Salute, diversi per ceto

Salute, diversi per ceto

Le disuguaglianze tra fasce di popolazione più e meno abbienti aumentano più si invecchia. Il gap è più evidente sul piano della salute e del benessere. Pesano le ripercussioni sulla vita quotidiana e sul lavoro.

 

 

Più passano gli anni e più crescono le disuguaglianze, soprattutto nell’ambito della salute. È questo il quadro che ci restituisce l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha studiato le condizioni di vita in Europa.

 

Il divario tra i ceti più abbienti e quelli meno abbienti si fa sempre più ampio. Se nei primi anni del 2000 la differenza nell’aspettativa di vita negli uomini si attestava sui tre-quattro anni, oggi è di sette. Per la prima categoria, infatti, siamo sugli 87 anni, mentre per la seconda – quelli che hanno lasciato prima la scuola e hanno avuto meno possibilità di studiare – la speranza di vita scende a 78. La situazione cambia poco nelle donne, nonostante l’aspettativa si sia allungata di un anno nell’ultimo decennio.

 

Il problema, però, non è tutto qui, ma coinvolge anche la qualità e le condizioni di vita. Chi lamenta uno stato di salute negativo è il 12% in più tra le fasce meno abbienti, rispetto a chi vive una condizione di vita più avvantaggiata a livello economico. Una distanza, questa, che cresce parecchio dopo i 65 anni. Basti pensare a questo esempio.

 

Le donne Over 65 con redditi alti si lamentano della propria salute nel 13% dei casi, percentuale che sale a 20 quando ci confrontiamo con chi ha un reddito più basso. Una simile tendenza si registra anche tra gli uomini, seppur con un divario minore. Bisogna poi tenere in considerazione che una cattiva condizione di salute ha delle ripercussioni sulle attività quotidiane e sul lavoro, rischiando di far precipitare i meno abbienti ai gradini più bassi della scala sociale.

 

Il problema, tuttavia, non riguarda soltanto la salute fisica. I ceti con redditi più bassi, infatti, sono più a rischio anche dal punto di vista mentale, registrando il doppio delle possibilità di ammalarsi di depressione e altri disturbi psichici. In Italia, infatti, soffrono di questo tipo di problemi il 10% delle persone con redditi più alti e la percentuale cresce – fino a toccare il 30% – via via che il reddito si fa più basso.

 

Ma quali sono i fattori sociali alla base di queste disuguaglianze nell’ambito della salute? Il rapporto dell’Oms mette al primo posto le condizioni di vita, che si traducono nel vivere in quartieri più o meno inquinati e sicuri o nel riuscire ad assicurarsi il riscaldamento o i tre pasti al giorno.

 

Il vero problema, stando allo studio, non è l’accesso alla sanità – che incide solo nel 10% dei casi – bensì la condizione di isolamento che si viene a creare intorno ai soggetti con meno possibilità economiche. Condizione che porta a un inevitabile crollo di fiducia nel mondo esterno e nella possibilità di cambiamento.

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ludovica.liuni@tuttowelfare.it