«Puntiamo a un welfare democratico»

«Puntiamo a un welfare democratico»

Enrico Vanin, Amministratore Delegato di Aon Spa e di Hewitt Risk & Consulting, spiega a Tuttowelfare.info come intende portare più benessere nelle aziende per tutti i dipendenti. E non solo.

 

Mettere l’uomo e il suo benessere al centro delle strategie di sviluppo per  garantire continuità al business, aumentare la retention, diventare attrattivi per le nuove generazioni di lavoratori e spingere sulla leva della produttività e dell’innovazione. Con questi obiettivi in testa Aon, uno dei principali gruppi al mondo operativo in ambito dell’intermediazione assicurativa, servizi per risorse umane e soluzioni in outsourcing, ha messo a punto un piano welfare che comprende servizi di wellbeing, flessibilità dell’orario di lavoro sia in entrata sia in uscita,  smart working, pani sanitari e pensionistici. Un progetto ampio e articolato che dopo essere stato testato con successo tra i suoi 55.000 dipendenti sparsi in 500 uffici al mondo, è diventato un punto di riferimento e un modello da imitare anche per le aziende clienti. «Del resto creare un ambiente di lavoro dove i dipendenti si sentano bene è fondamentale e lo sarà ancora di più in futuro», spiega Enrico Vanin, Amministratore Delegato di Aon Spa e di Hewitt Risk & Consulting. «Questo significa lavorare su più fronti per migliorare la qualità della loro vita realizzando desideri, necessità e sicurezza che la società di oggi e il  welfare pubblico non sono più in grado di soddisfare». A beneficiarne sarà il business nel suo complesso se è vero, come riporta l’annuale Risk management survay di Aon, che la difficoltà di attrarre e mantenere i talenti è diventata il quinto rischio percepito dalle aziende nel mondo, alle spalle del danno reputazionale, cyber attack,  gestione della crisi economica e della lenta ripresa e  rischio di credito. E non c’è da stupirsi più di tanto visto che diversi studi hanno provato l’esistenza di una correlazione diretta fra la velocità di innovazione di un’impresa e la sua capacità di gestire i talenti.  «Un dato di fatto che aziende operative su mercati sempre più complessi e in continua evoluzione non possono più permettersi di trascurare», continua Vanin. Da qui l’importanza di piani welfare ben calibrati e in grado di soddisfare le esigenze reali dei lavoratori.
Oggi le aziende su quali tipo di servizi stanno puntando maggiormente per i loro programmi di welfare  aziendale? 
Salute e pensioni. Tendenza che ci è stata confermata anche da un recente studio che abbiamo commissionato alla società di consulenza internazionale Bain&Cuneo. Del resto non c’è da stupirsi visto che oggi il welfare pubblico è in crisi in tutti i Paesi a causa dell’aumento della popolazione mondiale.  
Problema che però non riguarda l’Italia visto il basso tasso di natalità…

