Le nuove priorità di welfare dopo l’emergenza Covid

Le nuove priorità di welfare dopo l’emergenza Covid

L’emergenza Covid ha avuto implicazioni drammatiche su tutti gli aspetti della nostra vita personali e sociali, compreso il welfare pubblico e privato. Le riflessioni di Tiziano Treu, Presidente del Cnel

 

I cambiamenti che la crisi pandemica può portare nel futuro hanno implicazioni non ancora percepibili con chiarezza. Per questo non credo opportuno avventurarmi in previsioni di carattere generale; ma sono convinto che il bagaglio di esperienze accumulate in questi anni sui temi del welfare aziendale possa fornire indicazioni utili anche per affrontare il nuovo contesto determinato dall’emergenza.

L’intero sistema del welfare – a cominciare da quello pubblico e dalla sanità – è stato messo a dura prova dalla crisi pandemica. Tale impatto si è trasferito, sia pure indirettamente, sui vari aspetti del welfare integrativo, provocando cambiamenti destinati probabilmente a accentuarsi.

Mi limito a dare conto di quelli più generali. Si tratta di prime indicazioni perché i dati disponibili e le esperienze sono ancora parziali ed episodici, ma sono sufficienti per porre fin d’ora la domanda su come e quanto i contenuti e lo scenario del welfare risulti già e potrà essere ulteriormente modificato. Alcuni cambiamenti sono legati all’impatto diretto e immediato della emergenza sanitaria e dei rischi di contagio per le persone, in particolare per i lavoratori.

 

Aziende in prima linea per garantire la sicurezza

 

Il tema della sicurezza e della protezione da questi rischi è, infatti, apparso subito centrale nella gestione aziendale e nella contrattazione fra le parti. Si è toccato con mano, e con più immediatezza che nel passato, quanto questo tema sia essenziale per la qualità del lavoro e per il benessere delle persone. Gli interventi nelle aziende sono stati numerosissimi dimostrando una inedita volontà di reagire e grande unità di intenti.

La protezione dai rischi di contagio per i lavoratori si e realizzata anzitutto con una serie di misure contenuta in protocolli concordati ai vari livelli, a cominciare da quello generale del 24 aprile 2020 concluso fra le maggiori confederazioni delle parti sociali, con la partecipazione del Governo, confermato da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) e quindi dotato di efficacia vincolante per tutte le imprese e per tutti i lavoratori.

In realtà questo protocollo generale è stato integrato da molti altri accordi di categoria, di azienda e finanche di unità produttiva, che sono stati adottati per specificare e adattare le misure di protezione alle caratteristiche dei vari contesti lavorativi e quindi dei possibili rischi. Il rispetto delle misure previste nei protocolli e degli accordi specificativi è necessario in primis per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma è anche un obbligo del datore di lavoro stabilito dall’ordinamento per proteggere i dipendenti.

La norma generale che stabilisce tale obbligo è l’articolo 2087 del Codice Civile che ha una formulazione aperta circa il contenuto delle misure di sicurezza necessarie da esso derivante e che è stato interpretato in modo spesso alquanto rigoroso dalla giurisprudenza. I protocolli hanno l’obiettivo di specificare i contenuti di questo obbligo generale facendo riferimento a quanto individuato dalla comunità scientifica e risultante dalla esperienza delle parti sociali come strumento di contrasto al contagio nei luoghi di lavoro.

Sul punto, una importante precisazione è stata introdotta dall’articolo 29 bis della legge 40 del 5 giugno 2020 secondo cui l’applicazione da parte dei datori di lavoro delle prescrizioni contenute nei protocolli indicati dalla norma (quelli sopra indicati e altri) costituisce adempimento dell’obbligo di sicurezza di cui all’articolo 2087 del Codice Civile. Questa norma ha il valore di costituire una sorta di garanzia per il datore di lavoro, che con l’osservanza dalle clausole dei protocolli viene esentato dalla responsabilità civile conseguente a eventuali contagi dei lavoratori.

Si tratta di una salvaguardia importante per le imprese che seguono le regole concordate, anche se la garanzia non è completa, perché lo scudo della norma riguarda solo la responsabilità civile e non sembra potersi riferire a quella penale. Gli accordi e le prassi sulla sicurezza dei lavoratori riguardano non solo la definizione una tantum delle misure protettive, ma richiedono anche il loro mantenimento nel tempo e l’aggiornamento necessario per tener conto delle variazioni nel tempo delle condizioni dell’ambiente di lavoro e delle manifestazioni del contagio.

Per questo le informazioni disponibili segnalano la diffusione in molte aziende di comitati misti fra le parti e di strumenti simili deputati al monitoraggio di tutte le misure rilevanti per garantire nel tempo la sicurezza degli ambienti di lavoro e al controllo sulla loro effettiva applicazione in azienda. Altrettanto rilevante è il fatto che l’ introduzione di queste misure risulta sovente accompagnata da campagne di informazione e di formazione specifica dei lavoratori sui rischi conseguenti alla pandemia e sulle modalità di prevenzione e di rispetto delle regole di sicurezza.

 

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