Dormire bene per lavorare meglio

Dormire bene per lavorare meglio

Un buon riposo aiuta a essere più produttivi. Ecco che per le aziende diventa sempre più importante monitorare il ciclo del sonno dei lavoratori.

 

In un momento storico in cui molte aziende richiedono ai propri dipendenti una disponibilità quasi totale, diventa fondamentale che le persone siano sempre in forma per poter esprimere al meglio il loro potenziale. E in questo ambito rientra anche il sonno.

 

Alcune ricerche formulate dalla società di consulenza McKinsey hanno evidenziato una forte correlazione tra prestazioni di leadership e salute organizzativa. Quattro tipi di comportamenti di leadership sono più comunemente associati a team esecutivi di alta qualità: la capacità di operare con un forte orientamento ai risultati, risolvere i problemi in modo efficace, cercare diverse prospettive e supportare gli altri. Ciò che colpisce in tutti e quattro i casi è il legame comprovato tra sonno e leadership efficace.

 

La Direzione del Personale, dunque, dovrebbe seriamente prendere in considerazione l’idea di includere nei piani di welfare aziendale servizi di informazione e formazione riguardo al giusto riposo. Ci sarebbero vantaggi tangibili in termini di performance, riduzione dei rischi, riduzione degli incidenti e dei relativi costi.

 

Come dimostrano le più recenti ricerche riposare non è un ‘tempo morto’, ma è il momento fondamentale per il nostro cervello e il nostro corpo per fare ordine e poter ripartire il giorno successivo di nuovo in forma.

 

Ma come possono le aziende assicurare ai propri dipendenti una buona qualità del sonno? Non è semplice definirlo. Ne abbiamo parlato con Marco Caglieris, Direttore di Sonnomedica, Centro di Medicina del Sonno.

 

“Negli ultimi anni l’umanità ha perso 90 minuti di sonno pro capite. In molte nazioni come Stati Uniti e Australia si sta già affrontando politicamente il tema della deprivazione generale di sonno; in Europa siamo un po’ più indietro e, soprattutto, non sempre siamo ben informati”.

 

Luoghi comuni da sfatare

 

Caglieris si riferisce ad alcuni luoghi comuni che andrebbero sfatati: “È comune vedere tanti manager che affermano, con vanto, di dormire poche ore a notte, ma si tratta di un comportamento errato. Può capitare a volte, e in quel caso non sarebbe un problema; però non può essere un’abitudine”.

 

Sono tuttavia tanti i professionisti già consci dell’importanza del sonno. In particolare gli sportivi. “Cristiano Ronaldo è solo uno degli atleti più noti che ha uno sleep coach personale. Ma non ci sono solo tanti sportivi: per esempio anche il settore dell’aeronautica è da sempre molto attento al riposo dei propri addetti ai lavori per garantire a tutti noi i livelli di efficienza e sicurezza”.

 

Il secondo luogo comune, invece, è molto radicato in Italia: “Crediamo che russare non sia un problema e, invece, può esserlo”, continua il Direttore di Sonnomedica. “Uno dei sintomi-sentinella delle apnee del sonno è proprio questo fenomeno. Chi ne soffre, e parliamo di più del 20% della popolazione, è convinto di aver dormito profondamente, quando in realtà non ha un sonno ristoratore e la mattina si sveglia spossato. Con altre conseguenze più gravi come, per esempio, gli impatti sul sistema cardiovascolare”.

 

Le conseguenze dei cosiddetti ‘colpi di sonno’ sono ben visibili anche nel mondo del lavoro: “La principale causa di incidenti sul lavoro sono quelli ‘in itinere’ di chi va e torna dal lavoro, ma può capitare che ci si addormenti in azienda durante una riunione o, comunque, non si sia lucidi e non si riesca a performare al massimo”.

 

Per questo, a seguito della Direttiva dell’Unione europea, ora anche in Italia è obbligatorio per legge verificare l’assenza di disturbi del sonno al momento del rilascio e del rinnovo della patente di guida.

 

I benefici per le aziende

 

È sull’informazione che dovrebbero soffermarsi le aziende: “Una campagna informativa che aiuti i propri dipendenti è la prima cosa da fare”, avverte Caglieris. “Da un’indagine condotta su Milano nel 2017, è emerso che si vendono più di 100 pillole al minuto per combattere l’insonnia: si tratta di un dato significativo”.

 

Molti, infatti, associano in generale i disturbi del sonno all’insonnia: “Ci sono fenomeni molto diversi. Importante è che si facciano campagne di informazione e screening: volontarie o mirate ad alcuni settori. Spesso ci ritroviamo con dipendenti che dichiarano di star bene e di aver già fatto una visita dal medico del lavoro; ma il sonno è un tema specifico e ci sono approfondimenti da introdurre”.

 

Un altro tema diffuso è quello dei turnisti o di chi ha orari particolari. “Innanzitutto bisogna evidenziare che lavorare di notte non è nella biologia umana”, avverte il Direttore di Sonnomedica.

 

“Un numero elevato di problemi riguarda proprio i dipendenti che lavorano di notte. Il problema è la mancanza di consapevolezza. Ma, devo ammettere, abbiamo riscontrato grande interesse quando siamo andati nelle aziende per esporre il problema”.

 

Secondo quanto spiega Caglieris, però, non è un problema di cultura, visto che Sonnomedica offre cure a persone di ogni categoria e reddito: se ne deduce che tutti sono potenzialmente coinvolti. Lo sanno bene negli Usa dove è sempre più presente, nelle aziende più ‘illuminate’, lo Sleep Manager, una figura che segue il sonno dei dipendenti. Che cosa vuol dire in concreto? “Offre supporto, fa informazione sul tema, verifica che i problemi siano identificati e risolti”, continua l’esperto.

 

Sonnomedica propone un percorso strutturato che attraverso le analisi condotte con il management e il coinvolgimento dei lavoratori porta a ottenere benefici per tutti gli stakeholder dell’azienda: “Ci sono esami strumentali che ci aiutano a capire se c’è un problema e qual è, poi iniziamo un percorso con le persone: si tratta di percorsi brevi e, quasi sempre, diventa un problema risolto. Alcuni disturbi si trattano in poche settimane: le persone che abbiamo avuto in cura sono rinate, perché non si erano rese conto della patologia”.

 

Essere attenti a questo aspetto risolve un duplice problema, conclude Caglieris: “Non solo quello riguardante gli assenteisti, ma anche quello dei ‘presenteisti’, ovvero quei manager e dipendenti che si presentano sul posto di lavoro, ma, mentalmente, sono in realtà assenti”.

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