Smart working in crescita: in Italia riguarda 3.6 milioni di persone
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Smart working in crescita: in Italia riguarda 3.6 milioni di persone

Lo smart working in Italia non si ferma e anzi, continua nella sua diffusione. Dopo il grande boom dovuto alla pandemia, che ha costretto milioni di italiani al lavoro da remoto, sono moltissimi i lavoratori tornati in stabilmente in ufficio, eppure lo smart working non ha esaurito e anzi sembra entrato stabilmente nel mondo del lavoro, come testimoniato anche dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano secondo cui, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro paese si assestano a 3,585 milioni, un numero in crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma molto più basso della stima sul 2024 secondo cui saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia.

 

Il lavoro da remoto è ormai diffuso in tutte le tipologie di lavoratori, ma per ora rimane un fenomeno legato soprattutto alle grandi aziende, a cui appartiene uno smartworker su due, per un totale di a 1,88 milioni di persone. In crescita, però, il dato degli smart worker che lavorano nelle PMI, che sono orma 570mila il 10% della platea potenziale. In contro tendenza, invece, microimprese (620mila lavoratori, il 9% del totale) e nelle Pubbliche Amministrazioni (515.000 addetti, il 16%) dove lo smart working è in leggera diminuzione.

 

Sempre secondo L’Osservatorio Smart Working del PoliMi, la quasi totalità delle grandi imprese (96%) offre un ai propri dipendenti un piano di smart working. La novità consiste nella diffusione a figure professionali precedentemente escluse di questa pratica, ad esempio il 20% delle imprese è impegnato a garantire l’applicazione dello smart working anche a profili tecnici e operativi precedentemente esclusi. Per quanto riguarda lo smart working nelle PMI viene offerto dal 56% delle imprese, ma in questo caso vengono preferiti modelli di applicazione più informali, spesso gestiti a livello di specifici team. Per quanto riguarda gli enti pubblici, siamo al 61% dei casi, con iniziative strutturate presenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.

 

Ambiente e mercato immobiliare

 

Spesso, quando si parla di lavoro lontano dall’ufficio ci si concentra solamente sugli effetti per il dipendente e il datore di lavoro, ma l’Osservatorio del PoliMi offre anche dati molto interessanti sulla portata del cambiamento prodotto dallo smart working anche in altri contesti. Pensiamo ad esempio al risparmio in termini energetici e di impatto sull’ambiente portati in dote dal lavoro da remoto. Secondo l’Osservatorio del Politecnico, due giorni di lavoro da remoto alla settimana evitano l’emissione di 480kg di CO2 all’anno. Ripercussioni importanti riguardano anche il mercato immobiliare, in particolare nelle grandi città: il 14% di chi lavora da remoto ha cambiato casa o ha deciso di farlo, scegliendo nella maggior parte dei casi zone periferiche o città di dimensioni più modeste, scelte che hanno dato vita a un rilancio economico di alcune aree del paese con la diffusione di nuove infrastrutture per la connettività o di spazi di coworking. A questo proposito si segnala anche un 44% di lavoratori da remoto che ha già lavorato da luoghi diversi da casa propria, altre sedi dell’azienda o altri luoghi della città.

 

Lavoro da remoto e stress

 

Ad alcuni anni dalla sua introduzione di massa, il lavoro da remoto continua, troppo spesso a essere equiparato al lavoro “smart” e non è un caso, sottolinea la ricerca del Politecnico, che siano solo i veri smartworker a presentare a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza al contrario di tutti quei lavoratori, la maggioranza, che lavorano da remoto seguendo però i vecchi ritmi di lavoro, senza alcuna possibilità di lavorare per obiettivi e in completa autonomia. A questo proposito spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working “Nel 2023 lo Smart Working in Italia torna a crescere, restano però numerose barriere a una sua applicazione matura. Troppo spesso lo Smart Working è considerato semplice lavoro da remoto o strumento di welfare e tutela dei lavoratori . È quindi necessario ‘rimettere a fuoco’ lo Smart Working, identificandolo per quello che è realmente: non un compromesso o un male necessario, nemmeno un diritto acquisto o un fine in sé, ma uno strumento di innovazione per ridisegnare la relazione tra lavoratori e organizzazione”.

 

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