L’approccio etico al welfare
Nelle testimonianze dei manager di Nestlé Italia e Henkel Italia, il racconto delle iniziative di welfare promosse dai due grandi gruppi, che partono da Smart working, cultura, territorio e dialogo con le persone.
Le aziende possono giocare un ruolo determinante per ridurre le disuguaglianze attraverso il welfare, adottando un approccio etico e una favorendo anche la crescita del territorio e della comunità circostante.
La forte polarizzazione dei redditi da lavoro nei Paesi più sviluppati, la responsabilità sociale di impresa e il welfare come strumento di distribuzione della ricchezza prodotta in azienda a favore dei lavoratori sono concetti promossi da Lorenzo Sacconi, Professore Ordinario di Politica Economica all’Università Statale degli studi di Milano.
“Il welfare può essere il perno di una strategia di pre-distribuzione contro le disuguaglianze, ammesso che si inserisca nel contesto di una riforma del modello di governo dell’impresa che va nella direzione dell’impresa socialmente responsabile e governata con la partecipazione dei lavoratori e la voce degli stakeholder”, è la tesi del docente.
Due aziende che hanno abbracciato questa visione etica del welfare sono il Gruppo Nestlé Italia e Henkel Italia: a raccontare le esperienze sono Elisabetta Dallavalle, Inclusion, Wellbeing & Welfare Manager del Gruppo Nestlé Italia e Alberto Moschetti, Head of HR Henkel Italia.
Portare le persone al centro
“Fin dal primo momento in cui abbiamo iniziato ad approcciare queste tematiche nel 2010, il nostro approccio al welfare è stato etico: abbiamo portato le persone al centro, dialogando con loro, ascoltandole, portandole e esprimere i loro reali bisogni e a co-progettare insieme a noi e alle associazioni sindacali”, racconta Dallavalle.
“Vogliamo approcciare il benessere delle persone che lavorano da noi a 360 gradi, secondo le loro esigenze, per permettere ai nostri lavoratori di sfruttare al meglio il proprio patrimonio di conoscenze e capacità e di metterlo a disposizione dell’azienda nella maniera più efficace. Il nostro approccio è quello di guardare al benessere delle persone per ottenere il benessere organizzativo”.
“Henkel ha messo in atto forme di welfare fin dagli Anni 70, attraverso negoziati con le organizzazioni sindacali nel corso dei rinnovi dei contratti aziendali. Per 40 anni, però, gli accordi si sono orientati sul bilancio vita-lavoro e sono stati rivolti principalmente alla popolazione con famiglia, perché si pensava che fossero i lavoratori con più bisogni. Adesso invece stiamo ripensando il welfare: vogliamo integrare i benefici e rivolgerli anche alla fascia di popolazione prima non ‘considerata’, in primis i giovani”, testimonia Moschetti.
Adattare il lavoro al nuovo scenario
Entrambe le aziende hanno optato per lo Smart working come strumento per far incontrare al meglio le esigenze di flessibilità dei dipendenti con quelle di produttività ed efficienza dell’impresa. Per Nestlé Italia, il diffondersi del lavoro flessibile ha portato come conseguenza la continua trasformazione del luogo di lavoro per adattare al meglio le sedi alle nuove modalità di lavoro in team e dei lavoratori sempre più connessi.
L’adozione dello Smart working in Henkel, invece, è passata prima per una sensibilizzazione dei manager. “La tematica del lavoro flessibile è stata attentamente approfondita e chiarita in modo che i manager avessero il giusto approccio nei confronti dei lavoratori che ne usufruiscono”, spiega Moschetti.
In seguito, le persone sono state coinvolte anche nella scelta di ri-arredamento degli uffici per renderli più moderni. “È stato deciso di togliere gli uffici singoli per i manager e i responsabili, che ora lavorano assieme, anche fisicamente, al proprio team. Il layout degli uffici è stato ridisegnato con l’obiettivo di favorire il più possibile la collaborazione e la condivisione all’interno dell’azienda”.
L’attenzione per i territori
Ad accumunare l’approccio al welfare delle due aziende è anche l’attenzione riservata ai territori dove sono presenti i loro stabilimenti e per le comunità che ci vivono. “Abbiamo sempre prestato grande attenzione a quello che succede intorno a noi, in Italia e in Europa in generale, e in particolare abbiamo instaurato un dialogo anche con i territori dove sono dislocate le nostre fabbriche”, racconta Dallavalle.
“Nell’individuare le soluzioni per rispondere alle necessità dei nostri dipendenti, abbiamo tenuto in considerazione le realtà già presenti, il know how e le potenzialità del territorio”. In collaborazione con la comunità e le amministrazioni, per esempio, Nestlé ha realizzato dei progetti dedicati a supportare i genitori durante la chiusura delle scuole.
Il dialogo instaurato da Henkel tra la comunità locale e il lavoro aziendale parte dal presupposto che spesso le persone che lavorano nelle sue aziende vivono anche nei territori circostanti. Lo rivela Moschetti: “Vogliamo attuare un welfare a tutto campo che coinvolga non solo chi ha il badge dell’azienda, ma anche tutte le persone che, a vario titolo, collaborano con noi. Per questo abbiamo rivolto la nostra attenzione verso la filiera interna e deciso di affidarci solo a quei fornitori che condividono questa nostra visione e rispettano tutta una serie di buone pratiche verso i loro dipendenti”.