Formazione e flessibilità, aziende a misura di mamma

Formazione e flessibilità, aziende a misura di mamma

Quando dallo Stato i provvedimenti di supporto al lavoro femminile scarseggiano, servono imprese lungimiranti per fare la differenza.

 

Una sfida quotidiana, un equilibrio instabile. L’ultimo report commissionato dalla Confcommercio di Varese per sondare il bilanciamento tra vita e lavoro delle imprenditrici locali, si intitola così. In un Paese dove, stando agli ultimi dati Istat, meno della metà delle donne ha uno stipendio, questa ricerca fotografa una situazione più rosea: la città natale dell’ex premier Mario Monti, dell’ex Governatore lombardo Roberto Maroni e dell’attuale inquilino del Pirellone – Attilio Fontana – fa parte di quel Centro Nord della Penisola dove tante mamme si guadagnano da vivere fuori casa e si ritengono mediamente soddisfatte di come riescono a destreggiarsi tra il proprio ruolo da professionista e il tempo speso tra le mura domestiche.

 

Questo equilibrio, però, troppo spesso si spezza per le donne tra i 25 e i 54 anni, che soffrono per il poco tempo libero a disposizione e denunciano come ci sia sempre più bisogno di ricorrere all’aiuto dei parenti se si vuole riuscire a prendersi cura dei figli. “La situazione per le mamme lavoratrici è difficile: il contesto sociale non le sostiene. Le istituzioni non sviluppano politiche sociali importanti, oltre al bonus bebè non si va. Non dimentichiamoci che in Italia il congedo di paternità dura meno di una settimana e solo un terzo dei padri vi ricorre. È qualcosa di simbolico, purtroppo”, esordisce con Tuttowelfare.info Sabrina Colombo, CEO di Mastermamma.it, una piattaforma online che offre corsi formativi di supporto alla genitorialità.

 

“Eppure gli studi di settore mostrano anche che ad avere più figli sono le mamme che trovano il modo di continuare a lavorare. Al Nord, dove c’è più lavoro, si registrano anche più parti: non è un caso. È  possibile conciliare tutto, ma c’è sicuramente poco supporto sociale. Le mamme che riescono sono delle eroine. E il contributo dei nonni è fondamentale”, prosegue l’imprenditrice. Per un Paese che investe solo l’1,8% del Pil in politiche per la famiglia, il rischio è che le aziende debbano sostituirsi allo Stato quando si tratta di welfare. “Le istituzioni vanno richiamate al rispetto del proprio ruolo”, chiosa Colombo, “ma per fortuna ci sono aziende previdenti che agiscono in modo concreto per supportare le famiglie”.

 

Servizi di welfare per le mamme lavoratrici

 

Per esempio, le imprese lungimiranti, “accolgono l’annuncio della nuova maternità erogando servizi di formazione come quelli di Mastermamma.it e quando le donne sono pronte per tornare operative in azienda, permettono loro di lavorare da casa tramite Smart working o concedono orari part-time – anche verticali – per ottimizzare i tempi”. I concetti chiave per stare accanto a chi è genitore da poco sono due: formazione e orario flessibile.

 

Ma se si vuole cambiare nel profondo la qualità della vita e del lavoro femminile, fare appello alla politica e alle imprese non basta. Nel 2018, su quasi 50mila rapporti lavorativi interrotti per badare alla famiglia, oltre 35mila coinvolgevano donne. “È un dato inaccettabile. Dilaga ancora un modo di pensare legato alla metà del secolo scorso: demodé, direi, per usare un francesismo”, commenta l’imprenditrice.

 

“D’altronde noi donne abbiamo conquistato il diritto al voto di recente, meno di un secolo fa. Si è cominciato a cambiare le cose, ma c’è ancora strada da fare. Ci sono segnali di visione lungimirante anche da parte dei padri, però. Soprattutto nelle generazioni più giovani. Tra chi diventa genitore oggi, non è raro vedere un papà che somministra il biberon, coccola il suo bambino oppure gli cambia il pannolino. Fino a 30 anni fa erano gesti quasi impensabili. Speriamo in un cambiamento lento, ma inesorabile”, auspica Colombo.

 

E se è vero, come rileva l’Istat, che le italiane sono le più vecchie in Europa ad avere il primo figlio – in arrivo, in media, dopo i 31 anni – questa situazione non deve metter paura: “Ben vengano le primipare 25enni”, esclama Colombo, “ma chi partorisce dopo i 30 anni può vivere la gravidanza con una consapevolezza diversa. Impariamo a considerare questa cosa come una risorsa”.

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giulia.riva@este.it