Terzo settore, asset strategico per l’accoglienza dei profughi ucraini
Gli enti e associazioni del volontariato sono in prima linea nel fronteggiare l’emergenza umanitaria, ma per il Forum del Terzo settore è il momento di cambiare le regole
Il Terzo settore può giocare una partita decisiva nell’importate compito di supporto ai profughi ucraini, per questo è stato ufficialmente riconosciuto dal decreto legge dello scorso marzo per l’accoglienza dei profughi ucraini come un asset fondamentale in questa partita. Al Terzo settore viene assegnato un “compito alla pari” rispetto alle istituzioni statali, cioè quello di impegnarsi per raggiungere “il bene comune”.
Il numero di persone in fuga dalla guerra dal conflitto continua a salire, ad oggi in Italia sono 100.000 i profughi ucraini. Sulla piattaforma realizzata dal Dipartimento della Protezione Civile e chiusa a fine aprile, sono state caricate 48 offerte di sistemazioni per i profughi, per un totale di 26.412 posti letto disponibili. Questo numero dovrà essere sottoposto al vaglio di conformità da parte del Responsabile del Procedimento e all’analisi della Commissione di valutazione per capire la reale entità dei posti convenzionabili e poter così sottoscrivere convenzioni con enti e associazioni.
TERZO SETTORE IN PRIMA LINEA
Ogni soggetto di Terzo settore che ha partecipato a questa chiamata potrà mettere a disposizione da 300 a 3000 posti (con un numero massimo di 15 persone ospitate in ciascuna struttura di accoglienza). Gli enti e associazioni che risulteranno idonei all’accoglienza dovranno organizzare un piano definito e strutturato di attività per offrire diverse tipologie di servizi: orientamento, mediazione linguistica e interculturale, inserimento scolastico e lavorativo, organizzazione di attività extrascolastiche per i minori. Per quanto riguarda le attività di riqualificazione professionale, si punta soprattutto al rafforzamento di competenze utili che la persona potrà poi sfruttare al suo ritorno in Ucraina. Il ruolo della formazione e il lavoro degli intermediari culturali ricoprono quindi un valore cruciale per le attività a supporto dei profughi messe in campo dal Terzo settore.
FORUM DEL TERZO SETTORE: E’ IL MOMENTO DI CAMBIARE
La straordinaria partecipazione del Terzo settore e del Privato sociale, come sottolineato dal Capo del Dipartimento Fabrizio Curcio, ha dimostrato una grande attenzione sulle tematiche legate all’accoglienza, “che potrà rilevarsi utile anche nelle future emergenze”. Questa situazione di crisi però non sembra ancora vicina a una soluzione, perciò c’è chi chiede un ripensamento del sistema di accoglienza per poter far fronte più a lungo all’emergenza, puntando anche a una miglior sinergia tra istituzioni e Terzo settore, se non addirittura a una revisione della riforma del Terzo settore.
In particolare il Forum del Terzo settore lancia l’allarme per il mondo del no-profit dichiarando che sarà sempre più difficile portare avanti progetti di volontariato se non cambierà la normativa e la gestione delle politiche pubbliche. “Non potremo più essere presenti nelle emergenze come abbiamo fatto finora – ha dichiarato la Portavoce del Forum Vanessa Pallucchi durante un evento pubblico a inizio aprile – se le nostre organizzazioni non saranno messe nelle condizioni di operare al meglio e con le tutele necessarie. Abbiamo sempre risposto con tempestività, e non senza fatica, ai momenti più critici di questi ultimi anni. Le nostre organizzazioni si sono a volte anche reinventate pur di non lasciare sole le persone durante la pandemia, lo hanno fatto con lo spirito di solidarietà che da sempre le caratterizza, a volte rimettendoci, e lo stanno facendo anche adesso, con l’emergenza umanitaria della guerra in Ucraina. Nonostante le incertezze sul proprio futuro sono sempre in prima linea, sempre a dare fiducia e a tenere salda la coesione sociale. Riceviamo per questo riconoscimenti e apprezzamenti da più parti, ma le parole non ci bastano più. Abbiamo bisogno di fatti concreti; abbiamo bisogno che vengano approvate le nuove norme fiscali.”
LA QUESTIONE DEL REGISTRO UNICO
A suscitare preoccupazione è in particolare il Registro unico del Terzo settore, a cui si dovranno iscrivere i diversi enti senza però conoscere “il loro destino fiscale”, denuncia Pallucchi. L’ingresso nel Registro non è obbligatorio, ma chi vi accede avrà diritto alle nuove agevolazioni fiscali previste dalla riforma del Terzo settore e al riparto del cinque per mille dell’Irpef destinato al “volontariato”.
Proprio a causa di questa incertezza normativa, prosegue Pallucchi, diversi settori dell’associazionismo e del volontariato, specialmente quelli più piccoli, potrebbero non diventare ufficialmente enti di Terzo settore, cancellando così molte esperienze di impegno civico. “Non stiamo chiedendo privilegi né trattamenti di favore ma regole stabili, non vessatorie, non peggiorative della situazione attuale. Al contrario, quello che sta accadendo è che, da un lato, si chiede al Terzo settore di consolidare e migliorare il proprio impegno – senza peraltro che a ciò corrisponda qualche nuovo sostegno o incentivo -, e dall’altro lo si vuole colpire come fosse un pericoloso evasore fiscale.”