto loro talvolta può diventare oneroso, anche se fatto con amore, perché richiede rinunce e sacrifici”, sottolinea l’esperta.

 

Il ruolo di caregiver verso i bisnonni

 

Qui subentra anche il problema delle disuguaglianze sociali: “I più avvantaggiati possono orientarsi verso i centri estivi, oppure affidarsi a baby-sitter e altre forme di collaborazione tamponando così le mancanze delle politiche e dei servizi pubblici, mentre coloro che non possono permetterselo devono per forza rivolgersi alla propria rete familiare”. Ma non sempre è così facile: “Non va dimenticato il fenomeno della migrazione interna, per cui tanti tra i 30enni e i 40enni di oggi vivono lontani dal proprio nucleo familiare e amicale originario e questo li priva di una serie di supporti informali assai preziosi”.

 

L’aiuto dei nonni, comunque, dovrebbe essere più l’eccezione che la regola: “Troppo spesso è proprio la rete familiare che finisce per tamponare l’emergenza e le carenze del sistema, ma questo comporta dei vincoli e dei rischi”. Per varie ragioni: la prima è che non tutti hanno “la voglia e il piacere di ricoprire questo ruolo di caregiver, mentre in altri casi “magari la volontà c’è, ma ci sono i bisnonni da accudire o distanze troppo lunghe da coprire che lo rendono impossibile”.

 

Il rischio, poi, quando i nonni diventano una stampella troppo importante è che si perda un po’ la dimensione dell’affettività: “La loro figura è fondamentale nella vita dei nipoti e si esprime al meglio quando non è strettamente legata a necessità di tipo organizzativo”. Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? “Sarebbe auspicabile che il welfare iniziasse a giocare un ruolo di reale sostegno, esauriente rispetto alle necessità e affidabile rispetto alle modalità di erogazione dei servizi, soprattutto per coloro che hanno meno risorse, meno reti e meno capitale culturale”.

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