Infatti, da noi a mandare in crisi il sistema di welfare pubblico sono l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della cronicizzazione di alcune patologie come l’ipertensione arteriosa, ictus ischemico,  scompenso cardiaco e diabete, solo per citarne alcune. Problemi che nel lungo periodo finiranno per pesare anche sulle spalle delle imprese.  Ma il sistema privato è nelle condizioni di trasformare questo rischio in opportunità. Purché venga sempre tenuta in primo piano l’etica.
Che cosa intende dire?
Che da parte dei player assicurativi ci vuole trasparenza nell’offerta e nei costi, che devono essere equi.
In che senso?
L’incremento delle esigenze assistenziali a causa del contenimento delle prestazioni garantite dal sistema di welfare pubblico e il progressivo invecchiamento della popolazione, stanno facendo lievitare la spesa sanitaria privata, ma il numero delle persone che hanno prodotti assicurativi sanitari cresce in maniera meno che proporzionale.
Questo cosa significa?
Significa che chi se li può permettere è sempre la fascia più ricca della popolazione, fatta di dirigenti, quadri e impiegati aziendali. Basti dire che la spesa sanitaria in Italia ammonta a quasi 40 miliardi di euro l’anno e a  oggi è finanziata per oltre il 90% direttamente dai cittadini, che non stipulano polizze o non sono iscritti a Fondi. Quelli che hanno prodotti assicurativi legati alla salute sono 9 milioni su una popolazione complessiva nazionale di 61 milioni di persone.
Voi cosa avete fatto per allargare la platea di chi può permettersi prodotti assicurativi di tipo sanitario?   
Ci siamo posti l’obiettivo di mettere al centro della nostra politica di sviluppo non solo i nostri dipendenti ma le persone in generale, consentendo a una fascia sempre più ampia di popolazione di accedere a servizi sanitari a un buon prezzo, in modo semplice e trasparente e di avere il rimborso delle spese correlate.
Obiettivo raggiunto?
Si, anche perché ci siamo mossi per tempo diversi anni fa chiedendo ai nostri assicuratori di voler gestire direttamente i servizi per conto dei nostri clienti in modo da poter tagliare i tempi dei rimborsi e puntare a una qualità del servizio più alta. Il secondo step è stato quello di offrire servizi sanitari a un costo competitivo utilizzando la stessa logica del gruppo di acquisto per avere dalle varie strutture prestazioni sanitarie a condizioni economiche agevolate. In questo modo abbiamo creato One Net, la nostra rete sanitaria indipendente che oggi conta oltre 10.000 strutture convenzionate (con oltre 30.000 medici), attiva per ogni tipo di prestazione sanitaria, dal ricovero alle visite specialistiche, alla fisioterapia, fino alle cure odontoiatriche. Un network che consente ai dipendenti delle aziende clienti di scegliere in autonomia la struttura più idonea alle loro esigenze e fissare un appuntamento a una tariffa accessibile. E abbiamo convinto anche molti Fondi a entrare nella nostre rete.
Ma ci sono anche lavoratori e aziende che non hanno alcuna forma di  integrazione sanitaria…
Vero, per loro abbiamo istituito due Casse di Assistenza interaziendali che permettono ai dipendenti delle società associate di avere il rimborso delle spese sanitarie sostenute con una piccolissima franchigia grazie al meccanismo dei Flexible Benefit e ai relativi vantaggi fiscali.
Resta però un’ampia platea di imprese che non hanno risorse per sostenere nemmeno l’iscrizione a Casse di assistenza di questo tipo….
Abbiamo pensato anche a questo target. Per questa tipologia di imprese diamo infatti la possibilità di acquistare l’accesso alla nostra rete medica anche se non hanno sottoscritto alcuna polizza con noi. Nel senso che l’azienda può decidere di comprare l’accesso a One Net (5 euro l’anno per dipendente), oppure non pagare nulla, ma mettere il servizio a disposizione del dipendente che può chiamare il nostro call center o usare la nostra app per prenotare visite e analisi pagando un fee di prenotazione “trasparente” e risparmiando comunque.
E sul fronte delle pensioni come vi state muovendo visto che in Italia i prodotti assicurativi per integrare l’assegno Inps non stanno decollando?
Su questo tema è importante fare cultura. Per questo abbiamo deciso di offrire sia al nostro interno sia alle aziende clienti  corsi  di formazione destinati a tutto il personale per far conoscere  il quadro della situazione pensionistica attuale e quale sarà il livello delle pensioni future se non si interverrà per tempo con prodotti ad hoc. Il tutto utilizzando sistemi dimostrativi dinamici. Una scelta che sta dando i suoi frutti tanto che da quando realizziamo questi workshop nella nostra azienda abbiamo visto crescere le adesioni al fondo pensione in modo esponenziale. Basti dire che tre anni fa le sottoscrizioni corrispondevano al 30% della popolazione aziendale e oggi siamo al 60%.
Quanto è strategico per il vostro sviluppo futuro il tema delle pensioni?
Direi che è uno dei comparti su cui ci stiamo maggiormente concentrando. Tanto che in Benelux abbiamo recentemente costituito United Pension, un fondo pensione aperto paneuropeo. Si tratta di un prodotto con costi di gestione più bassi del mercato e rendimenti più alti, in più garantisce la mobilità visto che una persona vi può accedere ovunque lavori nel mondo.
In Italia è stato già lanciato? 
Non ancora ma lo sarà a breve. Per ora è stato attivato nel Regno Unito.  L’idea è quella di dare ai nostri dipendenti e a quelli delle società clienti uno strumento garantito e gestito direttamente da noi, forti dell’esperienza che abbiamo maturato negli anni in questo campo visto che Aon  già gestisce diversi trilioni di dollari di fondi pensione nel mondo.
Su quali altri comparti state puntando per il vostro sviluppo futuro?
Sulle polizze long term care e sui prodotti per il target silver age. Nel frattempo intendiamo allargare i nostri servizi già attivi in tre ambiti: assistenza domiciliare, estendendo la nostra rete di medici a farmacie (per prenotazioni e consegna farmaci, convenzioni); assistenza domiciliare (caregiver) e veterinari perché oggi la pet economy è un mercato che vale 2 miliardi e 51 milioni di euro, e la sua crescita non è ancora finita. Ma la nostra vera sfida è un’altra.
Quale?
Traghettare la nostra rete  One Net e il nostro Software online One Care, realizzato per la gestione dei sinistri e rimborso spese mediche da parte dei dipendenti dal B2B al B2B2C e poi direttamente al B2C. Ma è troppo presto per parlarne.

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