Più figli dove si investe sul welfare: perché funziona il modello Nord Est

Più figli dove si investe sul welfare: perché funziona il modello Nord Est

Per l’Istat sono le regioni che vantano il maggior equilibrio demografico: le donne hanno ricominciato a fare figli e la speranza di vita si allunga. Merito anche di un welfare, pubblico e privato, che sostiene la genitorialità e la conciliazione vita-lavoro.

 

L’Italia è ancora il Paese delle culle vuote. Le ultime rilevazioni dell’Istat, relative al 2019, hanno fatto segnare l’ennesimo record negativo: appena 435mila nascite, il dato più basso mai riscontrato. Come conseguenza della denatalità, si riduce il numero e la consistenza delle famiglie. Eppure, c’è una zona d’Italia in cui le donne hanno ricominciato a fare figli e la speranza di vita è più lunga che altrove: il Nord Est.

 

Secondo l’Istituto di statistica, esiste “una discreta correlazione tra intenzioni riproduttive e potenzialità garantite da un maggior sviluppo economico e sociale” della regione di appartenenza. Ormai da qualche anno la fecondità più elevata si manifesta nel Nord Italia, dove si fanno 1,36 figli per donna a fronte di tassi ben più bassi nel Mezzogiorno (1,26) e nel Centro (1,25). Il primato della zona più prolifica spetta alla Provincia di Bolzano con 1,69 figli per donna, che precede Trento con 1,43.

 

“Particolarmente felice, è la situazione che emerge un po’ in tutto il Nord Est, dove si riscontrano condizioni di sopravvivenza assai favorevoli”, ribadisce il report sugli Indicatori demografici per il 2019 pubblicato dall’Istat.

 

Fecondità in crescita e condizioni di vita favorevoli

 

Gli uomini del Nord Est possono, infatti, contare su una speranza di vita alla nascita pari a 81,6 anni, le donne pari a 85,9. Al contrario, il Mezzogiorno gode di condizioni di sopravvivenza meno favorevoli: gli uomini del Sud hanno una speranza di vita alla nascita di 80,2 anni, le donne di 84,5. Quelle del Nord Est, insomma, sono le regioni che vantano il maggior equilibrio demografico. Grazie anche a un sistema di welfare, pubblico e privato, che funziona.

 

“Sembrerebbe che proprio nelle zone in cui ci sono genitori che lavorano, questi manifestino una maggiore propensione ad avere figli”, conferma Sabrina Colombo, CEO di Digital Learning, startup che offre servizi di formazione alla genitorialità attraverso la piattaforma Mastermamma.it. Non sarebbe un caso, infatti, che a fare figli siano oggi in prevalenza donne laureate, occupate, che vivono una relazione di coppia stabile e abitano in luoghi in cui godono di maggiori servizi, come nei grandi e piccoli centri del Nord Est.

 

Dotate di capacità progettuale nella gestione dei compiti di cura che resta precluse ad altre donne, possono optare per più soluzioni integrando il servizio pubblico con quello privato. “Le aziende sono il luogo in cui i genitori passano la maggior parte del loro tempo: la possibilità di offrire soluzioni di welfare o iniziative spontanee a sostegno della genitorialità dà alle imprese la possibilità di rivestire un ruolo sociale molto importante”, sottolinea Colombo. “Credo che abbiano davvero l’opportunità di essere protagoniste di questo sostegno”.

 

I servizi di welfare che fanno la differenza

 

Secondo il Welfare Index, il Nord Est è al primo posto della classifica nazionale per percentuale di aziende attive per il welfare aziendale, con il 51,2% di Piccole e medie imprese (PMI) che coprono almeno quattro delle aree interessate dalla classificazione contro una media nazionale del 45,9%.

 

I risultati del rapporto 2019 evidenziano che il tasso di iniziativa nel Nord Est è quasi sempre superiore alla media italiana in tutte le 12 aree del welfare esaminate, con particolare attenzione proprio agli ambiti di conciliazione vita-lavoro e sostegno ai genitori (45,9%), oltre che ai settori della sanità integrativa (43%) e dei servizi di assistenza, come check up e prevenzione (17,2%).

 

Le PMI del Nord Est si distinguono inoltre per un’elevata proattività: ben il 71,7% porta avanti iniziative di welfare aggiuntive a quelle previste dai Contratti collettivi nazionali di lavoro, contro una media nazionale del 66,2%.

Ma quali servizi fanno davvero la differenza? Non si tratta solo di aiutare i genitori nei primi anni di vita del bambino, ma di accompagnarli in un percorso complessivo. “C’è bisogno di colmare la sensazione di essere soli nel gestire i propri figli”, spiega l’ideatrice di Mastermamma.it.

 

“Sta emergendo in particolare un trend di richieste di supporto anche da parte dei genitori che hanno figli adolescenti: la nostra generazione sta crescendo figli che sviluppano modelli di vita e di relazioni completamente diversi rispetto a quelli che conoscevamo e i genitori si sentono soli ad affrontare il cambiamento. Il supporto occorre non solo alla maternità, ma anche a questa seconda delicata fase della vita”.

 

In questo le aziende possono giocare un ruolo importante, mettendo a disposizione flessibilità sul lavoro, supporto di carattere scientifico e forme di coaching che offrano mezzi e conoscenze per affrontare il difficile mestiere del genitore. “Si sente la mancanza di attori che concretamente lavorino nel sociale”, conclude Colombo. “Le aziende sono abituate alla concretezza e sanno comprendere i problemi delle loro persone: possono agire in modo veloce e dare un risultato immediato”.

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giorgia.pacino@tuttowelfare.it