Il welfare come scudo per i nuovi rischi

Il welfare come scudo per i nuovi rischi

Elsa Fornero ha illustrato le sue tesi sul welfare oltre la pandemia intervenendo all’evento Wellfeel, il convegno della casa editrice ESTE, di cui Tuttowelfare.info è stato Media Partner

 

Parlare di welfare significa parlare di ‘rischio’. Perché non esiste welfare senza considerare i pericoli che investono la vita. E per impostare programmi di benessere in grado di rispondere alle domande attuali serve affrontare proprio il rischio. Per esempio con una logica di copertura preventiva; oppure attivandosi successivamente quando si verificano gli eventi, cercando di porvi rimedio. “Ma è sempre meglio agire prima”, è il consiglio di Elsa Fornero, Professoressa Onoraria di Economia Politica presso l’Università di Torino e Coordinatrice Scientifica del Center for Research on Pensions and Welfare Policies (Cerp), illustrando le sue tesi sul welfare oltre la pandemia.

Secondo l’ex Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e attuale membro della task force del Presidente del Consiglio Mario Draghi per le politiche economiche, nello scenario che stiamo affrontando il rischio fa parte della vita, oggi ben più che nel passato. “Pensiamo agli ultimi anni: c’è stata la crisi finanziaria che non era stata prevista e ora c’è la pandemia. Gli ultimi 15 anni sono stati caratterizzati da sofferenza economica e sociale, e concordo quindi con Mark Zuckerberg quando diceva che il più grande rischio è… non prendere rischi”, ha spiegato Fornero, intervenendo all’evento Wellfeel, welfare aziendale e benessere organizzativo, il convegno della casa editrice ESTE, di cui Tuttowelfare.info è stato Media Partner.

Il welfare inteso come gestione del rischio non può però essere solo pubblico. Deve essere necessariamente anche privato. Pubblico e privato devono poi partire dall’accettazione di questo rischio, perché fa parte della vita, come ricorda Fornero, sia a livello personale sia a livello globale.

Prendersi cura delle persone fin dalla nascita

Entrando nello specifico di questi rischi, quelli da prendere in considerazione sono le eventualità avverse che fanno parte del ciclo della vita di tutti. A partire da quella di nascere nella famiglia ‘sbagliata’ o nel luogo ‘sbagliato’. “Per esempio, chi si occupa di welfare conosce l’importanza del prendersi cura di chi diventa genitore, uno momento ‘cruciali’ della vita. I Paesi nordici lo sanno da tanto tempo e anche noi dobbiamo partire da lì, dalla salute individuale e dalla considerazione dei bambini”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), va detto, vuole portare l’Italia a livello europeo sul numero di asili nido: partire dal benessere fin dall’infanzia riduce infatti molti rischi, ha spiegato Fornero, influendo positivamente sull’età adulta.

 

 

“Si arriva poi all’età anziana, e qui il rischio è, paradossalmente, la longevità”. La questione porta al discorso sulla previdenza statale, che però non può più essere considerata come l’unica modalità possibile. In questo senso, anche le aziende possono occuparsi di welfare integrativo, prendendosi cura delle proprie persone anche dopo il pensionamento e non solo durante gli anni in cui sono fisicamente in azienda. Ma il welfare in generale, ha fatto notare Fornero, non è ancora inclusivo, e non solo per quanto riguarda la popolazione anziana.

Ecco allora che si arriva a parlare di donne: fino a pochi anni fa, l’istruzione femminile era secondaria (c’era l’idea che alle donne bastava sposarsi) e l’indipendenza economica non era un valore sociale (ancora oggi non è socialmente sdoganata per le donne). Tutto questo ha ancora un retaggio percettivo. “Oggi le ragazze sono più istruite dei ragazzi – almeno così dicono dati e statistiche – ma poi si fermano nel percorso d’istruzione, perché trovano ostacoli”.

Se quindi la politica ha incoraggiato la parità dell’istruzione (spingendo anche verso le materie scientifiche, che rientrano nell’acronimo STEM), oggi c’è bisogno di guardare oltre al diploma e alla laurea. “Nel mondo del lavoro c’è purtroppo una discriminazione a priori, a partire dal trattamento riservato alle donne e alle situazioni di ripiego a loro riservati, come il pensionamento anticipato. Ma se si vuole raggiungere la parità, non possono bastare le compensazioni a posteriori per rimediare a errori perpetuati per troppo tempo”.

La vera inclusione passa dall’integrazione pubblico-privato

Scegliere di applicare un welfare integrativo significa per esempio introdurre in azienda una logica di inclusione di tutte le persone. Ma chi si occupa dei rischi? Tradizionalmente lo Stato e il mercato (le compagnie di assicurazione), ma la situazione andrebbe rivista. Perché oggi l’intervento pubblico è necessario, ma non più sufficiente, è stata la tesi Fornero. Il welfare, dunque, non deve essere esclusivamente uno strumento per combattere la povertà.

“La visione del welfare integrato, che rende resilienti e più forti le persone nell’affrontare le situazioni negative, deve avere una spinta dallo Stato, ma anche un’architettura solida, con le aziende che abbiano a cuore davvero il benessere dei propri dipendenti. Questo deve essere l’intento nel post pandemia”. E il Pnrr può davvero diventare un’opportunità: “Sei anni, cioè il tempo di applicazione del Pnrr, non coprono una generazione, ma rappresentano un periodo importante in cui possiamo intraprendere una strada senza abbandonarla”, ha spiegato Fornero. “Abbiamo le risorse finanziarie (assetto necessario, ma non sufficiente), un Governo all’altezza e una finestra di opportunità da sfruttare. Però dobbiamo impegnarci tutti. Il progresso è fatto di risorse, leadership e soprattutto volontà collettiva”.

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sara.polotti@este.it