Grandi dimissioni addio. Gli italiani ora vogliono stabilità
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Grandi dimissioni addio. Gli italiani ora vogliono stabilità

Le grandi dimissioni sono un fenomeno che ha scosso il mondo del lavoro in Italia e nel mondo durante e dopo la pandemia. Nel 2021 e soprattutto nel 2022 centinaia di migliaia di dipendenti hanno deciso di lasciare l’impresa in cui lavoravano, con la prospettiva di trovare un’occupazione migliore o addirittura uscire, almeno temporaneamente, dal mondo del lavoro.  Nel solo 2022, secondo l’INPS, sono stati 2.2 milioni i lavoratori italiani che si sono dimessi. Una tendenza che sembra essere cambiata, almeno secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps secondo cui, nei primi 6 mesi del 2023 le dimissioni solo calate del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Numeri, questi, che trovano riscontro anche nel Global Workforce of the Future, uno studio condotto da The Adecco Group in 25 Paesi su 30.000 lavoratori (2.000 solo in Italia) equamente divisi tra lavoratori d’ufficio e lavoratori con un altro tipo di impiego. Dalla ricerca emerge che solo il 18% dei lavoratori italiani vorrebbe cambiare impiego (tuttavia c’è un 45% del campione che non sta cercando attivamente un nuovo posto, ma è pronto ad ascoltare nuove offerte e un 19% che nell’ultimo anno ha parlato con un recruiter). Il motivo principale per non cambiare impiego, per un intervistato su cinque, risiede nella stabilità economica (20%), seguita un buon bilanciamento tra vita-lavoro (18%), dalla possibilità di utilizzare le proprie skill (16%), dal salario (12%) e dalla cultura aziendale (11%).

 

Un cambiamento, questo, dettato anche dal nuovo approccio che molte aziende hanno intrapreso nei confronti dei propri lavoratori, come spiegato al Sole 24 Ore da Sergio Picarelli, Presidente di The Adecco Group: “Nelle persone si vede nuovamente prevalere il desiderio di sicurezza e continuità, rispetto a quello di entrare in nuove avventure professionali che non si sa come possono evolversi. Anche perché la scossa arrivata dalla pandemia ha fatto reagire le organizzazioni che si sono evolute, ascoltando molto di più i bisogni delle persone e hanno investito sul loro benessere, attraverso strumenti concreti”.

 

Lo stipendio rimane centrale

 

Appurato che le organizzazioni sembrano più disposte a soddisfare le esigenze dei propri dipendenti, quali sono i motivi che spingono gli italiani a cambiare lavoro? Per più di un intervistato su quattro (26%) l’insoddisfazione per lo stipendio rimane al primo posto, seguita dall’insoddisfazione per la propria mansione attuale (19%) del campione, a seguire la ricerca di un miglior bilanciamento vita-lavoro (18%) “Quello che è importante per le aziende è avere un compensation package molto articolato da offrire ai dipendenti che non chiedono più soltanto dettagli sulla loro retribuzione monetaria – spiega ancora Picarelli -, ma su tutti i benefit, sui beni e servizi di welfare, sui percorsi di formazione che faranno e sugli strumenti per conciliare meglio vita e lavoro”.

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