Previdenza integrativa… non pervenuta

Previdenza integrativa… non pervenuta

La crisi economica di questi anni ha trasformato il risparmio previdenziale integrativo dei fondi pensione in canale alternativo di welfare privato a cui ricorrere in momenti di calo dei redditi. Così gli italiani si allontanano sempre più dalla previdenza integrativa. Lo dicono le indagini di Covip e Schroders.

 

 

Global Investor Study 2018, la recente indagine sul risparmio previdenziale firmata da Schroders, multinazionale inglese del risparmio gestito, mette in evidenza un mismatch da parte degli italiani tra quanto ritengono di avere bisogno per vivere in pensione con un adeguato tenore di vita e quello che i pensionati realmente dichiarano di percepire. Non solo. Dall’indagine emerge anche che gli italiani non pensionati, pur ritenendo in media di dover destinare al loro benessere futuro il 12,5% delle loro entrate per condurre una vita confortevole, stanno accantonando a questo scopo solo il 9,8 %.  Si differenziano così dai risparmiatori degli altri Paesi europei che, a fronte di uno stesso livello di fabbisogno stimato, accantonano mediamente il 10,5%. «L’analisi conferma, se mai ve ne fosse ancora bisogno, il deficit di risparmio pensionistico accantonato nel nostro Paese», commenta Sergio Corbello Presidente di Assoprevidenza, che poi precisa. «Sul tema risultava già ampiamente esaustiva la Relazione Covip diffusa nel giugno scorso, che non solo rilevava il modesto numero di aderenti alla previdenza complementare ma sottolineava anche come solo un’esigua porzione di essi vantava posizioni individuali di ammontare tale (perché annualmente alimentate in misura congrua), da soddisfarne le necessità future sia di tipo strettamente pensionistico, sia di welfare più generale».

 

Diminuiscono i versamenti destinati alla previdenza complementare

 

Il documento di Covip parla infatti di un contributo versato nel 2017 per singolo iscritto pari a 2.620 euro, con un 25,1% degli iscritti che opera versamenti inferiori a 1.000 euro. Ma quello che appare allarmante è il numero delle posizioni sulle quali non sono confluiti versamenti nel 2017, pari a 2,1 milioni, in crescita del 14% rispetto al 2016.
Fanno riflettere anche i dati, sempre della Covip, sulle voci di uscita della gestione previdenziale del 2017 che testimoniano come la previdenza complementare venga utilizzata sempre meno come rendita pensionistica: le prestazioni pensionistiche che sono state erogate in capitale ammontano a 2,6 miliardi di euro, mentre quelle in rendita risultano pari a circa 700 milioni di euro.
Inoltre i riscatti richiesti su posizioni di previdenza complementare sono stati quasi 2,2 miliardi di euro, mentre le anticipazioni pari a oltre 2 miliardi di euro, in linea con il valore elevato del 2016.

 

Il tesoretto della pensione complementare usato per sostenere spese quotidiane

 

La gran parte delle anticipazioni è rientrata per fabbisogni di vita quasi quotidiana e non per cause straordinarie come spese sanitarie gravi o acquisto o ristrutturazione della prima casa. Ciò significa che  la crisi economica di questi anni ha trasformato il risparmio previdenziale integrativo dei fondi pensione in canale alternativo di welfare privato a cui ricorrere in momenti di calo dei redditi.  Riuscirà il proposito del nuovo esecutivo di riformare la Legge Fornero a modificare le cose? «Le ventilate iniziative di modifica delle condizioni di accesso alla pensione di primo pilastro, ferma restando la validità dell’intervento manutentivo alle previsioni della fondamentale riforma Dini/Treu del lontano 1995, realizzato dal Ministro Fornero, non potrà far venire meno l’esigenza di un significativo rafforzamento del comparto previdenziale di secondo pilastro, a cominciare dallo “spessore” degli accantonamenti», spiega Corbello.
In questo scenario una maggiore educazione finanziaria da parte dei cittadini sarà fondamentale per permettere loro di muoversi nella giusta direzione. «Nella consapevolezza, fornitaci dall’esperienza di paesi finanziariamente più maturi come il Regno Unito, che occorrono forme di canalizzazione cogente verso le coperture previdenziali in senso ampio (LTC compresa), con congrui versamenti periodici. In Italia, per il lavoro dipendente, i contratti collettivi debbono giocare un ruolo chiave», aggiunge il presidente di Assoprevidenza.

 

 

 

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